Santa Maria Maggiore. Una storia di profumi e montagne
La nota dominante è di conifera, resinosa e balsamica, sprigionata nell’aria dagli scrosci di un temporale d’estate. Santa Maria Maggiore accoglie il viaggiatore con un fresco benvenuto olfattivo, dopo lo spettacolo di boschi, rupi e cascate visto dal treno panoramico che sale da Domodossola.
Man mano, esplorando i dintorni, altri accordi odorosi si svelano: la Valle Vigezzo è uno scrigno di erbe, piante e fiori alpini, che compongono una sinfonia di incantevoli aromi. Nei prati fiorisce il narciso selvatico, nel sottobosco ombroso profumano il mughetto, il ciclamino e i piccoli frutti, fragoline, lamponi e mirtilli, mentre verso le cime ecco invece il ginepro. Ancor più in alto l’artemisia, o genepy, pianta eroica che sfida le intemperie, da cui si distilla un liquore fragrante.
Qui si apre uno degli ingressi alla Val Grande, l’area selvaggia più estesa delle Alpi e forse è dalle sue forre impenetrabili che arrivano anche i sentori di una flora primigenia, di felci e muschi portati dal Vian, magica brezza che nelle alte valli alpine porta la primavera. Da tempi remoti, si usa esporre il corredo dei neonati agli effluvi e agli aromi di questa aria salubre di cui si impregnano i tessuti, rinfrescando quelli già usati e armonizzando quelli nuovi, come segno di augurio per il nascituro.
Non stupisce perciò che da queste parti, alla fine del XVII° secolo, sia nata la saga di uno dei profumi più noti al mondo: l’Acqua di Colonia. Entrambi di Santa Maria Maggiore, Gianpaolo Feminis e Giovanni Maria Farina scrissero i primi capitoli di una storia a tratti rocambolesca, fatta di omonimie, furti di formule e colpi di scena. Emigrarono dalla Valle Vigezzo, il primo portando con sé la formula segreta di un’Aqua Mirabilis, elisir lenitivo nella cui composizione entravano molte essenze della sua terra natale. Fu questa formula che il suo parente Farina avrebbe poi sviluppato, trasformandola in un profumo il cui successo continua tuttora.
A Santa Maria Maggiore, pur col riserbo tipico della gente di montagna, questa storia non è mai stata dimenticata. Non solo vi si produce ancora un’Acqua di Colonia Classica Feminis -Farina ma, con il lungimirante supporto di grandi sponsor e aziende essenziere, la cittadina rivendica la sua tradizione profumiera con la recente apertura della Casa del Profumo.
All’ingresso colpisce il saluto dei mazzolini di melissa, ruta, origano e di tutte le erbe odorose che entravano nella formula originaria dell’Acqua Mirabilis. Pannelli informativi e immagini guidano il visitatore a ritroso nel tempo, narrando la storia dei due celebri Vigezzini e della loro invenzione. Procedendo, in piccola una sala altre materie odorose, petali e foglie, insieme a flaconi di Acqua di Colonia e ai costumi tipici della valle.
Nel Giardino degli Aromi, col piccolo agrumeto, il muto ma intenso racconto olfattivo prosegue fin nella luminosa serra, nel verde riflesso di piante e fiori odorosi.
Presto, al secondo piano del museo, il percorso si arricchirà di nuove suggestioni: la storia dell’Acqua di Colonia sarà declinata rimarcandone il legame con la cultura locale, creando una sorta di inedita “piramide olfattiva”, in cui le note del profumo verranno interpretate secondo le diverse componenti del costume tipico Vigezzino.
Così, le note di testa saranno abbinate agli accessori che i Vigezzini d’epoca indossavano sul capo. Le note di cuore saranno affiancate agli ornamenti del busto. Infine le note di fondo, percepite all’olfatto per ultime ma più persistenti, si accosteranno a ciò che del costume tipico vigezzino veniva indossato su gambe e piedi.
Chissà che un giorno anche il Vian non bussi alla porta, portando il soffio dei boschi selvaggi nelle stanze della Casa del Profumo…
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