L’Incenso. Un’invocazione fragrantica rivolta agli dei
“La fenice [NdA]… si ciba non di frutta o di fiori, ma di incenso e resine odorose. Dopo aver vissuto cinquecento anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s’abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi […]”
(tratto da Le Metamorfosi di Ovidio)
L’incensum dei Romani, in inglese frankincense, chiamato anche olibano, per gli ebrei conosciuto come lebonah, l’incenso simboleggia la divinità di Cristo e rappresenta uno dei tre doni, insieme ad oro e mirra, che i Magi offrono a Gesù di Nazareth. La fumigazione della resina, legata al culto degli Israeliti, rappresenta ancora oggi una ricca valenza simbolica, anche nella liturgia cristiana ma soprattutto nella Chiesa di oriente.
Le sue prime tracce risalgono al VI secolo a.C. a Eilat, antica città in Israele, dove fu trovato all’interno di alcuni reperti archeologici. La resina era commercializzata attraverso la Via dell’Incenso che da Shabwa, nell’odierno Yemen, arrivava al porto di Cana dove proseguiva per l’Oriente, oppure percorreva le montagne e i deserti di tutta la penisola araba per giungere a Petra dove, la preziosa sostanza, veniva smerciata, a prezzo d’oro, nell’Occidente. Nella capitale della Nabatea furono recuperati molti unguentarium, vasi di ceramica caratteristici in cui era bruciata la resina, molti dei quali furono poi rinvenuti anche nei Balcani e in Europa, testimoni del forte commercio sia della materia prima, sia di oli e profumi importati. La sua preziosità creò molte leggende immaginarie, una tra le quali quella di Erodoto scritta nel terzo libro Le Storie sulla Persia, il quale asserisce che gli alberi erano custoditi da serpenti alati di vario colore e solamente i fumi di storace potevano allontanarli. Nell’antico Egitto era utilizzato non solo dalle donne per la preparazione del kohl – molto simile all’attuale kajal – un unguento con il quale si coloravano le palpebre, sfruttando anche l’azione antisettica della resina per prevenire eventuali infezioni oculari, ma anche per la preparazione del kyphi, insieme a cannella, miele, vino, ginepro e molte altre piante, che era bruciato tre volte al giorno in onore di dio Ra, per implorarne il ritorno.
Nella medicina indiana viene sfruttato per la sua azione antinfiammatoria e come inibitore della produzione di anafilotossine durante le crisi allergiche severe, grazie all’acido boswelico in esso contenuto. Dal punto di vista mentale l’incenso ha un valore assoluto: rappresenta l’elevazione dell’uomo verso il divino.
La prima descrizione sommaria dell’albero viene riportata da Teofrasto, che ci descrive l’albero come “non molto alto, grande circa cinque cubiti, frondoso, con foglie simili a quelle del pero e dalla corteccia liscia”.
L’incenso è prodotto dal lattice che fuoriesce dalla corteccia, dopo essere stata incisa, di varie specie di boswellia, pianta appartenente alla famiglia delle Burseraceæ, in particolar modo boswellia sacra, b. carteri o frereana e b. thurifera. Dopo alcune settimane la sostanza coagula sottoforma di gommoresina che viene raccolta e conservata in forma di granuli, dai quali si ricavano una assoluta, un resinoide e un olio essenziale. L’absolue che solitamente, come prodotto, rappresenta la sostanza estratta direttamente dalla materia prima in alcol etilico, in realtà è ricavata passando attraverso il resinoide sciolto in etanolo, congelato, per eliminare eventuali impurezze, poi disciolto in alcol, previa evaporazione del solvente.
L’assoluta, densa e dal leggero colore ambrato, risulta nelle prime note particolarmente fruttata, per poi divenire fresca e dal sentore balsamico, verde, molto persistente. Il resinoide prodotto sciogliendo la gommoresina in benzene, ha un’ottima resa, ma purtroppo, data l’intensa colorazione arancio scura, non può essere utilizzato in ambito profumiero, anche se rappresenterebbe un ottimo fissante.
