Un Viaggio di Odori e Profumi Giveaway. Partecipa e Vinci le Fragranze Simone Andreoli Diario Olfattivo
Si avvicina Natale e noi vogliamo farvi un bel regalo! Dopo aver ricevuto tantissime richieste di un nuovo gioco con i profumi, eccovi accontentati: chiudiamo l’anno con un giveaway dedicato alla collezione Simone Andreoli Diario Olfattivo. Come sapete l’abbiamo esplorata con attenzione e a lungo: cinque fragranze che raccontano attraverso le pagine di un diario viaggi, amori, visioni e sogni.
Bene, abbiamo deciso di condividere con voi questa esperienza: avrete la possibilità di testare l’intera produzione artistica di Simone Andreoli. Come? Ovviamente, partecipando a Un Viaggio di Odori e Profumi Giveaway! In palio ci sono 10 sample set che comprendono l’intera collezione Simone Andreoli Diario Olfattivo (Camouflage, Deep Island, Business Man, Sentosa e Silenzio).
Per partecipare e vincere uno dei 10 sample set vi chiediamo di raccontare un viaggio (vissuto realmente o solo immaginato), descrivendolo attraverso odori, essenze, aromi e profumi. Sappiamo già che ci stupirete!
I dieci viaggi più belli ed emozionanti saranno premiati con un sample set di Simone Andreoli Diario Olfattivo.
Le modalità di partecipazione sono sempre le stesse:
- Postate il vostro racconto nel box commenti sottostante
- Poi, confermate la partecipazione inviando una mail a info@extrait.it con oggetto “Un Viaggio di Odori e Profumi Giveaway”. Nella mail dovranno essere riportati i seguenti dati: nome/cognome/indirizzo/nickname con il quale avete partecipato.
…e poi attendete con pazienza la fine del giveaway e la pubblicazione dei vincitori. Un Viaggio di Odori e Profumi Giveaway inizia adesso e termina Venerdì 4 Dicembre alle ore 24.00. I nomi dei vincitori saranno comunicati Mercoledì 9 Dicembre su Extrait.
E adesso, mani sulla tastiera, naso concentrato e via, condividete con noi il vostro meraviglioso viaggio!
Lascia il tuo commento…
….La Domenica mattina era solito che facessi visita ai nonni che abitavano poco distante,avevo 13 anni all’apoca,percorrevo il breve tratto a piedi.e ricordo che durante il mio andare un pò correndo e un pò camminando,coglievo le diverse sfumature di odori,la strada era in leggera salita attraversando campi e prati,e mi stupiva il cambiamento dell’odore della terra appena arata o il prato…l’erba tagliata da poco.All’ingresso della casa dei nonni un ampio cortile il grano turco stipato nelle gabbie a lato dell’ingresso sapevano di umido che forse si mischiava con la legna accatastata vicino.Suono…mia nonna viene ad aprirmi già indaffarata in cucina per il pranzo della Domenica,Nonno invece seduto in salotto con il suo immancabile sigaro toscano acceso,il ricordo del salotto,e il forte odore di sigaro saturava la stanza…nonostante tutto io adoravo quell’odore …e lo adoro anche ora che ho ereditato dal nonno l’arte di fumare il toscano. Ecco questi sono i miei odori legno bagnato,terra,erba,e fumo….
Una penna, un foglio, un ricordo, una bozza… subito la carta bianca prende vita, si colora di nero, prende volto, si trasforma e profuma d’inchiostro.. e’ il 13 marzo del 2014, Rio de Janeiro next stop.. sull’aereo si avverte quella voglia di vacanza, di ferie, di relax.. mi siedo sulla mia poltrona che profuma di viaggio, lungo, dormiente ma concluso.. quel profumo quasi boisè che lo avvolge in tutto se stesso.. dopo 11 ore la mia voglia di toccare una nuova terra arriva al traguardo.. uscito dall’aereoporto vengo travolto da un profumo di caldo estivo, quasi afoso.. potrei paragonarlo ad una spezia intensa, calda.. zafferano, curcuma e cosi via.. ipanema mi aspetta, sono le ore 11 e i carioca son già carichi di sport, di sole, di sorrisi e di agua de coco che profuma di brasile.. l’aria è calda, sento quell odore di oceano che mi pervade i sensi.. chiudo gli occhi e sorrido.. ogni cosa ha il suo odore.. dalla sabbia, al mare, al bambino urlante accanto a me che grida al compagno di squadra di passargli una palla intrisa di sabbia.. la mia pelle inizia a dorarsi, comprai una protezione che tutt’ora se l’annuso vengo catapultato in quel momento.. magico, forte, esplosivo.. è proprio vero.. il profumo evoca ricordi, gioie, dolori, rimpianti, amori.. e tutto grazie a loro prende vita.. per poi scoppiare in un mix di foto, dal kebabaro alla fine della via, dal rivenditore di manioca in un chiosco in mezzo alla spiaggia, al profumo di havaianas e a tutte le lozioni magiche e abbronzanti che t fanno sentire una vera star.. e tutto prende colore.. monoi, cocco, vaniglia, brezza di mare, foglie verdi e terrose… Rio.. ti ricordo cosi.. unica e meravigliosamente magica.. hai anche tu un profumo.. che ti rende speciale..
