L’Impero del Profumo Giveaway. Partecipa e Vinci Parfum d’Empire
Nonostante siano passati diversi mesi dall’ultimo giveaway, non abbiamo perso la voglia di viziarvi con profumi raffinati e collezioni pregiate. E infatti L’Impero del Profumo Giveaway è dedicato ad un nome glorioso della profumeria artistica, Parfum d’Empire, il marchio francese fondato nel 2003 da Marc-Antoine Corticchiato che racchiude nelle sue fragranze nobili miscele di oli essenziali, materie prime onorate e adorate dalle civiltà antiche, essenze rare agognate dai maestri profumieri di sempre, ingredienti ricercati per le loro proprietà magiche ed erotiche.
Splendide creazioni che abbiamo voluto condividere con voi con un sample set che raccoglie ben 12 fragranze della collezione.
Eccole nel dettaglio:
Eau de Gloire: un Aromatico Legnoso che evoca gli arbusti della macchia corsa, ripercorrendo il cammino degli imperi attraverso il mare nostrum.
(Note: anice, macchia corsa, lavanda, liquirizia)
Eau Suave: un Chypre rosato che evoca sensualità, attraverso i sentori preziosi dei giardini di rose de La Malmaison, la residenza di campagna di Napoleone.
(Note: lampone, rose fruttate, rose speziate, rosa tea, vaniglia)
Ambre Russe: un Orientale inebriante che evoca l’opulenza di un ricevimento alla corte dell’ultimo Zar di Russia.
(Note: vodka, champagne, ambra grigia, cuoio, incenso)
Iskander: un Chypre fresco e delicato che celebra il rito del bagno termale nell’antica Grecia.
(Note: cedro, pompelmo, dragoncello, muschio di quercia)
Cuir Ottoman: un Cuoio intenso che emana tutto l’erotismo dell’hamman ottomano.
(Note: iris, cuoio, vaniglia, fava tonka)
Osmanthus Interdite: un profumo Fruttato Muschiato che evoca i sentori dei giardini della Città Proibita di Pechino.
(Note: tè cinese, osmanthus, rosa, gelsomino, muschio)
Equistrius: un Iris Legnoso che esprime maestosamente tutta la forza del giaggiolo attraverso tre estratti fiorentini che guidano la fragranza.
(Note: iris, ambretta, sandalo, ambra grigia)
Fougere Bengale: un Fougère costruito su un cuore di tabacco biondo. Le sue note calde e selvatiche narrano la celebre caccia alla tigre nella giungla del Bengala.
(Note: lavanda, tabacco biondo, fieno, vaniglia)
Yuzu Fou: un Agrumato Verde che parla del Giappone del XXI secolo, dove la natura si integra armoniosamente con l’ambiente urbano…
(Note: yuzu, kumquat, lime, bambù, muschio bianco)
Aziyadé: un Orientale Fruttato creato per l’anniversario di Parfum d’Empire che rappresenta la quintessenza dei piaceri erotici e degli eccessi delle grandi civiltà.
(Note: melograno, spezie, dattero, mandorla, rosa)
3 Fleurs: un profumo che celebra tre fiori simbolo dell’amore nelle grandi civiltà.
(Note: rosa, tuberosa, gelsomino)
Azemour: un profumo paesaggistico che rivela tutte le sfaccettature dell’arancio ed evoca l’affascinante regno del Marocco con le sue dune, le erbe selvagge, gli aranceti…
(Note: arancia, pepe nero, fiori d’arancio, rosa, hennè)
Quanti potranno mettere il naso sul sample kit di Parfum d’Empire? Solo 15 di voi!
Cosa dovete fare per essere tra i 15 fortunati? Ovviamente, tirare fuori la fantasia e farci sognare!
Per portarvi a casa le 12 fragranze di Parfum d’Empire vi chiediamo di scrivere un breve ma emozionante racconto ambientato in un ipotetico Impero del Profumo.
I migliori 15 racconti saranno selezionati dalla redazione di Extrait e si porteranno a casa il sample kit di Parfum d’Empire.
