Tubereuse 3 Animale (Histoires de Parfums) incontra L’Amante (Marguerite Duras)
“Durante quel viaggio l’immagine avrebbe potuto staccarsi, isolarsi, mettersi in evidenza. Sarebbe esistita se fosse stata scattata una fotografia, come altre immagini sono esistite in altre circostanze. Ma la foto non è stata fatta, la situazione era troppo insignificante per provocarla. Chi avrebbe potuto pensarci? Per fare quella foto, bisognava prevedere l’importanza di quell’avvenimento, di quell’attraversamento del fiume, nella mia vita. Ebbene, mentre esso accadeva, la sua importanza era ignorata da tutti. “
Non è dato sapere quando e come nasceremo, in quale famiglia, epoca, status.
Non sapremo mai se i nostri anni saranno un giardino fiorito o un sentiero di rovi finché non doneremo il nostro primo vagito e poi il susseguirsi di respiri, pensieri, emozioni che compongono la vita. Crescere è una danza che impari sulla tua pelle, piroettando sulla pista del mondo.
Il destino è un compagno imprevedibile al quale ci opponiamo invano, tentando di domarlo, di capirlo e più tentiamo, più questo ci sfugge lasciandoci beffati. Indipendentemente da quanti anni abbiamo vissuto, abbiamo sempre un motivo per guardare la nostra vita passata. E’ curioso come del nostro passato si tendano a ricordare i fatti eclatanti o i più sconvolgenti: il matrimonio, il figlio, gli anni di università, il divorzio dei genitori e l’elenco potrebbe essere così lungo.
Ci sfuggono i piccoli fatti della vita, quei piccoli scatti del destino che noi non notiamo, ma che spostano l’asse del nostro sentiero, facendogli prendere la piega inaspettata che il destino ha scelto per noi. Si dice che in realtà siamo noi a determinare il nostro futuro. E’ probabile che ciò possa essere piuttosto vero, ma ugualmente l’attimo presente, quello scatto impercettibile, quel piccolo accadimento che non notiamo permette a noi viandanti di proseguire la strada.
Crescere, forse, è proprio questo piroettare sulla pista mossi dai piccoli scatti del destino.
La danza però non è sempre armoniosa, né piacevole, a volte succede che l’infanzia non sia poi così dorata e che la vita ci riservi un destino dall’aspetto amaro. La vita è fatta di luci ed ombre e così la nostra giovinezza non può dirsi libera da pensieri oscuri, da atti lontani dall’innocenza zuccherina con la quale immaginiamo i nostri primi anni. Chi vive nella purezza, forse, non è di questa vita. Chi cresce baciato dal sole perenne non è di questo mondo.
L’Amante è il racconto, in gran parte autobiografico, degli anni indocinesi di Marguerite Duras.
Peccato ci si fermi alla storia d’amore e sesso che, pur bella, distrae da un senso più profondo che il libro lascia. Le pagine dipingono il percorso difficile, oscuro, ignoto che ognuno di noi, in realtà, compie per arrivare all’età adulta. Ricordiamo un compleanno particolare, ma abbiamo dimenticato le notti di ansia, il non saper che fare, che dire, le scoperte dopo aver abbandonato i giochi. L’infanzia e l’adolescenza sono anni difficili perché ci è richiesto di vivere senza strumenti, costruendoli piano piano attraverso gli errori. Cosa c’è di puro in questo? Cosa è pulito, giusto, chiaro?
La giovane Marguerite percorre le strade afose di Saigon avvolta in un abito da donna, cercando di dare un senso alla sua presenza, cercando tra le pieghe dell’esistenza una sua identità. Non abbiamo forse fatto altrettanto anche noi?
“Ha smesso di essere un dato grossolano e fatale della natura. E’ diventato l’opposto, una scelta che contrastava la natura, una scelta dello spirito”.
