The Time. THoO sublima il Tempo con una raffinata japonaiserie liquida
“Il Tempo è un’illusione, sebbene una illusione persistente (…) poiché la Via non è né ieri, né oggi e né domani” (Seng -ts’a, III Patriarca del Buddismo Zen)
La quotidiana disputa con la frenesia di noi occidentali si fonda su un’unica frase: “non ho tempo”. Quante volte pronunciamo questa frase? Innumerevoli. Di fatto, non abbiamo PIÙ tempo per nulla, nonostante la tecnologia non faccia altro che sfornare continue migliorie per rendere più rapide le nostre incombenze e “lasciarci tempo”. Ma così, persino il conversare con un amico diventa una voce da fissare in agenda, lì, fra un meeting di lavoro e un’ora di palestra. La nostra esistenza è divenuta uno schema, ma uno schema fintamente ragionevole, che si dimena fra un’auspicata e sempre più rara lentezza e una velocità forsennata ahimè irrinunciabile. Il perenne susseguirsi di momenti in successione ci disgrega, ci lacera psicologicamente, rendendoci preda di un continuo vagare fra un nostalgico passato, un inafferrabile presente e un imprevedibile futuro. Non siamo mai qui né mai altrove: siamo condannati a vagare dispersi per le nostre vite rischiando di non esistere appieno.
La differenza sostanziale tra l’Occidente e l’Oriente è evidente nel modo di vivere il tempo: il ”nostro” tempo delimitato, schiacciato, manchevole o eccedente differisce in maniera plateale dal “loro” tempo che è invece un eterno fluire in cui si materializzano i mutevoli fenomeni della realtà.
Ad un’Europa che arranca sulla superficie corrisponde un Giappone che fluttua nell’introspezione; la visione del buddismo zen ricopre da secoli un’importanza fondamentale sul definire il rapporto “pacifico” dei giapponesi con il Tempo e, di conseguenza, con il proprio Sè.

Il discepolo zen si educa gradualmente a cogliere la realtà senza mediazioni intellettuali, ma vivendola nella pienezza del momento. Un auto-addestramento psichico a rallentare i tempi, in modo da divenire perfettamente consapevoli, stando attenti a tutto quello che si fa: lo sviluppo della cosiddetta “retta presenza mentale”. Vi è un rituale -conosciuto anche qui in Occidente seppur non negli stessi termini – che aiuta i monaci zen a raggiungere la totale calma: la cerimonia del tè (cha-no-yu); questa si basa su quattro principi costitutivi che sono Armonia, Rispetto, Purezza e Tranquillità. Su questi medesimi perni ruota l’invito liquido all’introspezione offertaci da THoO con il meditativo jus di The Time.
L’idea basilare di questo ambizioso profumo (opera di Andrea Casotti e del profumiere Cristian Calabrò) risente fortemente oltre che dell’influsso del cha-no-yu anche dell’arte giapponese; una commistione lisergica paragonabile a quella che investì l’Europa a metà dell’Ottocento, ripercuotendosi in maniera decisiva sull’arte occidentale con il fenomeno denominato Giapponismo.
Fu in particolare sugli artisti francesi che il Sol Levante esercitò una profonda attrazione. L’essenzialità delle forme e l’immediata resa emotiva del segno e del colore scatenarono il culto per il Giappone da parte degli Impressionisti, ma pure dei Nabis fino agli esponenti dell’Art Nouveau. Autori come Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige divennero talmente celebri fra il 1860 e il 1890 da indurre un ammirato Vincent Van Gogh a scrivere in sua lettera datata 1888: ”Non si potrebbe studiare l’arte giapponese, mi sembra, senza diventare molto più sereni e più felici (…) Invidio ai giapponesi l’estrema nitidezza che tutte le cose hanno presso di loro. Nulla vi è mai noioso, ne mi sembra mai fatto troppo in fretta. Il loro lavoro è semplice come respirare (…)”.