Le modalità di partecipazione sono sempre le stesse:
– aiutate con un like questa iniziativa o condividetela sulla vostra pagina Facebook
– lasciate il vostro testo (firmandovi con un nickname) nel box dei commenti
IMPORTANTE: Per confermare la vostra partecipazione al giveaway inviate una mail con oggetto L’Impero del Profumo Giveaway a info@extrait.it comunicando nome/cognome/indirizzo e nickname con il quale avete postato il racconto.
L’Impero del Profumo Giveaway termina Domenica 29 Giugno alle ore 24.00. I nomi dei vincitori saranno pubblicati Giovedì 3 Luglio.
Ai blocchi di partenza…
Pronti…
Sniff!!
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bello
La principessa Anna adorava passeggiare dopo colazione tra i filari di lavanda. Sfiorava con le sue mani bianche ed affusolate i rami fioriti per poi annusare estasiata le dita profumate. Ricamava sacchetti di lino finissimo e li riempiva di fiori essicati che poi regalava alle sue amiche più care, perché lei era così: una principessa dal cuore semplice, amata dai suoi sudditi anche perché figlia di un Re illuminato che amministrava il piccolo staterello di Lavandula, nel cuore della Provenza, come il migliore dei padri per i suoi cittadini e non certo come un ottuso tiranno. Una brutta mattina però la principessa non uscì per fare il suo solito giretto nei campi violetti. Si diffuse nel regno la triste notizia che era stata colpita da una feroce malattia che, a detta dei migliori medici, non le avrebbe lasciato che qualche giorno di vita. Fu chiamato per un consulto anche un giovane infettivologo, che appena vide la bionda fanciulla pallida sul suo letto se ne innamorò all’istante. Cominciò a parlarle dell’Africa, del suo anno passato a curare volontariamente i bambini di un villaggio in Sierra Leone, dei sorrisi di riconoscenza ricevuti che lo avevano arricchito molto più di quanto avrebbe guadagnato con qualsiasi onorario esorbitante. Anna cominciò a sognare di potersi rendere utile e si disperò ancor più per il fatto che la vita la stava lasciando. Iniziò a piangere ed il giovane medico, perdutamente innamorato e terribilmente rattristato le diede un bacio sulla fronte e la abbracciò per consolarla, per trasmetterle un sentimento che anche per lui era nato intenso ed inaspettato come un fulmine a ciel sereno. Non so se fu un “miracolo d’amore”, ma la febbre svanì all’istante e da lì ad una settimana Anna e Francesco partirono alla volta del Congo. Chiamò alcuni dei maestri profumieri che lavoravano nelle fabbriche di profumo del suo Regno per aprire una piccola distilleria artigianale di profumi. Le donne del posto impararono presto e nel giro di un anno tutte le maggiori case profumiere acquistavano da quel piccolo ma organizzato laboratorio molte delle essenze base per le loro fragranze. Il villaggio dove si erano trasferiti fu chiamato da allora “L’impero del Profumo” e la dolce Anna con Francesco, che aveva fondato un piccolo ambulatorio per curare la gente del posto, vissero per sempre felici e contenti.
Jasmine passeggiava lungo il sentiero del palazzo ; i suoi sensi erano avvolti da un leggiadro profumo di sandalo e gelsomino che le riportavano alla memoria il ricordo di una persona speciale… La sua adorata mamma, la persona che più l’aveva amata e coccolata, ma che l’aveva lasciata troppo presto. Un meraviglioso e sontuoso gelsomino era il suo castello della memoria .il fiore preferito di mamma e proprio da qui lei aveva tratto ispirazione per il nome della sua piccolina. Jasmine si rifugiava nei ricordi, chiudeva gli occhi… annusava i fiori…toccava le piccole foglie sottili e il ricordo della sua mamma diventava più tangibile. Adorava quel nido di profumi e sensazioni. Vicino al suo gelsomino il tempo non passava più … O meglio volava!!!!!
Da lontano una voce “Jasmine ….Jasmine …”
La piccola del palazzo si era di nuovo nascosta e tutti la cercavano.
Una grande mano calda le accarezza la fronte… E’ papà …lei stacca un rametto , lo porta con se’, nel suo cuore…poi corre nei corridoi di palazzo col suo dolce papà …a domani mammina… Il tuo profumo è’ nell’anima .