Mediterraneo.Mare.Cielo.Sole.Estate.
Il mare sembrava una tavola, senza una sola onda che provasse a disturbare quella quiete pacifica che regnava quel pomeriggio di venticinque anni fa. Ero un giovane ragazzo, che aveva deciso di intraprendere un viaggio, quel giorno; ero sicuro di riuscire a memorizzare dentro di me quel paesaggio, quella vista, quel profumo. Mi voltai, e notai il suo sguardo: triste, come se avesse capito che me ne sarei andato, abbandonando quel posto che ci sembrava il paradiso. Gli occhi sembravano dirmi ” lo so, è la tua natura: devi andare, devi scoprire, devi conquistare: ma non farlo oggi, ti prego”. Mi avvicinai, dissi sottovoce che là avrei lasciato un pò di me, ma che ogni volta che fossi ritornato quel posto me ne avrebbe restituito un pezzettino. Misi un pacchetto nella sua borsa, mi accesi una sigaretta, mi girai e non mi voltai. Partii. Il giorno dopo, la sera, quando arrivai e tutto intorno a me era buio, freddo e scuro, decisi di inviargli un messaggino con foto, per tranquillizzarlo e fargli sapere che stavo bene. Il colloquio di lavoro sarebbe stato un piccolo esame, ma sapevo che tutto sarebbe andato bene. Torino non era vicino, certo, ma ci avrebbe offerto un luogo sicuro in cui affondare le nostre radici. Così sorrisi, e scattai. La foto arrivò, e dopo soli due minuti mi rispose: la sua foto, sorridente, con una piccola sciarpa leggera al collo e con una mano ne sorreggeva un bordo ponendolo al naso. Il mio profumo, ne ero certo. Profumo di acqua, mare e tabacco.
Ero stanca del suo fare il piacione con tutte le donne che incontravamo in milonga.
Ero stanca di non sentirmi la sua unica donna.
Basta! Avevo deciso di prendere un mini in affitto e tornare a vivere da sola.
“Ricomincio da capo, senza di te” gli avevo detto.
La sera quel pacchetto sopra il tavolo della cucina, con quel biglietto “E’ una smart box per un week end. E’ un mio regalo. E’ solo per te, non vengo con te, non preoccuparti, ma accetta questo pensiero, te ne prego”.
“Perché no?” mi sono detta, in fin dei conti me lo merito: sono dieci anni che faccio la donna di casa, l’amica, l’amante, la confidente…
Passo questo week end da sola e poi mi metto a cercare casa.
Prima sera, un alberghetto piccolo ma molto grazioso con vista sul mare a Portovenere. Ceno in un localino tipico e poi vado a letto, non troppo tardi, ho bisogno di riposare. Le lenzuola odorano di pulito, eppure c’è qualcosa di strano, non è solo profumo di pulito: è il profumo che avevo addosso la prima sera in cui siamo usciti insieme, ma come può essere? L’ha fatto lui: è venuto fin qui prima che io arrivassi ed ha chiesto di poter spruzzare quel profumo che sapeva di iris e talco sul letto. Ecco, ora sono costretta a pensare a lui, a quella sera in cui arrossivo ad ogni sua parola, in cui abbassavo gli occhi perché mi imbarazzava il suo sguardo innamorato, in cui il solo tenerci mano nella mano mi aveva fatto capire che lo stavo aspettando da tanto, il vero amore.
Mi addormento, e sono abbracciata a lui, come quella sera quando mi ha riportato a casa e mi ha semplicemente stretta a lui prima di salutarmi.
Sabato sera sono sulle colline toscane, vicino a Siena. Ho passeggiato tutto il giorno, ho riempito gli occhi di paesaggi ondulati sfumati di calde ocre e verdi luminosi. La camera dell’agriturismo dove ho anche cenato è una chicca. Tendine all’uncinetto fatte a mano, lenzuola con bordo ricamato e… no.. non è possibile.. sono profumate.. Sì hanno il profumo che indossavo la prima volta in cui abbiamo fatto l’amore. Quel profumo di gardenia inconfondibile, femminile, voluttuoso. Mi faccio un bel bagno caldo, mi metto la sottoveste di seta che uso come camicia da notte e sprofondo sotto le coperte e sogno di lui, vorrei averlo qui, vicino a me, vorrei i suoi baci.
La domenica passa veloce, tra un mercatino dell’antiquariato, una visita ad un museo ed il viaggio di ritorno.
Lui è a casa, mi apre la porta, ha preparato una cenetta per me a base di pesce. La tavola apparecchiata come ho visto solo nei film, a lume di candela. Mi abbraccia e gli sento addosso il profumo che gli ho regalato il primo Natale che abbiamo passato insieme. Quel profumo che poi usavo anche io perché gli dicevo “così si capisce ancor meglio che siamo una cosa sola, che non c’è un tu ed una io, ma solo un noi”.
“Perdonami se non ti ho fatto capire quanto ti amo, vuoi ricominciare?” mi chiede.
“Sì” gli sussurro baciandolo sull’incavo del collo.
