Manguier Métisse ~ Huitième Art Parfums
Se la profumeria sia o meno “arte” è un annoso dilemma che, se non prima, ha forse già origine dalle riflessioni di Roudnitska sul mestiere di creatore di profumi ed è la questione che infiamma di più gli animi di chi proprio non si dà pace nel veder negato alla propria passione lo statuto artistico. Ciò a maggior ragione da quando la profumeria “di nicchia” ha cambiato il suo nome in profumeria “artistica” e, in particolar modo, se di quella passione ne è stato fatto un mestiere.
Non saremo certo noi, né qui né ora, a rispondere a questo interrogativo che, probabilmente, è destinato a rimanere insoluto come sono fatalmente destinate ad esserlo tutte le grandi domande.
Ci piace, tuttavia, ricordare che, tra coloro che si sono maggiormente spesi nel sostenere una risposta che propendesse per il sì, Octavian Coifan, uno dei critici e storici del profumo più stimati ed apprezzati degli ultimi anni, si spinse addirittura a conteggiare la profumeria come l’ottava tra le arti del canone.
In onore di Coifan, che spese sempre parole di enorme apprezzamento per il suo lavoro, Pierre Guillaume intitolò all’ottava arte una delle collezioni prodotte dal suo vulcanico ingegno. Ci riferiamo a Pierre Guillaume – Huitième Art Parfums, collezione di cui abbiamo già avuto modo di parlare su queste pagine e di cui oggi andiamo ad incontrare Manguier Métisse.
A leggere come si chiama la fragranza, il pensiero cede alla tentazione di immaginarsi una composizione dominata dai succosi toni dolci e freschi di un cestino di frutta esotica; ma manguier, in francese, è la parola che denomina il mango inteso come albero; ed infatti ciò che ha guidato la mano del profumiere di Clermont Ferrand è stata l’intenzione di creare un’allegoria olfattiva della corteccia dell’albero del mango.
Le prime note che Manguier Métisse offre a chi vi si avvicini sono i toni solari richiamati da quegli accordi floreali che insistono sull’aspetto salicilato dei fiori bianchi. Quasi contestualmente emerge, però, un costrutto legnoso in cui si distingue chiaramente del patchouli accompagnato da una nota di rosa e da quella di foglie di tè nero che ne attutisce i toni terrosi conferendo alla scorza di un mango fresco, la cui ricostruzione si è cercato di vestire nel modo più naturale possibile, una venatura aromatica ma delicata, dal sapore vagamente linfatico.
A ciò si aggiunge il penetrante calore di un fragrante e sontuoso frangipani che va a completare ed ad impreziosire una formula già di per sé accattivante. È un profumo radioso quello lanciato da Guillaume nel 2010 sotto il marchio Huitième Art Parfums. Delicato ma intenso, tenace sulla pelle e soffusamente sensuale.
Fa pensare ad una bellissima donna dalla pelle dorata, vista di spalle, che si allontana a piedi nudi sulla battigia di una spiaggia tropicale, in una giornata di sole e col vento che le scuote una lunghissima veste di lino, bianca come la spuma dell’onda, in uno scenario in cui il mare si confonde con l’azzurro del cielo.
Si tratta di una fragranza dalle tonalità molto calde, ma congeniale all’estate per via della tavolozza di colori scelti dal profumiere francese per questa invitante miscela che, sotto la serica superficie di fiori bianchi scaldati dal calore della sabbia rovente, svela un raffinato ricamo di materie prime che esulano dal novero delle più comuni essenze che compongono la paletta della maggior parte dei profumieri. Come d’altra parte è d’abitudine osservare quando ci si avvicina all’arte di Pierre Guillaume che ormai, da tempo, ci ha fatti suoi viziandoci al bello.
Dalla primavera 2017, come tutte le fragranze della collezione, Manguier Métisse si presenta con due flaconi dal design differente: in ceramica, nella variante Cyclope, per chi ama collezionare profumi dal pack inusuale, e nella versione squadrata e spigolosa della bottiglia Shadow, più classica nel disegno, ma caratterizzata da un’ innovativa fusione di vetro colorato e ceramica.
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