Pichola ~ Neela Vermeire (Perfume Review)
Quando Neela Vermeire ha cominciato a parlarci della sua nuova eau de parfum un ricordo lontano è echeggiato. Pichola è il nome della nuova creazione ad opera di Bertrand Duchaufour, lanciata in occasione di Esxence 2015 a Milano.
Pichola è un viaggio a ritroso, dentro miriadi di fotogrammi. C’è un caldo opprimente dentro un bus affollato, odore di polvere e gas di scarico, rumori dentro, rumori fuori. Solo chi non è mai stato in India pensa che possa essere un viaggio semplice.
L’India mistica, quella dei colori, degli odori, dei sorrisi e dei millenni devi saperla cercare grattando la scorza dura dei contrasti. Solo allora trovi la calma. L’autobus viaggia spedito da un tempo che sembra incalcolabile, la testa appoggiata al finestrino sporco si appiccica al suo stesso sudore: è caduto un pezzo di occidentalità, quello che ci rende ipocondriaci ai limiti del ridicolo e già solo questo ci fa sentire un poco più liberi.
L’arresto brusco, lo stordimento del viaggio e il ritrovarsi improvvisamente fermi, dopo tanto sobbalzare, in una bus station brulicante di persone, cose, animali e poi ancora rumore, spintoni, strattoni per portarti nel più fantastico hotel con la più entusiasmante vista lago che si possa immaginare. Si resta imbambolati e sembra d’aver perso l’orientamento, di aver dimenticato dove si è giunti e perché. L’unico desiderio è spostarsi da lì, uscire da quel gorgo di persone e occhi. I piedi partono prima della testa e un istinto prende il posto della razionalità.
La polvere e i gas di scarico si fanno distanti, i passi si alternano con un ritmo ipnotizzato e l’unica volontà è trovare la bellezza sotto la crosta. Non si sa come, ma i colori di questa città sono strani, quasi surreali. Udaipur, città bianca che riflette tutti i colori del giorno e della notte e il suo lago, voluto dal maharaja Udai Singh II.
La mente inizia a tornare cosciente e i sensi si risvegliano, la vita non è più così opprimente e gli occhi beati dai colori si fanno meno bui, mentre le orecchie sono attirate da un rumore ritmico che permea tutti gli altri rumori, l’olfatto inizia a percepire, tra i fumi di spezie e cibo, un sentore indistinto e ancora lontano. Piede che segue orecchio e vista che scorge un bagliore, l’acqua del lago, troppo distante per scorgerlo bene, ora è più un tonfo ritmico e serrato. Sciabordio d’acqua e tonfi decisi.
E poi sei lì, alle spalle la città bianca che inizia a scolorire col passar delle ore, di fronte il lago Pichola, accanto il ritmo sicuro dei dobhi-wallah che lavano i panni. Hai smesso di chiederti perché dovevi arrivare fin lì, ti siedi sugli scalini del ghat, il volto si distende e gli occhi spaziano sulla distesa d’acqua e sul Lake Palace Hotel che sembra sospeso sull’acqua.
Neela Vermeire racconta che il suo nuovo profumo vuole essere la celebrazione di questo lago e del palazzo, voluto dal maharaja e ora uno degli hotel più lussuosi del mondo, ma soprattutto vuole celebrare il senso di pace serena che il lago sa infondere a chi ha la fortuna di poterlo vedere almeno una volta nella vita.
In effetti, Pichola si presenta come un fiorito-fruttato molto lontano dall’idea di un profumo ispirato all’India, è un profumo espressionista, dove gli elementi odorosi sono usati come colori e portano verso un’esperienza di calma e serenità.
L’apertura proclama subito una volontà positiva, non ci sono pensieri cupi, non ci sono storie difficili, ma il chiaro intento di riportare alla superficie liscia del lago che nei giorni di sole riflette bagliori giallo-dorati. Sono note verdi agrumate di clementina e bergamotto, quest’ultimo molto nascosto, per favorire il lato giocoso delle note della clementina che si impasta con l’olio di neroli che qui, e per tutta la proiezione del profumo, non ci abbandonerà più e non mostrerà mai il suo lato voluttuoso, ma semplicemente quello solare, aperto.
Pichola merita di essere seguito con attenzione perché le note, dichiarate in piramide, spesso sono celate, a volte difficilmente percepibili e questa è l’India che mostra di sé impressioni e subito le cambia, occorre molta attenzione, molta capacità empatica. Così è per le note speziate di cardamomo e cannella, per quelle morbide di magnolia, che si legano veloci con l’olio di neroli giusto per conferire quel tocco delicato che subito viene reso spigoloso dal ginepro e poi di nuovo arrotondato dallo zafferano, forse la nota speziata più evidente e riconoscibile.
Lo specchio d’acqua è di nuovo cambiato ed ora vira verso una luminosità innaturale che è quasi impossibile fissare, un riverbero continuo di colori che si tuffano nell’acqua, quasi che da essa possa affiorare una divinità hindu dalla pelle screziata. Ecco il cuore di Pichola che affiora, dopo molto tempo in verità, a dissimulare le note dolci fruttate con un arcobaleno di assolute che si intrecciano, rendendo difficile una percezione distinta e sicura, ma confondendo la parte razionale dell’olfatto per catturare, invece, quella emotiva. L’assoluta di fiori d’arancio ancora si fonde con l’olio di neroli rendendo burrosa la composizione per poi farvi scivolare l’assoluta di rosa e di tuberosa e un gelsomino che non ha ancora perso la sua innocenza, essenze qui utilizzate in modo così discreto da non avere il tempo di rovinare il quadro con la loro presenza ingombrante.
Nelle ore Pichola indulge ancora in morbidezza, le note verdi d’apertura ormai sono lontanissime, e si cominciano ad avvertire un tocco di ylang-ylang sapientemente dosato per ricondurre al suo sbocciare, quando, ancora delicato, il fiore ondeggia al vento non ancora saturo e la piena fioritura si sta preparando.
Le ore passano e Pichola accetta dentro di se l’imbrunire, colorandosi di note violacee quasi metalliche, mescolate col rosso e col porpora e sembra che non sia più acqua quella che ti incanta, ma braci ardenti e liquefatte. E così il profumo si adagia su una nota di assoluta di benzoino e di legno di sandalo, che qui mostra la sua anima quasi caramellata, e si dipinge di note legnose e di vetiver di Haiti a riportare la mente verso i colori del lago all’imbrunire.
Non c’è nulla di orientale, in questa creazione, e il misticismo è molto lontano. In Pichola troviamo il mesmerismo del suo lago, il cristallo che scompone la luce in miriadi di colori, la soavità di tutto ciò che resta mentre noi passiamo.
Il lago Pichola, con tutti i suoi colori e la sensazione di placida felicità sono racchiusi in questa bellissima eau de parfum che è camaleontica e muta a seconda della distanza dalla quale la si annusa e della pelle che la indossa.
Cosa svelerà di sé su di voi? Cosa vorrà raccontarvi?
Pichola ci riporta a Udaipur a quelle mura e a quell’acqua che ci ha visti passare, che ha visto i secoli riflettersi come in uno specchio, ha visto il nostro affanno e ci ha sorriso. E abbiamo sorriso.
E’ buio, ormai, in un sussurro di vento l’aria ci porta ancora l’odore di Pichola, un ricordo lontano di quel momento soave quando la mente ha lasciato il posto al cuore e i piedi hanno seguito l’orecchio, che ha seguito l’occhio, che ha seguito l’olfatto.
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