A volte basta guardare il mare per ricordarci che siamo parte di un disegno molto piu grande… Ma improvvisamente ti passa sotto al naso un odore che connette subito al cervello immagini, istantanee del passato,innescando dentro di noi emozioni fortissime. A me basta guardare il mare adoro il suo profumo,il suo infrangersi arrivando sulla riva,per poi ritirarsi, l’odore della salsedine che accarezza la pelle,che ti porti addosso, come quello delle lacrime che ogni tanto scorgano i nostri visi.Lui così maestoso ed infinito come se mi riportasse indietro nel tempo alla mia infanzia spensierata.L’olfatto è il senso del viaggio nel tempo, più realistico che l’uomo fino ad ora possa aver mai trovato nelle sue affannose ricerche.Lui è in grado di scatenare la memoria, facendo riaffiorare ricordi ricchi di particolari, tanto da sentirsi catapultati realmente in quegli anni anche molto lontani.
“E adesso facciamo il gioco del silenzio”, così esordiva la maestra alle scuole elementari, quando il troppo vociare prendeva il sopravvento; erano dieci minuti piacevoli quegli spazi silenziosi da riempire con i pensieri rivolti oltre le finestre, ai prati dove il pomeriggio avrei giocato, al sole e al vento fresco che mi avrebbero coccolato il viso. La primavera, ormai inoltrata, sembrava cedere all’estate la pienezza della luce e la lunghezza delle giornate. I papaveri fra il grano riempivano il naso del loro profumo e a pensarli li sentivo anche lì, dentro l’aula della mia scuola. Pensavo anche all’odore della pioggia: ho sempre respirato Il suo profumo sulla pelle, ho sempre immaginato la pioggia come una presenza palpabile e benefica. In quel breve lasso di tempo da sotto il banco saliva l’odore della pizza al rosmarino per l’ormai prossima merenda. Con la mente giravo intorno alla pianta enorme che occupava un angolo del mio orto, dove le api quasi danzavano vicino ai fiori azzurri e scoprivo poco lontano le piantine di camomilla con il loro giallo prorompente. Allora l’infuso occupava il mio pensiero che immaginava una notte di stelle e di luna e di foreste addormentate, il tepore delle coperte, il profumo della lavanda che saliva dalle lenzuola. Poi terminava il gioco del silenzio. Con un po’ di malinconia, forse per non aver potuto condividere con gli altri bambini quei dieci minuti così intensi di odori ed emozioni; ma riprendeva subito il rumore della fanciullezza.
La mia amica questa volta aveva perso ogni speranza di poter sentire crescere dentro di lei una nuova vita e allora siamo partite,per cercare un posto dove si respirasse aria di pace ed equilibrio.Abbiamo lasciato alle spalle tanti km e alla fine quel piccolo paesino della Croazia, ci ha convinto fin dal primo istante a fermare li il nostro tempo.Appena scese dalla macchina un profumo forte di salsedine unita ad erbe frizzanti che costeggiano la spiaggia di ciottoli ,come l’elicriso ci ha accarezzato il volto portata da un vento leggero.Nei giorni a venire distese di lavanda ci hanno riempito la vista con l’intensita’ del loro colore contrapposto alla delicatezza del loro profumo.Ma c’e’ un profumo che nessun frutto potra’ mai regalare in maniera cosi’ forte nel nostro ricordo,e’ quell’odore intenso dei pescatori che tornano dalla giornata in mare e svuotano le reti ,sono le mani segnate dei contadini che hanno tagliato l’erba e ancora quelle vestaglie sporche di farina ,di donne semplici, che hanno appena finito di impastare il pane che ora cresce e riempie le strade di voglia di qualcosa di buono.Abbiamo imparato ad annusare un profumo diverso dell’amore,fatto di persone che donano senza chiedere nulla in cambio,che ti guardano negli occhi e riconoscono il dolore , profumo questo che resta per sempre sulla pelle senza essere spazzato via da nessun sapone.
Sfogliando le pagine di un Diario dove fiumi di inchiostro si innestano sul legno di cedro, desto il cuore dal sapore di rosa che questo viaggio abbi inizio. Il sipario si alza, Signori!
Fluttuando sulle Onde del mare, granelli di ozono mi separano da un lembo di tintura di terra che mi separa dalla costa frastagliata Dalmata, trovando la culla delle foglie d’ulivo e il sottile orizzonte del mare abitato da vele di barche che richiamano l’impressione di un quadro.
Ogni impronta che mi lasciavo dietro un sorprendente incenso riverbera i miei passi
Vortici di elicriso immortale accarezzavano la mia stanchezza, come un sottile richiamo ,l’eleganza del galbano annuncia il mio punto di attracco.
Canfora o Auorora?
Devio per le lunghe e tacite cascate d’acqua, il suono e la potenza custodiscono l’anima inoltrata dell’Erzegovina, quella intatta. Che potenza primordiale!
Confesso di aver tradito la terra per un pezzo di paradiso.
Ed Eccomi : Innalzo questo Inno alla tua bellezza, un tripudio di purezza al Giglio che i tuoi piedi calpestano al suon di tuberosa e dal tuo ventre trasfigurano le note solari che irradiano il Cuore in cui germogliano aldeidi e Petalia, di cui tu sei la maestosa custode.
Un Sole con le sue note allo zafferano e dal sapore di miele danzava, roteando su sé stesso offrendo lo spettacolo più bello del firmamento.
