Montecristo ~ Masque
Lanciato alla fine del 2013 come Atto I – Scena II del progetto/opera Masque, Montecristo tiene fede al principio fondante della giovane maison milanese di rivolgersi di volta in volta al Naso più indicato a interpretare lo spirito di ciascuno dei jus che compongono la sua collezione di profumi/atti.
Questa volta Alessandro Brun e Riccardo Tedeschi si sono avvalsi della collaborazione di Delphine Thierry, Naso di Grasse con una lunga esperienza alle spalle, dapprima presso importanti case profumiere internazionali poi dal 2007 come freelance, già nota agli appassionati di profumeria artistica per alcune pregevoli realizzazioni per Lubin e Majda Bekkali, tra gli altri.
Lo scenario è l’interno di un casale nella campagna toscana, presso il tramonto, e il comunicato ufficiale recita così:
“Intorno a te l’ambiente caldo e rassicurante del vecchio salotto del casale toscano. Le larghe pareti, imponenti e solide fatte col mestiere di una volta. Il pavimento di vecchio legno vissuto. Nobili assi robuste e fiere, che non nascondono i segni del tempo. Il grande camino, con le braci ancora roventi. Il comodo divano di pregiata pelle, frutto dell’esperienza delle migliori concerie fiorentine, un tempo compatta e dal colore deciso, ora sfumata e ammorbidita dall’uso. Il mazzo di carte usato abbandonato sul tavolino. Le foglie di tabacco del sigaro arrotolato a mano. Un bicchiere di rum.”
Da queste premesse è lecito attendersi una fragranza calda, accogliente e legnosa, dai toni “country” e dalle nostalgie autunnali e una rapida occhiata alla piramide olfattiva sembrerebbe confermare questa suggestione, con la presenza di legni, diverse resine sparse tra cuore e coda, foglia di tabacco e rum. Tutto vero, più o meno, ma c’è dell’altro, molto altro.
Infatti fin dalla partenza si viene colpiti da un vero e proprio schiaffo di aromi decisi che non hanno niente di country e soave e che piuttosto dichiarano da subito la vera indole di Montecristo, una fragranza che pur nella sua raffinatezza è clamorosamente e gloriosamente ANIMALICA.
Responsabili di questo carattere deciso sono alcune note aromatiche che la Thierry ha disseminato qui e là lungo la piramide del jus, a cominciare proprio dalla fase di testa dove accanto ad una rassicurante e protettiva nota di rum che è in piena sintonia con la descrizione della fragranza e all’insolita cabreuva, una pianta del Paraguay da cui si estrae un pallido olio essenziale dal tenue bouquet legnoso con accenni floreali, ha piazzato i semi di ambretta per introdurre nella fragranza i primi effluvi muschiati e animalici, dal sentore appena metallico.
In questa strana ma seducente apertura si insinuano presto le note di cuore a partire da una bionda foglia di tabacco molto morbida e mielosa che ben si fonde con il rum. Segue poi un accordo carico di resine odorose di cisto e benzoino e qui è bello e molto raffinato l’uso che Delphine Thierry fa dei semi di sedano impiegati con i loro toni verdi e asciutti per stemperare questa mole di resine e note animaliche ed evitare alla fragranza di appesantirsi troppo. Ne risulta una fase di cuore molto affascinante che perde parte dell’aggressività iniziale e si avvicina allo scenario suggerito dalla descrizione.
Ma c’è ancora qualcos’altro che sobbolle in questo pregevole calderone, la nota che più di tutte caratterizza Montecristo in tutta la sua evoluzione, avvertibile fin dalla partenza del jus benché dichiarata nelle note di coda ed è quella che in piramide viene definita come “Golden Stone”, che dopo accurata ricerca abbiamo convenuto essere l’hyraceum, o Africa Stone. Si ricava da fossili pluricentenari dei resti urinari cristallizzati degli antenati di un piccolo roditore diffuso in Africa e nel Medio Oriente, l’Irace appunto, e da vita ad una nota molto animalesca e sensuale che combina note di musk, castoreum e civet con accenti di tabacco e agarwood e suggestioni di cuoio. Ha la consistenza di una pietra dura e pesante che viene polverizzata e sciolta in alcol puro, per questo il suo impiego è ancora consentito in profumeria, essendo prodotta senza infliggere crudeltà sugli animali.
Proprio l’irace, unito in coda a legno di cedro e guaiaco, storace e a un patchouli molto scuro e terroso, caratterizza e conclude il lungo viaggio di un jus che cammina sempre pericolosamente vicino al limite di una carnalità corpulenta e sporca senza sconfinare mai nell’eccesso o nella provocazione. Va da sé che il sillage è potente e la longevità tenace, una regola non scritta ma sempre seguita in casa Masque.
Sarà colpa delle (lontane) fantasie giovanili dello scrivente ma l’esperienza sensoriale vissuta indossando Montecristo, almeno in questi caldi climi estivi, più che bucolici scenari country o folk riporta alla mente l’apparente pacatezza di una ballad come Hedonism degli Skunk Anansie, dove la sensuale tensione animale della cantante Skin, pantera per antonomasia del rock degli ultimi 20 anni, ribolle costante senza mai esplodere, tenuta a freno dalle sapienti note della sua band in un’alchimia di suoni e parole epica e perfetta.
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Magnifico! Per me è un capolavoro! Se tutti i profumi potessero entusiasmarmi allo stesso modo di Montecristo sarei un uomo felice, purtroppo passo da una delusione all’altra. Ogni stagione è sempre più difficile trovare creazioni dalla forte personalità e che siano un piacere indossare. Purtroppo, i profumi di oggi o sono insulsi oppure puzzano!
Sono pazza di questa fragranza!