Sadonaso. Tutto quello che annuserai nel bondage molecolare di Nasomatto
Ci aveva lasciati a bocca aperta davanti al suo muro alchemico al Pitti Fragranze 2022: le bottiglie tirate contro il bianco abbacinante dell’inconscio, i desideri più proibiti estrapolati dalle menti degli appassionati, i sogni perversi delle persone come teatro dei suoi esperimenti sospesi fra arte olfattiva, esoterismo medievale e Vaudeville. Dopodiché… Via, ad Amsterdam, a distillare istinti e pulsioni, occhiate oblique e turgori insopprimibili.
Ora, l’infottibile Alessandro Gualtieri colpisce ancora: il suo ultimo “nose toy” edito nella collezione Nasomatto, a neanche un mese dall’uscita, ha già scandalizzato il mondo della profumeria.

Nelle anteprime stampa, il solo nome della fragranza – Sadonaso – ha suscitato cataclismi di ilarità, fiumi di illazioni, barricate di perbenismo, previsioni di disfatta ed orgasmi multipli. Poi, è seguito l’hard-porn video di presentazione: e il tornado del web si è scatenato. Qualcuno ha smesso di seguire il marchio a prescindere dall’aver annusato il profumo.
Qualcuno invece ha iniziato a prestargli attenzione dopo averlo snobbato per anni. Molti hanno sorriso sotto i baffi e si sono leccate le labbra. Anche quelle della bocca. Il perforante filmato, realizzato con dovizia cinematografica, si è conficcato come un dildo nelle menti assetate della fanzine di The Nose.
La mazza(ta) finale l’ha data il packaging dell’edizione numerata – la Phallic Edition – in cui il tappo riproduce le forme di un lucido fallo laccato di nero. Insomma, per sfottere l’acronimo che definisce le pratiche sadomasochiste, ancor prima di diffondersi nei negozi, Sadonaso ha già seminato un B.ordello D.issacrante S.ocialmente M.olesto. Ma perché? Siamo davvero un popolo di (finti) perbenisti?

Sesso Vanilla o Kinky? Sadonaso, please!
A oggi si stima che in Italia circa quattro milioni di insospettabili cittadini pratichino il BDSM (bondage and discipline, dominance and submission, sadism and masochism, questo l’acronimo spiegato). Con la sigla ci si riferisce a centinaia di differenti giochi erotici accomunati da un’unica caratteristica: uno dei partner si mette a disposizione dell’altro, impegnandosi ad assaporare tutto ciò che avverrà. Un divertimento ben più che “genitale”, ma sensuale, emotivo e psicologico. E non è questa forse la stessa promessa di un profumo?
Il sesso “kinky” – non convenzionale – è stato ormai emancipato dalla connotazione nosografica: di fatto, esso è una parafilia, cioè un interesse sessuale atipico e inusuale che si distingue ora dal disturbo parafilico, ossia un comportamento sessuale patologico che genera disagio e compromissione a chi lo pone in atto.
Il BDSM è un territorio di scoperta in cui testare i flebili limiti del proprio desiderio in un ambiente “normato”: gran parte degli incontri seguono infatti la basica regola dell’SCC, ovvero “sano, sicuro, consensuale”; piccola è la percentuale di chi sceglie il RACK (risk aware consensual kink), cioè la pratica consensuale e consapevole del rischio. Nelle porno stanze delle location sadomaso (i dungeon), i canali sensoriali hanno modo di esprimersi a 360°: gli occhi godono attraverso la mixoscopia; le orecchie si spalancano alla coprolalia; la pelle vibra con lo spanking; il gusto si delizia con il gagging… Per approdare al naso.
Gli adepti della profumeria già ne sono consapevoli: esistono collegamenti neurofisiologici tra l’organo vomero-nasale e determinate aree del cervello, come il sistema limbico (sfera emozionale) e il nucleo BNST (stria terminale). L’eccitazione sessuale può attivarsi con la percezione di odori, anche sgradevoli, come quelli di urina, feci, flatulenze. Amanti di oud, musk e indolo ne sappiamo qualcosa, vero?
Ma a ciò si aggiunga pure l’ospressiofilia: l’attrazione irresistibile per le emanazioni di sudore. Estimatori di cumino, cardamomo & co, anche questo vi ricorda qualcosa, giusto? I fluidi inebriano le narici in un meccanismo automatico che probabilmente è connesso con i feromoni escreti con queste sostanze; fenomeno che, al Trismegistro Gualtieri, di certo non è sfuggito: tanto da sottotitolare il quattordicesimo opus di Nasomatto “The Sweat of Pleasure”, il sudore del piacere.