E nel ringraziarvi il velluto garofano del sipario fasciato dai fiocchi color ambra, mi inchino e con un Loukhoum estendo a Voi il mio grazie. L’ Inchiostro è arrivato al termine.
Natale ….. Sono bambina, da lontano lungo la strada sterrata intravedo la vecchia casa dei miei avi…. Nebbia….. Una piccola luce fioca mi appare,una ferita nel buio, l’auto si ferma nel cortile, e un odore forte e antico di legna che brucia mi riveste, entrano insieme a me l’odore della nebbia e del freddo, indelebili nella memoria per sempre.
40 anni e mi dico che voglia di vedere un posto diverso da dove vivo…. Una mattina sono in ufficio e una mia amica mi dice Luis ho vinto un viaggio! Vieni con me? nel circolo polare artico!! E dopo aver chiesto a mio marito, ho detto SI!! Sono 4 gg intensi. Parto e in aeroporto c’è un via vai di persone che partono e arrivano, profumo di umanità. Io parto con un solo profumo acquistato per l’occasione, così penso …. Ogni volta che lo sentirò rammenterò il viaggio. Scendiamo e vedo tutto innevato e ghiacciato. Con un clima del genere i profumi sono più intensi, profumo di Pino,… e poi non so … La neve che profumo ha? Di pulito, candido. I cibi in Finlandia hanno profumo di aneto, cipolla, pesce, buonissimi. Nella camera spruzzo il mio profumo che è petit cherie di Annice Goutal …. lo metto sul cappello, sciarpa, guanti ….dappertutto …. Quando visito i posti hotel di ghiaccio, il villaggio husky, il villaggio di babbo natale, la gita sulla nave rompighiaccio il mio profumo si mischia col profumo della neve …… Che meraviglia
Tarda primavera 2012.Una valigia “ pesante” 6 mesi lontani da casa.
Andavo da quel qualcosa che a 21 anni era uno slancio, una spinta a vivere tutto con intensità e sete di vita senza eguali.
Non c’è proprietà più privata che l’emozione di una lunga libertà a quell’età: il solo ricordo mi accende gli occhi di una intima luce che fatico a descrivere con le parole.
Senza il continuo reportage in tempo reale circa “dove/come/perché” dei social network, senza tutti i mezzi che oggi affogano la nostra capacità di “raccontare” a quei tempi si viaggiava da soli….I sensi erano più acuti, si registravano immagini, colori e odori come segreti e piaceri del tutto personali…
Lasciavo Milano in tarda serata: davanti una notte lunga 1000 e più kilometri….lasciavo una vita della quale non sentivo più il profumo: era tempo di cambiare indirizzo.
Andavo a cercare quel brivido nel caldo Sud. Come le immagini trascinate dalla velocità del treno, ricordo frammenti di quel viaggio come spot pubblicitari….ma il vero diario di viaggio fù scritto dal naso….La tavolozza di colori si tramutava in odore….
Primo l’odore della Paura: ghisa e ferro…;
poi fù Solitudine, non sapone, l’ odore delle lenzuola pubbliche, igienizzate;
di Vaniglia e Caffè la speranza nelle soste alle stazioni importanti;
di Cera è l’aroma del silenzio che precede l’alba…che diventò calda Resina tra le pinete e i lecci nella luce del Gargano, polverosa roccia in aroma di Rosmarino, Sale e Salsedine tra i Mirti e le Ginestre delle Murge, Ginepro e Alloro sulla via del tarantino;
Mezzogiorno dolce come il mistico Fico, selvatico l’eterno Ulivo si perde nelle pianure tra i muretti a secco, in un’alternanza di vuoti e pieni che si succedevano in modo così armonioso da sembrarmi impossibili da alternare.
Freschi gli Aranceti, femminili i Cisti, rosati cespugli di Oleandri e smeraldi Caprifogli a profumare quel Viaggio che vive in me, impermeabile al passare del tempo.
India, 2010.
Il profumo che per primo ho sentito e che evoca l inizio di quel viaggio è il mandarino..la prima doccia in un bagno che non aveva altro al di fuori di un rubinetto e un secchio.
Sola, ma carica di entudiasmo ho scoperto un paese ricco di odori, le spezie e l’olio bollente..il profumo del gelsomino intrecciato tra i capelli delle donne. L’odore della pioggia che cade calda sulla terra.
La frutta fresca delicata e saporita come in Italia non riesce ad arrivare.
L’odore di spiritualitá all’interno dei templi: incensi, fiori, polveri sacre.
L’odore forte delle vacche sacre libere per le strade e del loro latte.
L’intensità degli odori appare diversa in un mondo che non ci è familiare, quegli odori saranno sempre parte della mia memoria, un cassettino che si apre e mi riporta alla mente momenti ricchi di dettagli, grazie ai profumi di quella meravigliosa terra mistica.
Una brezza leggera si leva dall’oceano,l’odore del mare mi solletica le narici i raggi di sole scaldano la mia pelle e il vento porta con se il profumo del mare fatto di mistero forza e di profondo che ti avvolge come un abbraccio.un profumo sensuale fatto di fiori di vaniglia avvolti nelle spezie piu’ antiche ma allo stesso tempo forte come il profumo del vetiver e del bergamotto .alzo lo sguardo verso il mare infinito e immenso dove ti fa sentire la pace e allo stesso tempo un senso di liberta’ che spesso non abbiamo!
