Non sono più sicuro di niente, adesso posso tornare a casa. Meo Fusciuni
Dalla Valle del Dades fino a Marrakech
“Ultima pagina del diario”
I giorni sono passati, come passa la stagione delle rose in maggio.
L’entusiasmo lascia il posto alle riflessioni, alla nostalgia di situazioni, incontri ed emozioni; il caldo si fa sempre più forte qui nella valle e osservando i campi mi accorgo di come questa volta la buona sorte ci abbia assistito, siamo arrivati nel momento che sta tra il cuore e la fine della raccolta, oltre non avremmo visto nulla. Neppure un fiore.
I passi adesso si fanno veloci, nel tempo che ci rimane stiamo vivendo la terra, il suo enorme splendore: le Gorges du Dades e del M’Goun, la valle che porta alla Kasbah di Telouet; lo sguardo berbero di ogni incontro; il tutto con due compagni di viaggio, il sole cocente e il silenzio tra noi, ognuno tra i suoi ricordi.
Adesso sulla via che porta verso la città, dove mi dicono il caldo è arrivato a quarantadue gradi, rimango a pensare, provo a ricordare il perché ho voluto fare questo viaggio e cosa dovessi portare via con me, non mi ricordo, non penso d’esser più sicuro di niente.
“Mi chiedo che colore abbia il filo che lega la mistica a questo viaggio“. Vengo risvegliato da un’onda di calore vorace, è l’ora di punta nella piazza di Marrakech. Attraversiamo a piedi, sono stanco, tutto è pesante, il viaggio di ritorno è stato lungo e faticoso, ogni odore che vorticoso mi assale senza avviso mi stordisce. Il corpo sfiancato si lascia cadere, in un sonno lungo e privo di ricordo.
“Viaggiare serve a rompere i lacci e a rafforzare gli animi”
(mistico sufi)
Al risveglio Marrakech non è meno cocente, ma il mio corpo ha più forze. Come un rito ogni ultimo giorno qui in Marocco passo il tempo in un hammam popolare e mi chiudo in me. Adesso esco dal brulichio del suono esterno. Adesso entro nel silenzio delle lacrime del corpo. Lascio le braccia cadere nel marmo bianco e lo sguardo fisso nello spiraglio di luce, in alto, dove il caldo vapore sale. Immagino questo luogo come un distillatore in corrente di vapore, dove le nostre memorie essudano pensieri e ricordi, verso l’alto.
Provo a risentire, a lasciar parlare la mia memoria: “il suo profumo è vibrante al mattino, ascolto le note verdi e dolci del suo corpo, la sua esistenza tra le mie mani. Non riesco ora a pensare compagni accanto a lei, ma in quel labirinto naturale sentivo le note del narghilè turco e gli incensi della medina, la polvere rossa della kasbah abbandonata e i legni bruciati per scaldare il te. Il calore del sole e delle mie mani rende narcotico il suo profumo, sempre più caldo, profondo. Mistico”.
Ormai devo scrivere le ultime righe di questo viaggio, mi emoziona farlo, mi mancherà, passeremo le ultime ore tra la gente, nel cuore della medina, nel calore di Jemaa el-Fna, teatro odoroso di un luogo unico. Volevo raccontare il mio viaggio, volevo vivere con voi le mie emozioni, era questo il mio scopo e vi ringrazio per avermi ascoltato. Il colore del filo mistico lo troverò nella memoria di questo viaggio.
Adesso posso tornare.
“Il mio cuore, ogni mio passo, di questo cammino che dura una vita, lo dedico a lei, unico vero sostegno del mio percorso.
A Federica, Shukran”
Meo
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