The Sweat of Pleasure: il kinbaku molecolare di The Nose
Il kinbaku è una forma molto complessa di bondage che non ha fini sessuali, ma artistici. Nasce in Giappone, in epoca Edo (1603-1868), come specifica erotica della più generale arte della legatura stretta denominata shibari, usata anticamente per torturare i prigionieri di guerra. Ora i due termini, soprattutto in Occidente, sono interscambiabili.
La bellezza del praticare kinbaku risiede nella geometria imperfetta delle corde che cingono la persona e l’emersione del corpo dall’intrico di iuta e canapa. È l’estatica contemplazione di una tensione, di una goccia di sudore che imperla la fronte per la resistenza al dolore… Passiva sofferenza, composta rassegnazione, una meditazione costrittiva di impensabile intensità.
Peculiarità dello shibari è l’utilizzo di specifici kata (forme) e regole estetiche: il modo in cui viene applicata la corda e la posizione con cui si lega l’altra persona tramite torsione o nodi in punti anatomici strategici hanno una dichiarata valenza simbolico-comunicativa.
In questa arte di “sofferenza estetica” vi è un presupposto di totale empatia fra chi lega – il Master o la Mistress, per dirla all’occidentale – e chi viene cinto – lo/la Slaver. Fra i due si deve instaurare un’intimità molto sottile: tenera e potente, opprimente e liberatoria, per quanto possa sembrare un paradosso. Uno scambio molecolare di sensazioni volatili ma ponderate e graffianti, costringenti a tal punto da creare un totalizzante sconvolgimento dei sensi.

Con Sadonaso Gualtieri pratica un curioso inganno cool-turale: prima innesca le fantasie più perverse con le atmosfere hard-core del filmato YouTube, poi ci titilla con il trash patinato di un advertising promiscuo alla OnlyFans, infine ci infila nel naso una texture olfattiva che spiazza. Il chiacchiericcio della giungla social trova un cuscino in cui placare i bollori e lo sdegno: il Master sa che quando il gioco si fa duro… Meglio ammorbidire la carne.
L’ordito di accordi ondeggia in un godurioso alternarsi di sporco/pulito, malizioso/candido, ammiccante/disincantato: così facendo, noi slaver siamo trascinati, con il nostro consenso, in un sofisticato shibari nasale. The Nose esige completo abbandono alle sue non lineari tecniche di piacere.
Convinti di ritrovare nel jus un dungeon attrezzatissimo di bende, frustini e cinture falliche, veniamo invece catapultati in un’atmosfera priva di orpelli smaccatamente sexy, ma rarefatta, pulviscolare: un fremito lubrico disciolto in liquido. La laccatura trash del porno si dissolve nel bianco punteggiato di rosso dell’erotismo: un pas de deux fra sesso e intimità mentale.
Fumo, sospiri, iuta, pelle umida… Il silenzio della complicità
Nessuna benda. Gli occhi e il loro osceno voler guardare vengono zittiti da una nuvola densa e umida di note talcate, vaghe e frammentarie. Una dolcezza assai inconsueta, da sempre paventata nelle composizioni di Alessandro Gualtieri, ma mai completamente soddisfatta sino ad ora.
Albori di un’aura ovattata, legnosa, muschiata, ma anche sottilmente minerale, erano già ravvisabili nel compianto China White (2008); ripresi nel difficile sortilegio cuoiato di Nudiflorum (2018) e infine amplificati nel mélange ozonico/fruttato dell’incompreso Fantomas (2020).
In Sadonaso esplodono finalmente i germogli gourmand, forse maturati grazie alla riuscita esperienza muschiato/lattonica di Seminalis (2016) in Orto Parisi. O, forse, Gualtieri non teme più di mostrare il suo perverso lato. Tenero.
In una società in cui l’esibizione asettica è modus operandi condiviso e in cui i giovani praticano sexting al cellulare perché non ambiscono toccarsi, il sadomasochismo più estremo si riflette nella delicatezza di tentare un approccio che non sia mediato, digitalizzato, “effettato”, ma reale, tattile, oltremodo “sentito”.

