The decay of the angel. Il profumo da sfogliare di Timothy Han
A guardarlo in foto non deve essere stato semplice per Timothy Han l’ingresso nel dorato mondo del fashion: emaciato, l’aria da nerd, con quel capello lungo che fa tanto anni 90 e Nirvana; affianca nel totale anonimato un colosso come John Galliano e poi, trasferitosi dal Canada a Londra, finalmente e con coraggio, esordisce prima con una linea di candele che ha notevole successo e poi, nel 2014, con una linea di fragranze.

Qui c’è da raccontare un curioso aneddoto che la dice lunga sulla personalità schiva e concentrata sulle creazioni (a un livello maniacale) del giovane fragranze designer. Si narra infatti che Francis Kurkdjian abbia inviato i suoi complimenti al canadese per le candele ma pare che Timothy non sapesse chi fosse Kurkdjian e abbia realizzato solo molto tardi il valore di un simile riconoscimento. Beh, vero o no, resta la realtà di un talento ermetico, raffinato, volutamente non rivolto a tutti ma a una ristretta cerchia di nasi… letterati. “We do not create perfume for the masses. Handcrafted small batch perfumes inspired by iconic works of literature” (Non creiamo profumi per le masse. Piccoli lotti di profumi artigianali ispirati da iconiche opere letterarie).
Nella collezione Timothy Han Edition si va ben oltre il concetto di fragranze ispirate da romanzi; Han stesso ribadisce nel manifesto artistico del brand come concepisca i profumi in modo tale che si sviluppino sulla pelle di “consapevoli fruitori” in un complesso assembramento di mente, naso e intelletto. Come le pagine di un libro che ci ha particolarmente rapiti, così il profumo deve “sfogliarsi” su di noi, elaborando un viaggio di sfumature che solo la nostra particolare sensibilità sarà in grado di cogliere. Si potrebbe definire quella di Han una performing olfactory art che “usa” i clienti come estemporanee espressioni della sua arte.
Di sicuro impatto intellettivo ed emotivo è il viaggio di The decay of the angel (Il decadimento dell’angelo), ispirato all’omonima opera di Yukio Mishima del 1971. Autore ostico, anche per le difficoltà di traduzione che presenta dovute all’utilizzo di termini giapponesi arcaici, Mishima indaga in questo romanzo il forte disagio esistenziale che procurano il dolore e la vecchiaia. In particolare, lo scrittore si concentra sul decadimento della carne (e per traslato, della società) a cui irrimediabilmente siamo sottoposti; Mishima scrive: “La funzione della carne, collocata nel trascorrere del tempo, è quella di testimoniare la distruzione e la decadenza”. Ecco perché, secondo il suo pensiero, anche nella nostra semplice dimensione carnale dobbiamo ricercare la bellezza prima che questa svanisca in quel pugno di mosche che è la vita. Rifacendosi quindi alla tradizione buddista, Mishima ripercorre le fasi di decadimento dei Deva, cioè gli angeli mortali, e Han costruisce la sua fragranza seguendo questo schema: decay (decadimento), diaforesi (sudorazione), dirt (sporco), dissatisfaction (insoddisfazione), darkness( buio).
The decay of the angel rispecchia una caduta inesorabile dall’alto della spiritualità alla bassezza della carne dipinta nel passaggio da quello che potrebbe essere un classico floreale a base di rosa in un cupo umore che vagheggia fra il verde, l’esotico e il bruciato/legnoso. Il percorso è difficile ma al contempo di immediata fruizione, come solo le grandi opere sanno essere.
La fragranza di Timothy Han si apre con un tappeto di boccioli in procinto di appassire. I fiori incoronano una testa balsamica, quasi mentolata: l’olio di cade rende esangui i petali del gelsomino sambac e lascia che sia una rosa appuntita a sbriciolarsi per prima. Un neroli candido sorride mestamente precipitando, aggrappandosi nella sua virginale solarità ai sussulti sensuali di un ylang che apre i suoi petali in un tentativo di atterrare meno rovinosamente. Ma è quello sfumato accenno di bruciato che soggiace al verde a stupire fin da subito: la percezione di una accurata (quasi esibita) naturalezza delle materie prime è netta, laddove un meditativo frankincenso serpeggia i suoi ultimi fumi sacri nel dissacramento .
La diaforesi è invece resa in un susseguirsi repentino di fiammate balsamiche e granelli resinosi di cisto labdano su un terreo patchouli, eco lontano che va inabissandosi nelle prime note sporche. Ali spennate grondano sudore – umore del tutto umano – ed è il momento in cui un oud moderatamente petrolato costituisce l’anello che ci trasporta alla parte carnale, umana e corrotta della fragranza. Fase quantomai composita, ha una trama che mette sullo sfondo sfibrato della veste miseranda i fiori ormai passiti; usati come un cuscinetto, Han ci conficca, a mo’ di schegge, tocchi di legno di cedro su cui prende vita una tonka maliziosa, ancorata verso il torbido passeggio dell’agarwood.
Nel passaggio che racconta l’insoddisfazione c’è il tocco di genio di Han: quale metodo migliore di un emblematico smorzamento di toni per evocare il vuoto della perdita di ogni vitalità? In un decrescendo funzionale al racconto, Timothy Han glissa sulle singole note; tagliando verve a ginepro, buttando i fiori e socchiudendo gli occhi vogliosi della tonka. L’intermezzo è affidato ancora a un frankincenso chiaro e sottile con lievi striature verdi, ultimi guizzi di entusiasmo che svaniscono in una perdita di corpo della struttura.
E sul finire, il buio. La fragranza si asciuga come un panno su un calorifero. Si rannicchia su pieghe legnose, con venature saponate ma a cui il gelsomino rarefatto dell’inizio dona una singolare inflessione indolico/ notturna. Il pathos cala e sulla pelle rimane una scia opalescente di un mutismo cromatico.

Volo pindarico di stile, The decay of the angel non urla, tranne che nella prima mezz’ora, ma sussurra e non appartiene a nessun genere olfattivo ergendosi a spartiacque fra nicchia e artistica.
Creazione unisex, come ogni angelo che si rispetti, si consuma in se stessa coinvolgendoci nella sua autodistruzione. Gode di egregia qualità di ingredienti ed è stimolante anche visivamente: ogni edizione è infatti associata a una stampa artistica numerata disegnata dall’illustratore polacco Gosia Sobczak.
Piramide olfattiva The decay of the angel – Timothy Han Edition
Note di Testa: mandarino, neroli, ylang ylang, rosa, frankincenso
Note di Cuore: gelsomino Sambac, acacia, cade
Note di Fondo: oud, legno di cedro, patchouli, tonka, labdano
Concentrazione e formato The decay of the angel – Timothy Han Edition
Eau de Parfum – 60 ml
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Complimenti! L’immagine del profumo indossato come un romanzo che si racconta sulla pelle è bellissima! Purtroppo incontro sempre più raramente creazioni che abbiano un contenuto artistico, il più delle volte sono vuote di emozioni e storie, definirle banali è riduttivo… ma grazie di avermi fatto conoscere questo profumiere, mi avete fatto venire la curiosità di annusare qualcuno dei suoi lavori. Grazie!
Nora