Once Upon a time….una diciannovenne spensierata, con le cuffie nelle orecchie del suo nuovo walkman a cassette e una valigiona piena di vestiti e costumi su un pulmino improbabile che dall’aeroporto di Bali la portava in albergo.
Mentre ascoltavo True Colors per la tredicesima volta (stesso look di Cindy) rimanevo folgorata dal paesaggio…tutte terrazze coltivate a riso, scimmiette che vagavano per la strada serenamente…. Se l’Europa mi era sempre sembrata incredibile, devo ammettere l’Indonesia era sembrata ai miei occhi ingenui e avidi uno spettacolo infinito.
Mi aspettavano 15 giorni alla scoperta dell’isola più affascinante variopinta e gioiosa del mondo e, per cercare di sfruttare il tempo disponibile al meglio, chiedevo agli abitanti locali consigli su come godersi le loro bellezze.
Le opzioni erano davvero infinite ed ero certa che non mi sarebbero bastati i pochi giorni a disposizione.
Impossible consigliare soltanto un posto, ma se come me siete amanti dei tramonti impossibile non andare al Tanah Lot dove i colori potrebbero anche essere simili a mille altri tramonti di ogni qualsiasi luogo, ma la velocità impressionante con la quale il sole si tuffa nel mare lascia un segno indelebile nell’anima.
Tutto il viaggio è stato accompagnato dalla Gamelan, la tradizionale musica che senti in ogni dove, proprio come il profumo degli incensi che penetrano nelle nari donando calma serenità e pace interiore evocando ricordi e sensazioni che ancora oggi sono vive nella mia mente, un dolce sottofondo che evoca voglia di vivere.
Un consiglio spassionato? Dimenticate ogni cosa, immergetevi totalmente nella cultura nella semplicità e ricordate che si impara sempre ovunque e comunque…
“Viaggio in un’isola del Mediterraneo”.
Il traghetto che mi trasportava all’isola si stava avvicinando alla terra ferma.
“Non vedo l’ora di arrivare”, pensavo. I miei occhi sorridevano mentre guardavo i riflessi del mare, piatto come una tavola, mentre sulla fronte avvertivo il sudore dato dal calore dei raggi del sole che mi picchiavano sul cappello di paglia. Era il 15 di Agosto, piena estate. La temperatura, diceva il telegiornale alla televisione, era superiore alla media stagionale.
Dallo scorrimano alla quale ero appoggiata, percepivo l’odore della salsedine, che evaporava dall’acqua. L’odore del sale, quello delle onde, quello che senti solo quando sei al centro del mare.
I passeggeri sul traghetto cominciavano a sistemarsi per la discesa. E così, anch’io.
Il tempo di schiacciare tra le mani la bottiglia d’acqua che avevo bevuto avidamente, e di gettarla nel cestino della plastica, controllai lo schermo dello smartphone per vedere se ci fosse qualche notifica, poi iprovvisamente avvertii il fischio all’altoparlante che ci avvisava dell’arrivo.
Sbarcata sull’isola, alzai lo sguardo, tirando sù la visiera del cappello di paglia. Immediatamente, il frastuono dato dalle voci di tutti i passeggeri appena arrivati, cessò alla vista di quello che si apriva di fronte ai miei occhi: case arroccate una sopra all’altra, in pietra. Dai terrazzi, una rigogliosa vegetazione di piante e di fiori sembrava venir giù a cascata. Alberi di limoni e di aranci, dai colori accesi, emanavano quell’intenso profumo agrumato che sembrava di averli in mano e di odorarne la scorza prima di sbucciarli.
Un miscuglio di profumi aveva invaso i miei sensi: dalla classica essenza del bergamotto, a quella più ricercata degli alberi di fico e di mandarino.
“Una magnifica cesta di frutta” , sussurrava la mia immaginazione.
Riconobbi, poi, l’esplosione di un bouquet di fiori assortito: il gelsomino, le rose e le magnolie si distinguevano e si fondevano insieme in un mix raffinato di profumi.
Il tutto, avvolto da un’aurea di freschezza, che sapeva di vento leggiadro d’estate e di brezza marina.
“E’ la mia isola”, pensai ad alta voce.
E da quel momento, la mia vacanza di sapori e di profumi ebbe inizio.
Stavo vagando, in un labirinto di viuzze strette e maleodoranti. Da un bar giungevano scoppi di risa e voci strascicate di donne ubriache. Continuai a camminare chiedendomi dove fossi. Donne vestite di lunghi abiti colorati attraversavano la via con indolenza lasciando una fragranza esotica che si mescolava al profumo di basilico e mandarini lasciato da un carretto della frutta. Sui volti delle persone si riflettevano le fiamme gialle di un falò il cui odore acre penetrava la nebbia che saliva dai vicoli. A un incrocio il brusio e l’effluvio di pellicce e rossetti di signore addobbate per andare a teatro si diffondevano nell’aria della sera.
Ho preso tutto? Sì gli oggetti più importanti li ho presi con me… Sto salendo sulla mia macchina del tempo, direzione spazio temporale Pianeta Terra 2070, non troppo lontano non troppo vicino.
