Rubj ~ Vero Profumo
Nell’anno in cui Vero Kern celebra i dieci anni di attività tra le spire tabaccate di Naja, ci piace l’idea di guardare, proprio come si farebbe in una retrospettiva di tutto rispetto, alle origini, ovvero a ciò che l’ha resa una delle più celebri creatrici di profumi contemporanee. Non c’è amante della profumeria artistica, che non conosca o non sia entrato in contatto almeno una volta con i tre capolavori attraverso cui il Naso di Zurigo, forse per prima, ha restituito a tutti noi la bellezza che c’è nell’indossare un profumo in estratto, anticipando, peraltro, una tendenza oggi divenuta addirittura inflazionata. Stiamo parlando di Onda, Kiki e Rubj che si offrono oggi in tre concentrazioni diverse: nati come estratti, vengono successivamente ripensati come eaux de parfum e infine riproposti in una felice via di mezzo denominata “voile d’extrait”.
Fra queste tre gemme di quella che è stata chiamata – a torto o ragione – l’Ottava Arte, ci soffermiamo su Rubj o “il mio nome è rosso”, potremmo dire facendo il verso a Pamuk. Ma anche arancione.
Il rosso e l’arancione sono infatti i due colori che il nome del profumo vuole richiamare e che Vero Kern aveva in mente quando, assorta nel suo laboratorio, cominciava a unire le note olfattive che si sarebbero fuse in questa pozione orientale e floreale. Il rosso e l’arancione, dunque: i colori che Vero associa all’energia erotica che sprigiona l’attraversamento del “Giardino Profumato” di al-Nafzawi (un po’, se vogliamo, l’equivalente mediorientale del Kamasutra). Associazione nient’affatto peregrina, visto che anche le antiche tradizioni indiane collegano, fin dalla notte dei tempi, quei colori ai primi due Chakra che presiederebbero proprio alle funzioni sessuali (nonché, il primo, anche all’olfatto!).
È dunque un profumo dedicato all’erotismo Rubj, fatto di sensazioni calde. Ma quali droghe hanno ispirato la composizione di questo filtro d’amore? Come viene immaginato questo giardino di passioni?
Innanzitutto, rigoglioso di fiori d’arancio in piena fioritura. La nota di fiore d’arancio, estremamente afrodisiaca per Vero Kern, domina l’accordo principale del profumo venendo rinforzata da una tuberosa fastosa ed elegante; la palette è poi arricchita da gelsomino egiziano e muschi.
Nella versione in estratto, che per ragioni di struttura è costruito con più base che testa, perché deve “pesare” di più sulla pelle ed avere una fase aerea meno marcata, completano la formula di Rubj, come anche quella di Onda e Kiki, note animali. Qui, in particolar modo, è stato utilizzato dello zibetto. L’estratto di Rubj, portato al 20% e prodotto secondo l’insegnamento della tradizione, si posa sulla pelle come una stilla incandescente e indolica, che offre a chi vi parla la suggestione che se il colore “rosa” avesse un odore, questo non potrebbe essere che quello di Rubj. Per la consistenza e la quantità, gli estratti si indossano col tappo riproponendoci un gesto dal piacere antico.
Le eaux de parfum, nate per soddisfare le esigenze di un mercato che desiderava versioni più leggere e che potessero essere adatte a un flacone spray, sostituiscono a quelle animali, una nota fruttata, molto significativa per Vero Kern: anche la frutta evoca infatti dei richiami erotici nell’immaginario della profumiera svizzera; tanto più che la nota utilizzata, il frutto della passione, svela inaspettate sfumature animali che vanno a compensare il ritocco apportato alla formula. Rubj in eau de parfum è un compromesso particolarmente riuscito: con l’aggiunta, rispetto all’estratto, di un poco di patchouli, il frutto della passione si amalgama con l’accordo tra fior d’arancio e tuberosa apportando quel qualcosa di più che trasporta il cuore della fragranza, al naso di chi scrive, verso tonalità più verdi, morbide e ruvide al medesimo tempo.
Infine, il voile d’extrait. Con voile d’extrait s’intende una concentrazione alta, ma inferiore all’estratto, in cui la complessità di quello si incontra con l’esigenza di leggerezza dell’eau de parfum. Anche qui la formula viene alleggerita nelle note animali senza che però venga intaccata l’immagine olfattiva originale che si conserva, ma diviene più aperta e radiosa. La sequenza delle note è più sgranata e definita: non risultano più così strettamente cucite l’una vicina all’altra dai toni gravi della base animale. La tuberosa si fa più rotonda e il fior d’arancio la va a rinfrescare. Eros, esce dall’intimità dell’estratto, gonfia il suo petto bambino e fa bella mostra di sé.
È impossibile che avvicinando il naso alle creazioni vero.profumo la mente non corra ai grandi classici dell’artigianato olfattivo, essenze oggi contornate di un’aura mitologica, ma che Vero ha potuto conoscere e indossare e sulle quali si è anche formata frequentando i corsi parigini di Cinquième Sens, sotto la guida attenta di Monique Schlienger (allieva di Jean Carles e fondatrice della scuola).
Rubj si colloca pacificamente nella scia di fragranze come Shocking di Schiaparelli e Fracas di Robert Piguet. È agli anni ’80 tuttavia che Rubj guarda, in particolare a Giorgio Beverly Hills che ne rappresenta una specie di archetipo. Sebbene abbia come cifra stilistica il mettere al centro della formula materie prime naturali, l’arte di Vero Kern sposa quella concezione della profumeria resa possibile dalla belle et grande chimie, come la chiamava Roudnitska, che pensa il profumo come composizione astratta, che non raffigura la natura, ma una forma olfattiva immateriale, prodotta da un atto creativo e intellettuale del profumiere.
Rubj non sfugge a questa logica: non è un fiore d’arancio e non è una tuberosa, ma la combinazione delle due note, che dà vita a qualcosa di nuovo, inedito e caratteristico.
Possiamo dire che raramente oggi talento, saggezza e bellezza si tendono la mano l’un con le altre come accade nella profumeria di Vero Kern?
Sì, diciamolo.
Perché è Vero.
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