Cerca, Marguerite, una fuga da quella famiglia che non ha scelto, che ama ferocemente, nonostante il dolore, l’insicurezza dei rapporti, l’instabilità della madre, cerca un posto per sé lontana dalle terre umide di Sadec, dalla sua casa tetra imprevedibilmente sospesa tra la festa e il lutto. Non tutti abbiamo la fortuna di nascere in una famiglia accogliente, ma tutti, per tutta la vita, cercheremo di riscattarci o di mantenere ciò che sappiamo e abbiamo conosciuto e che è così presente da esser carne nella nostra carne. Non c’è niente di puro nel crescere, nulla di più sporco, necessariamente sporco. Nessun diamante, in fondo, può nascere lontano dal fango.
Siamo animali senzienti e così ci muoviamo.
“Noi siamo ragazzi eroici, disperati.”
Connettersi alla nostra parte istintuale, seguire l’istinto e il desiderio sono i soli mezzi che abbiamo per crescere, i soli realmente nostri per tutta la vita. Così noi, così Marguerite. Ripensare alla nostra infanzia è come passare il dito sulla superficie liscia di una bottiglia tagliata a metà: manca qualcosa eppure è perfetta e necessaria così. Ci sono salti temporali che vanificano il susseguirsi dei secondi. Questo è trovare la giovane Marguerite, i suoi luoghi, la sua storia in Tubéreuse 3 Animale di Histoires de Parfums.
Saigon, primi decenni del novecento. Il clima opprimente e sensuale, il caldo che congela le azioni, che rende tutto più morbido, più narcotico. Odore di polvere delle strade vuote, più in là di terra umida e poi lontanissimo l’odore del mare, così lontano da perdere le sue note saline, restando solo un pallido umidore. L’odore quasi soffocante dei fiori saturi di sensualità. Marguerite è un fiore che cerca il suo calore tra le braccia della vita, odora di piccoli frutti di kumquat.
Ha la freschezza del neroli, l’odore di chi alla vita si affaccia col giovane viso impiastrato di rossetto rubato alla mamma, l’ odore dolciastro di prugne morbide e mature. I passi incerti sulle scarpe da ballo nelle strade afose, nelle stanze ampie del dormitorio femminile, lungo il cortile solitario del liceo francese, odore di uomini e donne nel quartiere cinese di Cholen, odore di tabacco biondo fumato nell’ozio di stanze in penombra e quello ricco dell’elicriso con le sue note calde e penetranti.
E su tutto le note opulente della tuberosa, lasciata sporca di terra, mostrata nel suo stato meno solenne, ma più sensuale e umano, una tuberosa che è quasi materica, che pervade ogni nota della piramide olfattiva, quasi a ricordarci il nostro lato animale, la nostra parte istintiva, quella che ci guida quando, distratti, attraversiamo quegli impercettibili scatti del destino: la traversata sulle acque fangose verso Saigon per Marguerite come per noi.
Il lungo drydown lascia immersi in note dolci e conturbanti, lontani dalla purezza dei fiori, lontani dalla morbidezza dei frutti maturi di sole, come fossimo abbandonati esausti sulla vita umida, avvolti da una seta opulenta sul corpo nudo. Histoires de Parfums ci regala il lato sensuale e umano, la carne e la terra della tuberosa proiettandola, espandendola in una durata eccezionale, ne fa una compagna di viaggio affascinante che ci ricorda un’epoca forse lontana quando eravamo incerti danzatori, ma curiosi e istintivi.
Forse è questo che racconta Marguerite Duras e che proietta Histoires de Parfums: mai abbandonare i propri lati animali, mai dimenticare il lato oscuro della propria vita perché la luce è tale solo grazie all’oscurità. Tubéreuse Animale è tutto questo racchiuso in un flacone ed “E’ in questo assurdo coraggio della specie che io ritrovo una grazia profonda.”
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Dell’intera trilogia di HDP l’animale è la più bella, la preferisco addirittura a Carnal Flower, anche se non è ipnotica come la criminale di Lutens!