In ascensore, guardo lo skyline attraverso i vetri mentre scendo per inoltrarmi ancora una volta tra quei vicoli che mi immergono in questa contradittoria civiltà, elegante, fatta di costumi, abitudini e profumi, l’odore aspro e soave, ancora contraddizioni..dolcissime, e proprio quell’odore mi guida verso un giardino e lì mi immergo,ormai madida, in quel sentore di note straordinarie: yuzu fou….e poi luci inebrianti e ancora qui. Sayonara….
Era nelle regioni più oscure e remote dell’Impero che questa notte si sarebbe celebrato in segreto l’ennesimo rito, pianificata l’ennesima strategia, candidati gli ennesimi uomini destinati a morire in nome della libertà. Vivevano qui popoli riottosi, genti tra le quali la ribellione e il desiderio di secessione non si erano mai assopiti, una terra dove sotto mucchi di cenere ardeva sempre una brace impercettibile. L’annessione all’Impero era stata combattuta con eroismo, il nemico colpito sempre a volto scoperto in una solida comunione di fratellanza e patriottismo. Ma la guerra ha un unico volto ed è un volto bagnato di sangue, la bocca spalancata dalla quale escono urla e frasi senza senso. Nulla si poté: l’Impero ebbe la meglio, i ribelli furono decimati con crudeltà inaudita e i sopravvissuti schiacciati e costretti a vedere la loro terra lacerata dall’artiglio dei nuovi padroni. E tutto questo per conquistare quel luogo particolare, quel suolo particolare dove spontaneamente cresceva la più opaca, la più timida, la più pallida pianticella rappresentante del genere Polianthes. Ma il suo fiore, quello, sprigionava un profumo capace di inebriare come una carezza divina e altrettanto pericoloso: quel profumo aveva il potere in dosi eccessive di strappare l’anima e consegnare il corpo a un sonno senza fine. Aveva il potere di uccidere.
Era accaduto mesi prima: una delegazione dell’Impero ne testimoniò personalmente l’efficacia. In quella terra ribelle dalle leggi severe, una giovane madre rea di infanticidio veniva condannata alla pena capitale nel più curioso dei modi: incatenata sul fondo di una cisterna e sepolta sotto una pioggia di petali del fiore dal profumo fatale. Perse i sensi e dopo pochi istanti morì. Gli ambasciatori fecero ritorno alla Capitale con enorme soddisfazione: avrebbero potuto comunicare all’Imperatore che là si trovava la più potente e la più micidiale delle armi: il profumo della Morte.
Quando finiscono le primavere?
Quand’è che le vedi correre sul calendario e non ti riguardano più?
Tumultuosa, impulsiva, appassionata, timida e altera in conveniente alternanza, LEI che ora come non mai sente vivida l’immagine di se stessa che scende le scale polverose, compiere il rito quotidiano che la porta da LUI, il Sultano. Nella folla per mescolarsi, nell’andirvieni di genti che compiono le quotidiane faccende, muovendosi come guidati da schemi noti, come api in opera eseguire geometrie invisibili. Nessuno ha sguardi curiosi al cielo;GLI OCCHI NON SON POI COSì FONDAMENTALI, sembrano piuttosto assopiti nel personale disincanto, tra la familiarità e la spossatezza che solo il clima furente di questo Impero sà dare.
Era sempre all’ora che segue il pranzo, dove l’occidente già si attiva, lì è fascia OPACA, è pausa per dedicarsi ai piaceri. Tra il tintinnio delle stoviglie da riordinare nel retro dei ristoranti, il sapone per lavare il “retrodore” del pesce nelle piazze coi mercati mattutini, la menta sui davanzali, il fumo denso di sigaro delle oziose fumerie,camerieri con vassoi di Tè,LEI và a prendersi il piacere dove non potrebbe, rischiando la vita, anzi la raccoglie tutta, la VITA,la annusa, guidata non un collage di immagini,ma da quanto il suo naso riconosce: Zencefil/Nane/Sumak/Kekik….. è come perdersi sapendo di ritrovarsi appena lo si desidera!!_________
“Da dove viene,se posso,Signora?”, domanda la donna che qui, nella Torino del 2014, Le serve il caffè ogni mattina.