L’olio essenziale, ottenuto per distillazione in corrente di vapore della materia grezza, presenta una colorazione giallo pallido e olfattivamente assume ancora maggiormente quella connotazione fruttata e citrata già presente nell’assoluta; fresco e terpenico ha un carattere dolce-legnoso dal caldo sottofondo balsamico.
L’essenza di olibano risulta essere composta da molte sostanze chimiche, alcune odorose e altre meramente curative: acidi triterpenici pentaciclici, principalmente acido beta-boswelico, acido acetil- boswelico, acido acetil-11-cheto-beta boswelico e acidi triterpenici tetra ciclici, terpenoli, monosaccaridi, acidi uronici, steroli, flobafeni, α-pinene, cadinene e fellandrene.
La complessa spiritualità dell’essenza è assolutamente da riscoprire nelle composizioni seguenti:
Messe de Minuit di Etro, freschi agrumi per un’apertura frizzante, addolciti da miele, vengono coinvolti in una danza vorticosa che affonda nelle verdi note di galbano, labdano, calda cannella, patchouli e ambra; Full Incense di Montale, nota grezza di incenso di Somalia smussata da elemi e resina di labdano, su una base di patchouli; Encens et Lavande di Serge Lutens, un semplice binomio in cui si fonde l’intensità delle immense coltivazioni che si perdono a vista d’occhio dei “lavandin” con la profondità sacra dell’incenso; Cardinal di Heeley, nelle prime note di pepe nero e aldeidi fanno spazio a labdano e incenso per congiungersi ad una base di vetiver, ambra e patchouli; Encens et Bubblegum di Etat Libre d’Orange, dolcezza e soavità di frutta e fiori: pesca, lampone, giglio, fiori d’arancio e una goccia di vaniglia dal sottofondo più corposo di muschio e incenso; Bois d’Encens di Armani Privé, un richiamo alla forza della pietra vulcanica di Pantelleria, attraverso incenso, legni e spezie; Kyoto – Incense Series di Comme des Garcons, memoria del bosco attraverso cipresso e legno di cedro intrecciato a stimolante caffè, teak e una base aromatica di patchouli e ambra; Passage d’Enfer di L’Artisan Parfumeur, una dolce mescolanza di legni, muschi e incenso per riscaldare l’anima; Bois d’Ascese di Naomi Goodsir Parfums, una fragranza dal forte potere evocativo di tabacco, whiskey e legno di cedro “smoked”, arrotondato da cannella, muschio di quercia e incenso; Wazamba di Parfums d’Empire, un richiamo alle terre d’Africa: incenso di Somalia, mirra del Kenya, cipresso del Marocco con un tocco di sandalo indiano, resina di abete e buccia di mela che dona una nota goumand alla creazione; Spiritus Land di Miller et Bertaux, dall’iniziale impronta speziata di pepe, cardamomo e zenzero si passa ad una rosa che risplende immensamente fiorita nel cuore della fragranza congiungendosi ad una base “dry” di tabacco, incenso e lentisco.
Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d’alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
(tratto dal Cantico dei Cantici di Salomone)
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Una stupenda ambra incensata è Amber Absolute Tom Ford….Sublime fragranza…
Buone feste profumate a tutta la redazione di Extrait!
<3
Ho tantissimi grani d’incenso che vengono direttamente dall’oman e ne vorrei fare un profumo. Come posso usarli? Posso scioglierli nell’alcool buongusto (quello che si usa normalmente per fare i profumi fatti in casa)? Non ho un distillatore. Posso invece scioglierli in un olio e farne un olio profumato? Olio di mandorle o jojoba?
interessantissimo l’articolo. Grazie
Ciao Susanna, che materiale prezioso! Il metodo più semplice è solubilizzare l’incenso in alcool, anche se questo procedimento richiederà tempo ma con un po’ di pazienza otterrai una nota profonda che ricorderà la terra dalla quale proviene. Grazie del commento e continua a seguirci.
Buon fine anno!!!