Luca Maffei e il Patchouli
Una materia prima descritta da chi la mette tutti i giorni sotto il naso, la lavora e la trasforma in fragranza da indossare.
Luca Maffei – Naso di Atelier Fragranze Milano e creatore per Laboratorio Olfattivo, Perris Monte Carlo e JUL ET MAD – racconta il patchouli.
– Cinque aggettivi per descrivere aromaticamente il patchouli.
Intenso. Profondo. Umido. Narcotico. Gourmand (con una punta di cacao).
-Quali sono i difetti e le qualità di questa materia prima?
Il patchouli è sicuramente una materia prima molto duttile, utilizzabile sia nelle fragranze maschili che in quelle femminili, ma anche in fragranze perfettamente unisex. È classificato come legno umido per il suo sentore e la sua origine nei climi tropicali come l’Indonesia (maggiore paese produttore) o il Madagascar. Questa sua natura olfattiva è in grado di offrire una sfumatura calda ed avvolgente alle note di fondo.
I difetti di questa materia prima possono essere la nota di testa pungete (a causa della presenza di elementi canforacei tra i suoi componenti) che se non bilanciata può rendere dura la sua caratteristica olfattiva. Altro difetto un po’ più tecnico è la presenza di ferro all’interno del suo olio essenziale che può dare origine a fenomeni di fotosensibilizzazione a contatto con altri elementi. Per questo motivo si preferisce usare versioni del Patchouli definite Light o Clear.
– Esistono materie prime di sintesi che possono sostituirlo?
Sì, ci sono diversi prodotti di sintesi che possono sostituirlo o singole molecole contenute all’interno dell’olio essenziale, come ad esempio il Patchone o il Patchouli alcohol, molecole principalmente responsabili dell’odore caratteristico del patchouli. Personalmente trovo che la più interessante sia il Clearwood, un innovativa molecola di sintesi di Firmenich che richiama fortemente l’odore del patchouli, ma senza la componente canforata particolarmente marcata. La nota legnosa avvolgente tipica dell’olio risulta più “pulita”, consentendo così anche un utilizzo ad alti dosaggi.
– In quale delle sue creazioni ha ritenuto assolutamente indispensabile l’impiego del patchouli? E perché?
Amo molto utilizzare il patchouli negli accordi oud per contrastare la sua nota animalizzata ed esaltare invece la profondità e l’intensità della nota legnosa. Direi quindi che sicuramente in creazioni come Oud Imperial di Perris Monte Carlo e Garuda di JUL ET MAD PARIS l’utilizzo del patchouli è stato fondamentale.
Non bisogna in ogni caso trascurare il fatto che nella storia della profumeria l’impiego del patchouli è stato fondamentale per la creazione di famiglie olfattive rivoluzionari – Chypre e Orientale; per non parlare di due capolavori della profumeria moderna che gli amanti del patchouli non possono non conoscere – Angel di Thierry Mugler e Patchouli di Reminiscence. Il patchouli è un tema olfattivo che sta tornando prepotentemente e sul quale anch’io sto attualmente studiando nuovi accostamenti, mai sperimentati prima.
– Qual è la varietà più sorprendente e bella con cui ha lavorato finora?
Più che una particolare qualità mi ha sorpreso una particolare lavorazione. Le distillazioni molecolari, il cosiddetto Patchouli MD, infatti, depurate dalle parti terpeniche risultano più morbide e sono in grado di esaltare le note fiorite donandole molto più carattere, magari in un bell’accordo chypre moderno!
– Quali sono le materie prime/note/molecole che si armonizzano meglio con il patchouli, quali quelle che non ci vanno d’accordo?
Alcuni agrumi frizzanti come il limone o il bergamotto, fiori come la rosa, il gelsomino, note dolci come la vaniglia o resine come il benzoino, legni come il sandalo o il cedro. Più difficile magari armonizzarlo con note narcotiche come la tuberosa o con molecole muschiate. In ogni caso non bisogna dimenticare che nel mondo della profumeria nessun accordo è irrealizzabile ed è sempre una sfida e un piacere per il profumiera trovare nuove piste olfattive.
– Cosa rappresenta per lei il patchouli da un punto di vista puramente simbolico? A quale idea, pensiero o ricordo lo associa?
Sicuramente il patchouli è un simbolo degli anni ’70, della rivoluzione giovanile del periodo hippie e dei figli dei fiori. È sempre stato associato ad un’idea di libertà e di animo selvaggio. Per primo ruppe gli schemi classici ponendosi come nota intensa utilizzata sia dalle donne che da uomini. Personalmente associo l’odore inebriante del patchouli al ricordo olfattivo delle piantagioni visitate in Indonesia e in Madagascar quando cogliendo le foglie fresche e sfregandole tra le dita rilasciano il loro sentore caratteristico.
Si ringrazia per la collaborazione Salvatore Giampino e Anna Volpi.
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Una domanda al sig. MAFFEI. Come mai non riesco a trovare il vero Patchouli dei figli dei fiori negli anni 60? Per caso lei conosce le note di testa, cuore e base? Ricordo che era molto forte ed aveva quel odore canforato che ame piaceva molto. Le sarei grato se mi aiutasse
Mi unisco al sig. Maurizio nella ricerca del patchouli anni ’60 /70 attendo risposta al quesito grazie andrea