“Sono turca. Sona diventata donna nell’IMPERO DEL PROFUMO”
Un fruscio attirò la sua attenzione, nascosto tra pioppi e cespugli di rose, melograno e lavanda, L’Impero del Profumo, 3 Fleurs le si aprì debolmente in mezzo a una giungla di arbusti e fiori spontanei. Entrata di soppiatto nella piccola abitazione, Amaril fu percorsa da un fremito di eccitazione che le scaldò le vene. Un aleggiare di acqua di colonia fluttuava tutt’intorno, facendole tremare le ginocchia. Inconsapevole si accarezzò con un dito il contorno delle labbra all’odore ricordato, vissuto. Muschio e spezie e miele. Paradiso.
L’atrio l’accolse e l’avvolse nella sua eleganza rigogliosa. La fontana al centro lanciava verso l’alto getti d’acqua dorata che parevano illuminati dall’interno. L’insistente curiosità s’intromise nel suo stupore, salite le scale, percorse in punta di piedi lo stretto corridoio e giunse in un sogno. Scaffali e pareti di velluto color rosso e oro partivano da terra fino al cielo, boccette di vetro stipate dai colori vivaci, liquorosi e oleosi la ipnotizzarono. Amaril beveva con lo sguardo l’intero spazio, piena di emozioni che scalpitavano per essere liberate, non si accorse dell’uomo che da un’alta vetrata l’osservava.
Occhi. Amaril sentì l’adrenalina impennarsi dentro di lei quando inseguì la vertigine, si girò lentamente e capì. L’uomo dalle cinquanta sfumature, tutte con un preciso sentore… Lime, tabacco, ambra, pepe nero, René. L’uomo che andò via una mattina di primavera lasciandole sul cuscino gocce di verità.
“Non sentivo più alcun odore senza te, Amaril” le sussurrò René. Affondò il viso nelle onde soffici dei suoi capelli e inspirò il delicato profumo di mandorla e di lei.
“Sono a casa, ora” rispose Amaril, volteggiando nel cerchio delle sue braccia.
Non serviva un banale passaporto perché si aprissero le porte dell’Impero del Profumo. Il guardiano supremo faceva entrare solo chi aveva lo sguardo che rivelava cristallina purezza d’animo. Si entrava nel giardino dei profumi proibiti solo se si era sinceri, dotati di vera bontà e bellezza interiore per ricevere udienza dal mago delle essenze e ricevere la pozione magica. Pochi erano gli eletti che avevano passeggiato nel parco dei mille fiori, che avevano avuto la fortuna di essere raggiunti dai caldi profumi del laboratorio delle mille spezie e che avevano oltrepassato il tunnel degli aromi incantati. Jasmine era povera, troppo povera per permettersi vestiti che valorizzassero le sue forme perfette, troppo timida per lasciar trapelare la sua vivace intelligenza, troppo umile per ambire a conquistare Marc. Eppure se ne era innamorata, vedendo i modi gentili con cui trattava i suoi pazienti, ascoltando qualche frammento di conversazione telefonica che tradiva il vero amore per chi soffriva, il vero desiderio di far guarire le persone. Ogni mattina lui arrivava in studio dieci minuti prima che lei finisse di fare le pulizie. La salutava con un sorriso cortese, a volte le rivolgeva la parola con giovialità e cordialità. Ma lei arrossiva, scappava con il cuore che le balzava fuori dal petto. Ora si era fatta coraggio, aveva sentito parlare di quel regno dove un potente alchimista regalava filtri d’amore. Il mago la ricevette, le sorrise, non aveva bisogno che lei gli confidasse le sue pene, i suoi desideri: al primo sguardo aveva già visto in fondo ai suoi occhi turchesi un amore sconfinato. Le consegnò una boccetta contenente essenza di lampone, rose fruttate, rose speziate, rosa tea e vaniglia. Marc al mattino successivo non la salutò con l’usuale “buongiorno!”, le si avvicinò e con dolcezza avvicinò le sue labbra a quelle di Jasmine. La abbracciò e lei nascose il suo viso nell’incavo del collo profumato di lavanda e tabacco di lui. Finalmente era a casa!
