Smoke of God. La divinità inquieta di Simone Andreoli
Un flauto vibra soffiando note meditative sul collo dell’aere che si sta vestendo a sera: s’agghinda di scampoli di un sole morente, ravvivando il suo blu cobalto con ferite cromatiche. Un silenzio pesante come macigno scorre sulla sabbia desertica, sotto i contrafforti dell’Hajar, nella splendente regione del Dhofar, a sud dell’Oman.
È da qui che prende il via la nuova suggestiva composizione olfattiva del talentuoso Simone Andreoli, che pare superarsi ad ogni nuovo lavoro. Dopo l’incursione profana e trasgressiva di Don’t ask me permission, il nascente astro della profumeria italiana ritorna a ciò in cui eccelle: racconti emozionanti di viaggi introspettivi, al di là della geografia, aggrappandosi alle ali di materie prime preziosissime.
Il governatorato del Dhofar, adagiato fra lo Yemen e il Mar Arabico, è una regione vasta e florida che racchiude un concentrato di bellezze naturali. Chilometri e chilometri di spiagge da sogno si alternano a vette che raggiungono anche i 1500 m d’altitudine. In prossimità di queste, viene prodotto il frankincenso migliore al mondo, vero gioiello fra le resine, prezioso come oro. Sempre attento ai particolari, il Naso emiliano lo ha scelto come protagonista di Smoke of God; Andreoli stesso così presenta la sua nuova opera: ”Se gli dei nelle loro notti oscure fumassero per viziare il proprio spirito, fumerebbero incenso e non tabacco, destinato agli esseri terreni”.
Nell’approcciarsi a questa fragranza, la mente risuona di echi biblici:
Jahve disse ancora a Mosè: Procurati i seguenti aromi: storace, onice,
Galbano e puro incenso, in parti uguali.
Farai con essi una miscela aromatica, preparata con arte da profumiere,
mista con sale puro e Santo.
Parte di esso lo ridurrai in polvere minuta e lo metterai
Davanti alla testimonianza nella tenda del convegno,
Ove io mi incontrerò con te.
Esodo, 30, L’incenso.
Simone Andreoli prende il posto del Profeta; raccoglie con grazia le precise regole, ma ribaltando i rapporti di comunicazione: non più un profumo a regola d’arte per accattivarsi le simpatie delle divinità, ma un rito che si auto-consuma nella Divinità stessa che poi lo renderà accessibile alle sue creature come ultimo dono compassionevole a un pianeta miserando.
Smoke of God si apre con un Dio, seduto al lume di un accampamento, al calar del sole, nel deserto. È colto in un momento in cui si sente”umano, troppo umano”.
Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi;
Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco.
Isaia 1, 10-12.
Il Dio Signore è mutato e forse non sa Egli stesso che direzione prendere. Lo sguardo si perde , dilaniato da dubbi. Non più Onnipotente. Non più Onnipresente. Eterno Assente che si autoriflette. Con movimenti ampi, che non conoscono il caduco tempo, apre la bisaccia di pelle; un turibolo d’oro, inciso di storie interplanetarie, fuoriesce, cadendo sulla sabbia ancora calda. Le lunghe dita nodose che plasmarono l’Uomo con fatica ora raccolgono le perle di frankincenso. Prodigio invisibile, un fuoco nasce nel buio e sputa sottili lingue arancio sull’incenso.
Luminoso è l’incipit, cristallino e liquido al contempo. Le dune hanno sussulti e percuotono il deserto esteriore e interiore; gli occhi si socchiudono accendendo il sacro sigaro e la mente si dilata. Forse è l’effetto della fee verte (l’assenzio): nota glabra dai tratti angelici, dal secco e complesso sapore aromatico; piumata e perlescente si innesta come droga tagliando l’incenso di verde. Movenze fiorite da recessi profondi fuoriescono danzando dentro al fumo; il candore di un bianco amyris tesse coreografie in aiuto al liquore, dando una connotazione femminea che ben si adatta all’asessualità del protagonista.
Quantomai indovinato è l’ancoraggio dato nel cuore dal legno di cashmere: ricalcando l’atteggiamento ieratico di Dio, “fissa” la testa volante pur in un inconfondibile mood metallico-floreale, accentuando la brezza bianca dell’amyris ma dandole spessore ambrato.
L’umidità della notte si mescola alla sabbia del deserto come il piacere dato dal fumo dell’incenso che scorre nelle vene. Lo spasmo emotivo e (meta)fisico iniziale regredisce a una fessura, seppur cosmica di malinconia. Le preghiere degli uomini tornano a lambire le orecchie divine, distogliendolo da Sè. La larga fronte si corruga come una catena montuosa in un terremoto: il re non è più sdegnato, ma reso mansueto dal suo rito. La sua Sapienza, che ha consolidato il mondo, cede nuovamente il passo alla misericordia: storace e una cinghiata di cuoio ombreggiano, chiudendo il drydown.
In un impeto di collera ti ho nascosto
Per un poco il mio volto,
Ma con affetto perenne ho avuto pietà di te,
Dice il tuo redentore, il Signore”
Isaia, 54, 6-8
La decisione è presa a tempo di folgore: lasciare che le ceneri sacre possano essere raccolte anche dagli uomini, perché anche i loro spirito possano goderne.
“(…) Perciò, ecco, lo attirerò a me,
Lo condurrò nel deserto
E parlerò al suo cuore (…)
Osea, 2, 16.
L’aurora scende dal suo giaciglio; per Dio due boccate, per noi una notte. Smoke of God procede sulla nostra pelle come un serpente a sonagli: ondivago, si trastulla fra l’incensato, il balsamico, il resinoso e infine il sabbioso.
Tutto è venuto dalla polvere
E tutto ritorna nella polvere.
Chissà se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello della
Bestia scenda in basso nella terra?”
Qoelet 3, 19-21
E ancora,
E ritorni la polvere alla terra, com’era prima,
E lo spirito torni a Dio che lo ha dato.
Smoke of God è un profumo sui generis, che insegna molto in questo genere olfattivo dominato solo da incensi ”cattedrale”; si avvale di meccanismi minuti e scabri ma perfetti come gli ingranaggi di un orologio prezioso. Di abbacinante luminosità l’apertura, si placa poi in meditativo lambire il proprio e l’altro naso in un un eterno crepuscolo cui non segue mai la notte.
Lo brucerà anche al tramonto del sole
Quando Aronne rimetterà le lampade sul candelabro, incenso aromatico quotidiano
Alla presenza di Jahve: per le vostre generazioni.
Esodo, 30, 7.
Piramide olfattiva Smoke of God – Simone Andreoli Diario Olfattivo
Note di testa: incenso della Somalia, elemi, storace
Note di cuore: legno di cashmere, assenzio, amyris
Note di fondo: incenso dell’Oman, cuoio
Concentrazione e formato Smoke of God – Simone Andreoli Diario Olfattivo
Eau de Parfum – 100 ml
Lascia il tuo commento…
“Smoke of God”
Complimenti a Melissa, una recensione che lascia senza fiato…e senza parole!
Apperó!
Un (pro)fumo decisamente affascinante…
Da amante di fragranze intimiste quali Sentosa, Eterno e Silenzio, devo confessare che la parentesi beach-ludica intrapresa da Andreoli mi aveva allontanata dal marchio. Grazie a questo viaggio incensato pieno di mistero e profondità è di nuovo grande, grandissimo amore!