Tra le cose che porto con me vi sono delle fialette che contengono i profumi che voglio tenere sempre a portata di naso, che non voglio dimenticare e che voglio fare conoscere – chissà – ai miei futuri bis bis nipoti.
Magari troverò una terra completamente asettica, priva di odori e di profumi, disinfettata, pulita, liscia. Che orrore!
Io voglio essere certa che anche lì gli odori primordiali ci siano e siano ricordati: l’ambra, il muschio, l’incenso, il cuoio il legno …
Sono gli odori che ci dicono chi siamo e che creano legami tra noi, come fili invisibili di ricordi e desideri.
O forse scoprirò che la terra futura sarà ricca di nuovi odori, quelli che si saranno creati con l’evolversi della civiltà e con il progresso ed è per questo che ho con me delle fialette vuote, per arricchire il mio bagaglio profumato e riportare ai miei contemporanei aromi mai provati, magici e sorprendenti.
Sono emozionata, comunque andrà la missione sarà un successo.
Vado … il futuro mi aspetta!
Il mondo in un giardino
Viaggiare non è solo spostarsi nello spazio o “viaggiare nel tempo”, è anche e soprattutto esplorare dentro noi stessi. Guardare con altri occhi. Annusare l’aria intorno.
Non importa andare in un altro continente, visitare un’altra nazione, recarsi in un’altra città.
Io, da fiorentino, ho incontrato un’altra Firenze nell’aria di una Firenze che finalmente ho saputo non solo vedere, ma odorare.
Erano giorni che pregustavo quella passeggiata e finalmente era arrivato il momento.
Sul Ponte Vecchio, superato un gruppo di turisti, appaiono le torri scapitozzate di via Guicciardini, meglio accelerare per non farsi sorpassare, sembrava che tutti volessero andare dove anch’io stavo andando: al giardino di Boboli.
Superato l’ingresso, ad accoglierti un sorriso inquietante, la statua del “Bacchino”, il nano Morgante nudo e seduto su una tartaruga, che da bambino mi aveva fatto ridere e allo stesso tempo aveva suscitato in me una certa paura. Questa volta però, un aroma dolce di rose appassite, arrampicate sul muro al suo fianco, tiene lontano turbamenti e batticuori. Dopo pochi passi ti accarezza l’odore del ginepro, il profumo dell’alloro ti confonde.
I cipressi nascono perché il vento li accarezzi o li scuota, a piacere. Purché il loro effluvio si disperda lontano. Spuntano a formare viali e strutture geometriche, boschi e confini. Quinte di verde a difendere siepi, statue e fontane; divinità, filosofi e contadini; artigiani e nani di corte, animali selvatici e cani. Fitte boscaglie a contenere odori, ricordi, pensieri. A proteggere panchine, baci e intimità.
La luce al tramonto scivola lenta, sui sassi di fiume e porta con sé odore di vento, odore di corbezzoli, odore di giaggioli, l’iris color del ghiaccio. Profumi leggeri.
Come in un viaggio, Boboli ti fa conoscere odori noti ma nuovi. Parole non dette. Pagine già lette, ancora da scrivere. È un equilibrio perfetto di natura e artificio. Di natura e di arte che lo trasforma: un giardino ideale. Un giardino sempre verde, sempre vivo fatto di “piante che tengono le fronde sempre, verno et estate, come son queste, cioè cipressi, lauri regi o lauri di Trebisonda, pini, sughere corbezzoli, ginepri, agrifogli et altre piante e tutti gl’agrumi…”
Che profumi a Boboli! Questo non è un semplice giardino, è un tempio.
“Se non coltivi bene il tuo giardino, non nasce nulla” è scritto… e i giardinieri del Granduca questo lo sapevano bene!
Frequentavo la prima elementare quando la maestra, durante un’uscita didattica, ci portò in un bosco. Ci addentrammo tra gli alberi e al primo spazio sufficiente ad accogliere me ed i miei compagni di classe, l’insegnante ci invitò a sederci a terra, li iniziò il viaggio. Guidati dalla sua voce chiudemmo tutti gli occhi e iniziammo a notare la consistenza della terra coperta di foglie, i rumori che ci circondavano e soprattutto l’odore del bosco. Terra umida, foglie, legni, muschio, il mio naso filtrava ogni odore con attenzione e ne apprezzava consapevole ogni sfumatura. Seduto a gambe incrociate, con le mani poggiate a terra seguivo con attenzione quella voce notando ogni sensazione.
Fu un piccolo grande viaggio di scoperta, in quel giorno mi accorsi del potere del mio naso!
Mi sto avvicinando alla mia destinazione: il viale che sto percorrendo mostra già i segni dell’autunno incipiente.
C’è un rosaio vicino al bordo: piccole fiori di un rosa pallido, che non vogliono cedere alla fine della stagione…
Mi avvicino e ne annuso una. Regala ancora qualche molecola evanescente, ma è ormai poca cosa.