Iskander era steso privo di sensi da parecchie ore, il corpo ricoperto di tagli.
Il sole del deserto gli aveva procurato bolle, gonfiore alle palpebre e spaccature sulle labbra.
Stava morendo.
Aprì gli occhi a fatica e si guardò intorno: era solo, ma ancora cosciente. Quello stato quasi lucido gli avrebbe permesso di andarsene sereno, ricordando le passate vittorie e l’uccisione di Yuzu Fou.
Sentì il sangue delle ferite rapprendersi dietro la schiena, mentre un sapore ferroso gli impregnava il palato. Sputò più volte. La saliva ormai era un grumo denso.
Anche l’aria era diventata insopportabile: una folata rovente che a ogni respiro gli bruciava i polmoni.
Cercò di muoversi, ma il dolore degli squarci sul petto era lancinante. La vita lo stava abbandonando a un lento delirio. Sarebbe morto lontano dalla famiglia e dalla compagna, ma con la consapevolezza che la sua gente l’avrebbe ricordato in eterno per l’eroico gesto compiuto: l’uccisione del rettile e la liberazione dell’Impero del Profumo.
Le palpebre dolevano, ma Iskander si sforzò di tenere gli occhi aperti. D’un tratto gli sembrò di scorgere delle ombre nel cielo: erano i suoi compagni, che venivano a recuperarlo con i cavalli alati.
Le creature atterrarono accanto al guerriero, sollevando cerchi di polvere e sabbia, e dalla groppa di una di queste discese Aziyadé.
– Iskander, mi riconosci? – la voce tremante tradiva una certa ansia.
– Certo. Come potrei scordare il tuo volto?
– Non sforzarti di parlare e respira a fondo. Adesso ti porteremo a casa, ti cureremo e guarirai, amore mio. Poi ci potremo sposare.
– Mi sembra un ottimo motivo per recuperare le forze. – replicò in un soffio.
La ragazza gli passò dei panni umidi sul viso e sul corpo, impregnandoli con oli sacri di cedro, pompelmo e dragoncello, poi lo coprì con un telo di sottile cotone bianco per proteggerlo dai raggi del sole. Sentì che l’uomo, in qualche attimo di incoscienza, mormorava parole incomprensibili riguardo Yuzu Fou, la vendetta e la liberazione del loro popolo.
I profumieri allora lo caricarono su un cavallo alato e, dopo averlo legato con morbidi lacci di pelle, fecero ritorno nell’Impero del Profumo.
Quando Iskander si svegliò era notte, ma non sapeva quanti giorni avesse dormito. Si trovava nella tenda di Aziyadé, steso su un giaciglio morbido, coperto da un lenzuolo leggero e con la pelle cosparsa di unguento profumato. Nel buio la fiammella della lanterna dondolava incerta, come un fantasma che lo voleva spaventare, e lui respirava con affanno cercando di scacciare i suoi demoni. Non riusciva ancora ad aprire gli occhi del tutto, ma i suoni e gli odori di quel posto gli erano familiari: lavanda, tabacco biondo, fieno e vaniglia.
La ragazza si accorse che Iskander era sveglio e gli andò vicino.
– Come ti senti?
– Va un po’ meglio, grazie.
– Abbiamo cercato di curare le ferite e a quanto pare i medicamenti stanno già facendo effetto. Entro pochi giorni dovresti riuscire a rimetterti del tutto.
– Ti devo la vita. – replicò il guerriero guardandola dritta negli occhi.
– Non dire sciocchezze… piuttosto raccontami cosa è successo. Dopo che hai lasciato il villaggio nessuno ha più avuto tue notizie e pensavamo che il rettile ti avesse ucciso.
– Sono andato nel suo nascondiglio. Mi sono appostato dietro le sacre rupi per osservarlo di nascosto e l’ho colpito mentre dormiva, di notte. La lancia intrisa di veleno ha fatto subito effetto e la bestia è morta all’istante.