Solo un violino dolorante di sensibilità come Van Gogh poteva cogliere con una sola affermazione l’essenza del mistico mondo fluttuante giapponese: il respiro. Respiro che cogliendo l’istante dilata i polmoni e apre al contempo la cassa toracica del Tempo interiore; respiro che si alza e svanisce, simbolo alato dell’impermanenza di ogni cosa nonché della transitorietà della vita umana. Respiro che in fondo non è che profumo dell’animo. The Time ha l’oneroso compito di negare il Tempo lineare e svelare l’Attimo assoluto in un frammento quotidiano; inutile dire che ci riesce con il consueto kai-zen (“eccellenza”) condensando in uno spruzzo una visione trans-temporale di totale libertà.
The Time è una moderna japonaiserie costruita come una ukiyo-e (letteralmente “immagini del mondo fluttuante”): questa tipologia di stampe veniva realizzata su matrici di legno intagliate, ottenute con un sistema complesso e totalmente artigianale. Per ogni stampa le matrici erano tante quanti i colori da stampare e il procedimento di impressione dell’immagine sul foglio non era ottenuta con il torchio bensì con la pressione della mano.

The Time risulta così: una fragranza “stampata”, la cui resa non è solo olfattiva, ma anche spaziale e cromatica, scoprendo uno scenario di nuove possibilità espressive. I colori che ci suggerisce sono accesi, piatti, accostati in modo inconsueto. Gli scorci e i punti di vista sono insoliti in un liberatorio glissare le regole della prospettiva olfattiva a favore della profonda comprensione del fluire interiore. L’immagine che ne fuoriesce è quella di un “floreale pacifico”, come ben ci suggerisce THoO; le linee dominanti, tese e ondulate, sono frutto di matrici odorose selezionate e preziose che imprimono un ritratto del tutto singolare e personale di noi stessi nell’atto intimo di prepararci un tè… per l’anima.
Il lieve pizzicore del bergamotto disegna il preludio del nostro cha-no-yu; squillante come un’illuminazione, rischiara il rifrangersi ipnotico di giochi d’ombra sul pavimento. Il silenzioso vuoto nulla regna attorno a noi , interrotto solo dal sommesso salire e scendere del nostro diaframma. Il Tempo sembra azzittito quando la lenitiva e calmante camomilla blu si lega in una diagonale aromatica con la pungente, stimolante scossa sensoriale dell’assenzio maggiore, che ci immerge nel qui et ora dipingendo contorni d’anice sui bordi della tazza.
Lentamente, grazie a questo confortevole accordo, il ronzio monotono dei pensieri si smorza; socchiudiamo gli occhi, dilatiamo le narici e ad ampie boccate aspiriamo l’argentea coltre talcata di un iris che pulsa al ritmo del cuore. E i battiti, che nel quotidiano arrembaggio alla vita sono impercettibili al nostro orecchio, ora diventano protagonisti dell’attimo; la verbena, rinfrescante e protettiva, puntella di innesti smeraldo il blu verde violaceo della testa. Ormai diagramma dell’attività celebrale cambia onda modulandosi sull’ascetico corposo riflesso del tè Oolong (“drago scuro”) che sprigiona il suo sapore pieno, fruttato. E finalmente, “vediamo”: gli eventi si presentano non più macigni, ma come sassolini, snocciolandosi davanti a noi scevri dal loro peso. L’infinito si dilata, appoggiandosi alla forza nobilmente espressiva del legno di cedro che suggella con pacata dolcezza la conquistata serenità. Il nostro sistema nervoso è confortato e riscaldato da uno sfondo litografato con muschi e piccoli solchi d’ambra. La rappresentazione del nostro intimissimo cha-no-yu si dinamizza poi nel finale con il potente, conclusivo corroborante tocco del tè nero.
Il flusso di The Time dopo l’accecante luccicare dell’envol è costante, ondivago e avvolgente con uno spessore di straordinaria permanenza, a tratti enigmatica come il Tempo stesso. Nettamente percepibile è lo sforzo operato da Calabrò di sottrarsi all’idea di posa accademica della piramide olfattiva, plasmando uno scorcio spirituale leggero ma nitido e vibrante, in continua trasformazione. Persistenza permeante la pelle che trova in The Time un valente maestro zen. Trovata la pace, ogni cosa torna al suo posto: e possiamo rientrare nel Tempo segmentato ordinario certi di avere appreso una determinante lezione.
”In sostanza nulla esiste, ma se c’è il tè bevo il tè e se c’è il riso mangio il riso”. (proverbio zen).
Lascia il tuo commento…