Scent in Vogue #8 Sophie Matisse Art Edition by Kilian, Junya Watanabe P/E 2015
Ha un tappo, un collo più o meno lungo, una certa capienza e un’etichetta. Un flacone è un flacone, o meglio un flacone è un contenitore, ma quando è disegnato da un artista è facile che diventi un’opera d’arte. Quelli del passato erano soliti nascere dagli schizzi dei geni del pennello e dello scalpello come Salvador Dalì, Marcel Duchamp e Kazimir Malevich, scarabocchi che una volta soffiati nelle fornaci di Lalique, Baccarat e Saint Louis perdevano la mera funzione di contenitori di liquidi per trasformarsi in capolavori da museo.
Una tra le prime a concepire una bottiglia di profumo come una scultura fu Elsa Schiaparelli che amava fortemente l’arte e infatti nel corso della sua lunga carriera, per la creazione dei packaging dei suoi profumi, strinse collaborazioni con gli esponenti più celebri della sua epoca. Nel 1936 incaricò Léonor Fini di ideare la bottiglia di Shocking, profumo orientale floreale con sottotoni chypre che la scultrice e pittrice surrealista racchiuse magnificamente dentro una silhouette disegnata sulle forme sinuose di Mae West, mentre nel 1947 per celebrare la fine della Seconda Guerra Mondiale ebbe l’ardire di chiedere a Salvador Dalì di scolpire i contorni de Le Roy Soleil e per lei il genio catalano realizzò il leggendario sole che sorge, con il volto attraversato da uno stormo di rondini. “Un parfum doit être une oeuvre d’art, l’objet qui le contient un chef-d’oeuvre“, parole sante pronunciate da Robert Ricci, fondatore della maison Nina Ricci e artefice del “volo” de L’Air du Temps, il cui flacone fu modellato dallo scultore spagnolo Joan Rebull per volere della madre Nina, convinta che un profumo avesse più probabilità di successo se contaminato dall’arte.
Ma la fascinazione degli artisti per l’universo del profumo, per le allusioni che esso dischiude, per le forme di cui una cosa tanto impalpabile si avvolge concretamente, risalgono quasi agli stessi anni in cui Coco Chanel presentava il N°5 come una creazione artistica. Celebre è il ready-made “Belle Haleine: Eau de Voilette” firmato nel 1921 da Marcel Duchamp in collaborazione con Man Ray. Per realizzarlo l’artista francese si servì di un’autentica bottiglia di profumo Rigaud, di cui rifece l’etichetta e che poi inserì in una custodia ricoperta di velluto viola. Sull’etichetta si scorge il volto ritratto da Man Ray dello stesso Duchamp en travesti, cioè nelle sembianze del suo alter ego femminile Rrose Sélavy. L’opera ha fatto parte fino al 2009 della collezione Yves Saint Laurent e Pierre Bergé ed è stata poi venduta in un’asta Christie’s al prezzo di 8,9 milioni di euro, diventando la bottiglia di profumo più cara del mondo.

Sophie Matisse Art Edition Kilian, Junya Watanabe P/E 2015. Crediti Style.com
Oggi gli artisti preferiti dalle maison arrivano dalla strada e dal mondo dell’arte sperimentale: performer, writer e inventori di nuovi linguaggi artistici contaminano e plasmano con la loro firma inconfondibile il packaging dei profumi più classici. Gli ultimi esempi sono gli schizzi di vernice di Nasty sulla collezione Annick Goutal, le pennellate fluorescenti di Houxo Que che accendono Paris Premières Roses, i corsivi di Tracey Emin sul flacone Serpentine di Comme des Garcons e la bambolina pop disegnata da Kaws per il packaging del profumo GIRL by Pharrel Williams prodotto sempre dal brand giapponese. Non fa eccezione Kilian Hennessy che per la seconda volta ha voluto il segno di Sophie Matisse, nipote di Henri e rappresentante dell’arte contemporanea americana, per una “limited art collection” decisamente unica: una versione più fresca e vibrante di Bamboo Harmony, Straight to Heaven e Good Girl Gone Bad, caratterizzata da note luminose e accenti colorati.
Niente seta, chiffon, piume e pizzi ricamati ma pvc, gomma e perspex. La femme di Junya Watanabe è un fumetto coloratissimo dall’identità indefinibile che sembra arrivato da un altro mondo: è un po’ manga, un po’ clown, un po’ astronauta, un po’ origami. I suoi abiti dalle linee scomposte sembrano usciti da una sessione di collage e si appoggiano sul corpo come fossero ritagliati dal guardaroba delle bamboline di carta, mentre citano il suprematismo russo e giocano con il cubismo orfico di Sonia Delaunay.
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Bravo Watanabe, anzi divertente ma difficile. Bello da guardare, impossibile da indossare e in tutta sincerità non ce lo vedo a braccetto con KIlian visto che le sue fragranze sono molto ruffiane…
Dopo Alaia e Miu Miu chissà se anche Watanabe penserà a un jus signature, magari realizzato da CDG. L’ha fatto Margiela…
Grande Kilian, ti vende tre flanker spacciandoli per un’art edition, questo è un genio!