– Ma allora chi ti ha ridotto così? Eri pieno di tagli, steso al sole, disidratato, e saresti morto di sicuro se un mastro profumiere non ti avesse visto mentre sorvolavamo il cielo.
– Per uccidere Yuzu Fou sono scivolato nel suo nido, ma aveva appena partorito. Quei piccoli mostri vedendomi fare a pezzi la madre mi hanno attaccato. Nonostante le ridotte dimensioni avevano già molta forza e ho dovuto lottare parecchio per ucciderli.
– E che ne è stato del tuo cavallo alato?
– Equisitrius non ce l’ha fatta!
Aziyadé continuava a passargli panni umidi sulla fronte e sul petto.
– Sai che hai rischiato parecchio, vero? I loro morsi causano la trasformazione degli umani in mostruose creature e avresti potuto non fare più ritorno nella tua terra. E da me.
– Non pensiamoci. Ora siamo insieme. Tra un po’ recupererò le forze e potremo finalmente sposarci.
La ragazza gli accarezzò i capelli e gli diede un leggero bacio sulla fronte. Iskander si sentì al sicuro, ma stremato dal dolore sprofondò di nuovo in un pesante sonno.
Quello era il periodo dell’anno in cui il sole era più intenso: nessun uomo sarebbe sopravvissuto a lungo senza acqua o vestiti adeguati che lo riparassero dal calore.
Il guerriero sollevò appena le palpebre e cercò di ruotare la testa per guardarsi attorno, ma aveva il corpo rigido e paralizzato. Solo i piedi si muovevano a tratti convulsi producendo un sottile scricchiolio di scaglie.
Chiuse gli occhi angosciato e provò a visualizzare l’immagine di Aziyadé, ma era difficile ricordare: il veleno dei rettili stava facendo effetto e gli offuscava la memoria.
Si ridestò di nuovo e nel giro di qualche minuto riuscì a muovere le mani nella sabbia, mentre le contrazioni degli arti inferiori erano cessate.
Notò che le dita si erano ingrossate, la pelle ispessita e le unghie trasformate in artigli. Anche il torace stava mutando in qualcosa di orrido e disgustoso.
In quel momento si rese conto che non c’era nessun cavallo alato, nessun profumiere, nessuna tenda per lui. Non c’erano mai stati.
Era da solo nel deserto a combattere le allucinazioni causate dal veleno tossico di quegli animali e avrebbe assistito impotente alla propria trasformazione.
Se non l’avesse interrotta, sarebbe diventato un rettile e avrebbe riprodotto lui stesso la stirpe che aveva decimato la sua gente.
Il sole era prossimo al tramonto e la notte vicina. Iskander respirò forte l’odore della vita, per l’ultima volta, poi con un colpo deciso si squarciò la carotide con gli artigli della mano destra.
Un senso di abbandono e di liberazione lo avvolse. I profumieri l’avrebbero ricordato per sempre e Aziyadé avrebbe pianto per lui, ma poi avrebbe capito.
In quel momento si alzò un leggero vento e sulla tela azzurra del cielo ombre scure si muovevano disegnando arabeschi. Erano i cavalli alati.
Ormai era tardi. Il buio improvviso della notte avvolse la sabbia del deserto e solo le stelle rimasero a illuminare il dolore di Iskander e a stendere un velo di luce sopra quelle scaglie che un tempo erano state il corpo di un uomo.
Poi solo silenzio.