Improvvisamente mi blocco. Appoggio la mia borsa per terra e ascolto… C’è un profumo meraviglioso, che fluttua lieve nell’aria. Un odore rotondo, complesso, dolce, vanigliato. Sembra di fiori, ma cosa fiorisce ai primi di novembre? Mi guardo intorno, non capisco… D’un tratto mi rendo conto che proviene da un alberello con foglie verde scuro; i rami portano alla sommità pannocchie di piccoli e banali fiori color crema: un nespolo giapponese, dal profumo paradisiaco!
Sto immobile in mezzo al vialetto, il borsone per terra accanto a me, un sorriso che aleggia sulle labbra e gli occhi chiusi… E’ così bello annusare il mondo!
Entro, mi assegnano la mia stanza.
Mi chiamano. Ok, vengo subito.
“Come sta, signora?”
“Bene – rispondo – un po’ tesa…”.
“Si rilassi, vedrà che qui starà bene. Ma… si è messa il profumo?”
“Si… non si può?”
“Beh… diciamo che è insolito che una persona si profumi in queste circostanze… Buono però, cos’è?”
Mio Dio, non ho proprio voglia di parlare… “Si chiama “Silenzio”, di Simone Andreoli.” Silenzio è proprio ciò che desidero adesso.
Lei mi guarda come chi conosce la lingua, ma non capisce il significato delle parole.
“E’ dolce!”
“Si, c’è del benzoino, nelle note di coda…” Altro sguardo vacuo.
——-
“Ora respiri forte signora, forza. Uno, due…”
Una serranda opaca e nera mi divide dal mondo.
Qui comincia il mio primo viaggio.
Spirali verdi di odori acri cercano di insinuarsi nella mia incoscienza, a tratti percepisco voci, movimenti, bagliori come scotomi scintillanti.
“Signora! Signora!” Cosa vogliono, perché mi strappano da questo ottundimento?
“Tutto bene?” Come si possono porre certe domande a chi è attaccato a flebo e altre cannucce che regolano e misurano i ritmi del corpo? Ho sete, dolori e l’odore acido del disinfettante mi da la nausea.
“Si si, mi sento bene…”. La mia prima tappa è stata raggiunta.
——–
Esco in una giornata di sole freddo.
Sono stanca, il borsone mi pesa come un macigno.
Percorro il vialetto e mi fermo sotto il nespolo. Aspiro con avidità il suo profumo: mi consola e mi regala un soffio di gioia.
Non so cosa mi riserva il futuro, ora sono troppo ferita, ma la prima cosa che farò sarà piantare un nespolo giapponese nel mio giardino.
Voglio che il mio secondo viaggio, quello che mi porterà a riappropriarmi della mia vita, cominci con il suo profumo.
Il mio viaggio è breve, ma mentalmente sembra interminabile.
Mi ciondolo lento in attesa di vederla, ogni volta sono agitato come al nostro primo appuntamento: cerco di essere perfetto. Mi lavo, se riesco mi rado, mi pettino e passo la mano sulla divisa per renderla liscia come se fosse inamidata e appena stirata.
Nell’attesa che mi separa da Anna ripenso ai nostri precedenti incontri, mai adeguati a ciò che vorrei per noi due ma sempre indimenticabili. Porto dentro di me pezzi di lei che mi tengono alto l’umore fino a quando la rivedo di nuovo.
Le sue mani bianche sanno sempre di buono… hanno una scia talcata simile a quella proveniente dalla pelle dei bambini e dalle persone senza colpe. Gli occhi orientali ricordano sentori esotici e mi fanno viaggiare in mondi lontani dove siamo solo io e lei e nessuno che può giudicare quello che facciamo. La bocca rubino sa di fragola, da mordere avida o talvolta da assaporare lentamente, a seconda della situazione.
Eccola. Mi aspetta. Ogni volta è più bella.
Ci guardiamo, ci sfioriamo appena, parliamo più con gli occhi che con le labbra e tutto questo non mi basta. Il suo profumo è ovunque: sulla pelle, sui vestiti, nella mia testa e mi fa esplodere di eccitazione e di rabbia.
Stiamo così per una mezzora poi è già tempo di salutarci di nuovo, in attesa del prossimo incontro fugace riempito di cose non dette.
Mi alzo dalla sedia, la guardo un’ultima volta anche se ormai conosco a memoria ogni linea e odore del suo corpo, e la saluto con un cenno del capo.
Lei resta immobile fino a quando non giro l’angolo del corridoio, poi se ne va come fa sempre.
A me non resta altro che trattenere lacrime amare, di rimpianto e dolore, mentre il carceriere mi riporta nella mia cella.
Questa è stata la prima e unica volta: un bacio leggerissimo, puro, sulla fronte, inaspettato.
È l’inizio della Caduta.
Da questa sera in poi, non potrò più starti accanto, nemmeno quei dieci o venti passi più in là che mantenevo sempre tra noi, pur di non disturbarti.
Da questa sera in poi, so che i miei giorni rovineranno verso un abisso, la solitudine, lo smarrimento, l’impotenza.
Lasci che mi avvicini, stavolta decidi di accogliermi tra le braccia, lasci che inspiri ancora una volta il tuo profumo.
Dozzinale, scontato, poco importa ciò che dicono gli altri: l’hai sempre reso inconfondibile e luminoso, possesso quasi genetico del tuo essere, riconoscibile persino più del tuo nome, e impronta scavata involontariamente nella mia memoria.