L’impronta zuccherina e morbida di Sadonaso è ben pronunciata già nell’attacco mielato e musky, che riproduce fedelmente lo strano sapore dolciastro/salino che la pelle assume quando si surriscalda sessualmente. L’occasione di un incontro profondo però non va sprecata: vietato farsi imprigionare dalla fretta di concludere. Ecco dunque il momento della legatura: lo sfregamento delle corde in iuta produce un sottotono acre, che condensa in tocchi balsamici di resine e sfuggenti ruvidezze legnose.
Nei recessi sottili della testa, eliotropici e vanigliati, i lividi viola pallido dell’iris compaiono a bordare la pelle di nuance cipriate. Il desiderio di possessi maggiori s’incurva nella sinuosità della iuta; il profumo di un’unione che travalica le pulsioni è grande: nel medio drydown pare che si disperda come una nebbiolina fitta fitta, da cui gli occhi emergono alterati, ebbri. Nulla appare più amoroso che il piccolo tremito delle braccia strette strette nella legatura.
L’accordo miele/muschio/iris si deposita umido dando una densità maggiore rispetto all’incipit aereo. L’infelice attitudine del corpo costretto riesce a sprigionare un acuto spasimo di piacere gocciola sul pavimento: vi è un’energia silente che scivola nel sudore raccolto. Un’esperienza incerta: le sicurezze paradisiache del piacere si uniscono in una copula trasversale con i dubbi laceranti del dolore.
Nel momento cruciale gli effluvi di Sadonaso si convertono in una esalazione di cui non è possibile riconoscere i vari elementi; si percepiscono solo palpiti, che si rincorrono fra la dolcezza e un’imprecisata ma presente amarezza nelle retrovie. La volontà del pieno possesso si piega a un’iridescente girandola di vibrazioni empatiche soffuse, intense che ghermiscono gli istinti biologici.
Di fatto, la fragranza modula il muschio in un canone puro, frutto di una cura tenera, gestito come un tumulto sedato e distillato: soffice, sexy, piacevolissimo, armonico e paglierino come la nota di miele cui s’avvinghia. L’ardore di chi guarda e tocca mentalmente, il solluchero di chi ascolta e “sente” senza orecchie i sospiri, il languore di chi parla sporco rimanendo muto, la sete proibita di fluidi intimi che fiacca le labbra.
Sadonaso offre una colossale esperienza di intimità vera, al di là del carnale. E ci riesce nell’ironico scherno della finta libertà venduta del porno, del sesso esibito e venduto un tanto al kilo, delle pose plastiche di nudi corpi rifatti e freddi come cadaveri. Gualtieri spinge il dito nel terreno sabbioso e blasfemo del sentimento più temuto da tutti nella società moderna: la voglia di essere se stessi, in tenerezza, con un’altra persona.
Il profumo segue in performance la linea del desiderio: deciso e loquace nella prima mezz’ora, Sadonaso sa trattenersi nella media evoluzione per lasciarti il tempo di giocare; si amplifica notevolmente su pelle dopo circa un’ora, quando l’atmosfera è sufficientemente calda per potersi esprimere in ogni sua movenza. L’aura è ragguardevole ma tenue, un legaccio serico percepibile avvicinandosi al collo di chi lo indossi. La persistenza è la stessa di un kinbaku: tangibili i suoi segni su polsi e vestiti, subdolamente perenne nella memoria.
Dopo una così lunga attesa…
Le aspettative erano alte, stavolta più che in passato. In un mercato della profumeria artistica o di nicchia che sembra lievitare fuori misura e sempre più spesso a sproposito, Alessandro Gualtieri pare conoscere il perfetto disequilibrio tra l’eccesso e la genialità creativa.
Volenti o nolenti, ogni fragranza del catalogo Nasomatto suscita un subbuglio nella corte dell’establishment olfattivo mondiale. Il recente fiorire di YouTuber e TikToker – più o meno improvvisati – ha inoltre foraggiato e inasprito le mai sedate polemiche sullo spirito fin troppo provocatorio del sulfureo Naso bolognese.
Come sempre, la memoria è corta: senza Black Afghano, datato ormai 2008 e profumo di rottura totale con il passato della profumeria, l’esistenza di gran parte dei marchi indie e artigianali che circolano negli ambienti di appassionati del settore, oggi, sarebbe impensabile.
Eppure, ancora non si perdona a The Nose proprio quello sfottere le regole in favore di una proposta artistica tout-court, ben oltre il mero utilizzo cosmetico delle fragranze. I tappi personalizzati, lo storytelling sopra le righe, le note omesse come incentivo alla fruizione autonoma del jus, una precisa ed indefessa integrità nella propria produzione pur nella follia dell’ispirazione.
Nasomatto è un origami di cui non si può mai evincere la partenza e di cui si può e si deve solo godere il viaggio. Sia esso negli abissi del paradiso o nei cieli della perversione.
SA.nto DO.minatore NA.rratore SO.gnante, Gualtieri: al prossimo giochetto.
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