Beniamino era un bambino con un animo dolcissimo, buono e particolarmente sensibile. Quel giorno, si trovava al capezzale della madre morente.“Non devi essere triste” le diceva la donna per rincuorarlo e rassicurarlo sfiorandogli dolcemente il capo sforzandosi di sorridere “Andrò in Paradiso che è un posto bellissimo”.Il piccolo però sembrava preoccupato e non convinto da quelle parole.“Ricorda inoltre, che io ti starò sempre accanto. Ti basterà chiudere gli occhi e mi sentirai vicino a te”.“Mamma, com’è fatto il Paradiso?” domandò curioso.“Devi sapere, che è pieno di fiori profumati e ci sono grandi nuvole bianche, soffici come batuffoli di cotone, sulle quali le persone si riposano al sole”.Il bimbo perplesso chiese: ”Come fanno i fiori ad arrivare in cielo?”.“Li porta il vento” rispose la madre “E’ per questo che noi li coltiviamo, così quando ne ha bisogno, li può prendere.”La spiegazione non faceva una piega. Aveva convinto il piccolo.“Adesso lasciami riposare che sono molto stanca”.Beniamino la baciò, si allontanò dalla sua stanza e si recò in tutta fretta in giardino.La nonna che aveva assistito alla scena con un groppo alla gola, lo seguì, notando che si era messo a trafficare nelle aiuole del vialetto.“Che cosa stai combinando?”.“Sto piantando questi bei fiori” esclamò tutto contento ed eccitato allo stesso tempo.“Perché mai?” continuò la nonna incuriosita “Non ne abbiamo già a sufficienza?”.“Sì” rispose Beniamino “Questi gialli però, sono i preferiti di mamma” disse con l’innocenza della sua gioventù.La donna continuava a non comprenderne il significato, ma lo lasciò fare. Aveva il cuore così colmo di dolore che gli dispiaceva sgridarlo, anche se si era tutto sporcato di terra.Non trascorse molto tempo che giunse il triste giorno. La madre di Beniamino lo lasciò per sempre.Tutti in casa erano tristi e piangevano, mentre il bambino correva a destra e a sinistra, passando da una finestra all’altra scrutando il cielo.“Che cosa stai facendo?” gli chiese la nonna con un filo di voce e gli occhi gonfi.“Cerco le nuvole bianche” rispose “E’ lì che adesso si trova la mamma”.La donna lo abbracciò forte forte scoppiando a piangere “Piccolo mio, quanto candore e purezza nelle tue parole”.“E poi deve arrivare il vento” continuò sicuro “Le deve portare i fiori che ho piantato per lei”.Forse era meglio così, che Beniamino credesse sul serio a quella bizzarra storia che le aveva raccontato la madre.A questo punto, la nonna non riuscì a dire null’altro. Troppa era la sofferenza. Il cuore distrutto in mille pezzi, le aveva tolto il respiro.Quella notte un improvviso temporale imperversò sulla città: lampi, tuoni e pioggia scrosciante. Al mattino Beniamino svegliatosi urlò: “Nonna, vieni presto!”.La donna corse pensando al peggio, ovvero che il bambino si stesse sentendo male ed invece lo trovò davanti alla finestra aperta della sua stanza con un sorriso enorme.“Guarda nonna” le disse indicando il giardino sottostante.L’anziana signora si affacciò e rimase a bocca aperta.Nell’aiuola del vialetto, erano spariti proprio i fiori gialli che Beniamino aveva pianto per sua madre. Parevano stati raccolti, perché nella terra erano rimasti dei pezzetti di gambi. E nel cielo divenuto di un azzurro meraviglioso, era apparsa davanti casa, una soffice nuvola bianca.Beniamino ricordandosi le parole della madre, chiuse gli occhi.In quel momento sentì una dolce carezza sfiorarli il capo, mentre nell’aria si propagò un profumo di fiori a lui ben noto, che avvolte non solo il bambino ma anche sua nonna in un abbraccio d’amore.
l’impero del profumo è collocato in un’epoca che è un mix tra futuro e la corte di cleopatra d’Egitto, tutto quello che si fa si pensa e si mangia è connesso a una determinata profumazione.
Un impero ideale in cui chi non si lava e profuma adeguatamente viene licenziato dalle proprie cariche ed esonerato.
E’ come vivere in un’enorme spa con molteplici esperienze sensoriali e profumose.
Alice come ogni mattina seleziona il suo outfit sul display del suo armadio interattivo che le risponde:
Ottima scelta, la fragranza abbinata di oggi è 3 Fleurs e so quanto ti piace il gelsomino!
La giornata si affronta più facilmente quando hai una fragranza dedicata alla tua personalità.
alice accende la sua candela alla fresia indossa la sua fragranza ed esce di casa pronta ad assaporare tutte le profumazioni della sua giornata.
Si mi piacciono
Era appena arrivato uno straniero alle porte dell’impero. Nessuno lo aveva mai visto in quei luoghi ma subito si era sparsa la voce per la sua presenza.