Una lancia appuntita ben nascosta al centro di un turbine lieve di fiori, la testa; il giardino maledetto a picco sul mare in cui mi ritrovo a sedere contro la mia volontà, in lontananza acque densissime e scure, sola circondata da lavanda e viole, soffocata da gelsomini bianchi appena schiusi e mughetto rigoglioso, da sembrare finto, ma sempre velenoso.
In quel momento indefinito che si incunea tra il tramonto e la notte vera, il cielo offuscato, l’erba tagliata sotto i miei piedi, una panchina rivolta all’orizzonte e il vento che non cessa di spirare, così come non smetto di aspettarti in silenzio, immobile.
Poi, d’un tratto, la punta, il centro, il cuore, la ferita, il muschio ancorato alle querce, le nostre sagome perse in una foresta. Il sole fatica a filtrare tra i rami e a scaldare l’aria, come in un sogno tutto si dilata all’infinito in altezza e larghezza, è già l’incubo di scorgerti tra i tronchi, troppo lontano per essere raggiunto, un’ombra sfumata mentre cala la foschia, odorosa di menta e balsami gelidi, su un terreno accidentato impossibile da percorrere.
L’ultimo atto del fondo si apre nell’idillio di una camera da letto, nell’intimità di uno spazio raccolto, una stanza calda e illuminata. Mi portano fin qui solo le note più seducenti, avvolgenti al limite dell’intorpidimento. Aleggiano ancora quando perdo piano i sensi in un enorme letto appena rifatto, e solo così capisco che questo è un castello, questa la sua torre principale, impregnata del profumo di polveri esotiche, che aleggiano ancora nell’aria rivelate dai raggi di luce provenienti dalle inferriate, che si posano sulla tua camicia bianca, mentre vegli sul mio sonno.
Che aderiscono alla mia pelle e continuano a stordirmi, anche ora che l’istante del tuo abbraccio è terminato, e ho perso il contatto con il tuo essere, pensa, prima d’ora faticavo a credere che fossi reale e avessi sostanza.
Ma il tuo corpo c’era, accaldato dal principio dell’estate e dall’ansia per questo tuo ultimo concerto da direttore d’orchestra.
Offertosi a me per la prima e unica volta.
D’estate, in Grecia, i profumi della natura bisogna cercarli, nascosti nelle foglie quasi secche della bassa vegetazione che ricopre le colline, ormai resi esausti dal sole e dal vento.
Resistono solo gli aromi più forti, nelle pinete o nei boschi delle verdi isole delle Sporadi o del Mar di Tracia.
Quest’anno, per assistere alle celebrazioni della Pasqua Bizantina, sono tornata a Patmos in primavera ed ho scoperto come in questa stagione le fragranze ti vengono incontro ad ogni passo, sprigionate dai giardini, o dalla fioritura del manto d’erba nato dai temporali.
Subito, appena sbarcata dal traghetto, ecco la fragranza dei fiori di Pitosforo, che qui chiamano “Angheliki”, forse proprio a causa della soavità del suo profumo, che ricorda quello dei fiori d’arancio.
Scopro che quasi in ogni vicolo si affacciano questi arbusti, spuntando dai bianchi muretti, la chioma ronzante di api, e mi accorgo che sono presenti in ogni giardino, che sia di un’abitazione privata o di un monastero.
Pianta esotica, ma di facile adattamento alle torride estati greche, riscatta il suo riserbo del resto dell’anno con la gloriosa fioritura primaverile.
Altrettanto onnipresenti, le margherite: non solo nei prati e nei campi, ma in ogni spicchio di terra possibile, anche fra le case, ai bordi delle strade e fra i ruderi.
Il loro lieve sentore, che sa un poco di camomilla scaldata dal sole, è discreto, e si intensifica ad ogni alito di brezza.
Ma è camminando sui sentieri, che si è circondati da cuscini fioriti di ogni specie e colore, la cui fragranza è una mescolanza dei più diversi aromi, ancor più penetrante dopo i brevi, ma frequenti scrosci temporaleschi.
Occorre quindi fermarsi e cogliere una foglia o un fiore per distinguere le singole note di questa sinfonia odorosa : stropicciare le foglioline appiccicose e balsamiche del cisto ( gli antichi lo chiamavano ladano) scaldare fra le mani gli steli del solare elicriso, o riempirsi le tasche di rametti di lavanda selvatica, dai curiosi fiori bulbosi blu-violetto…
La lavanda selvatica accompagna anche tutti gli intensi riti della Settimana Santa, sui sagrati delle chiese e sul percorso delle processioni, in cui rametti cosparsi al suolo e calpestati dal passaggio di fedeli e officianti, rendono omaggio alla Resurrezione emanando profumo, come in una sorta di sacrificio odoroso.
Al culmine delle celebrazioni, il loro aroma lievemente canforato si fonde con quello estatico dell’incenso e con la nota di miele della cera delle candele, accese con la Sacra Luce giunta appositamente in volo da Gerusalemme.
Ed è così che l’aura potentemente mistica che pervade l’isola, si avvale della dimensione eterea e sacrale del profumo, come mezzo di comunicazione col Divino, preghiera odorosa che sale nel luminoso cielo di Grecia.