La bellezza, la giovinezza, la prestanza lo facevano additare da quelli che lo avvicinavano e ben presto fu richiesta la sua presenza a palazzo.
L’imperatrice lo accolse curiosa, così come le principesse a lei attorniate; con sospetto i principi osservarono le maniere dell’uomo ed il suo comportamento.
Era muto e non poté soddisfare la curiosità dei presenti ma appena giunto alla presenza della corte e su invito dell’imperatrice estrasse dalla sua borsa un mazzo di carte: erano gli arcani maggiori dei tarocchi.
Porse il mazzo all’imperatrice che indicò giocosa le sei carte che lo straniero voleva che estraesse:
la prima carta era “LA LUNA” e subito nell’aria si diffuse una brezza profumata, fresca come una rugiada, odorosa di verbena;
la seconda carta era “GLI AMANTI” e fu lo spirito della rosa la regina di quell’istante;
la terza carta era “IL BAGATTO” e le volute intense dell’incenso riempirono la stanza;
la quarta carta era “LA RUOTA DELLA FORTUNA” e fu l’ambra a sedurre le principesse;
la quinta carta era “LA FORZA” e le note di tabacco odorose fecero fremere le narici dei principi;
l’ultima carta era “IL SOLE” e come una voce solista da un coro si elevò una fragranza mai sentita, racchiudeva la freschezza dell’acqua che gorgoglia, la morbidezza delle lane più pregiate, la bellezza dei momenti più luminosi della giornata ed in fondo, ma solo alla fine, come una nota malinconica che velava un poco l’entusiasmo appena provato.
Inebriati da tante fragranze l’imperatrice, le principesse ed i principi non si accorsero che lo straniero era scomparso e con lui le sue carte: al suo posto era apparso un piccolo cuore di cristallo che racchiudeva un’essenza: era l’amore.
Il tempio appariva lontano, la fanciulla si avvicinava timorosa : stava andando incontro alla sua iniziazione. Ali di farfalle , spiriti elementali e piccoli gnomi nel bosco richiamavano tutti i profumi, intrecciando una ghirlanda di boccioli di rose e tuberose.All’ingresso del tempio due colonne , un ciliegio ed un pesco. Il pavimento ambrato profumava di iris ….e fu nuova vita.
La regina aveva atteso questo momento con trepidazione da molto tempo: dal lontano Paese delle Rose stavano arrivando i Tre migliori Artigiani del Profumo, Maestri noti in tutto l?impero per le loro creazioni magistrali, in grado di soddisfare i sensi più esigenti di principi e principesse.
La Regina sperava che le portassero quell’essenza sublime che – le avevano garantito – donava una speciale aura, portava la serenità alle menti più tormentate, regalava sensualità a corpi ormai spenti, conferiva energia agli animi cupi.
La Regina aveva invitato presso il suo regno i Tre Maestri perché sperava di aiutare sua figlia Giada a superare la tristezza infinita che l’aveva colpita all’improvviso, dopo la festa meravigliosa svoltasi a palazzo in una magica sera d’estate. Ora era inverno e il suo cuore sembrava di ghiaccio.
La Regina ignorava che Giada si era perdutamente innamorata di uno sconosciuto, un uomo incontrato al ballo, che lasciava dietro di sè un aroma di muschio e cuoio che le aveva fatto battere il cuore e stordito i sensi.
Finalmente gli Artigiani erano arrivati. Erano a palazzo! La Regina li invitò immediatamente nelle sue stanze, dove Giada sedeva sulla poltrona a capo chino, ignara dei progetti della madre.
Eccoli: la Principessa fu distolta improvvisamente dai suoi cupi pensieri, un profumo inebriante le arrivò alle delicate narici: quel profumo… Come è possibile, da dove arriva? Giada alzò lo sguardo, seguì la magica scia ed incontrò lo sguardo profondo e innamorato del primo Maestro. Era Lui!
Il viaggio durava da settimane ormai. Le stazioni di rifornimento di aria e combustibile si facevano sempre più rare. I riflessi della luce solare danzavano sotto la superficie acqua e si perdevano nella profondità dell’oceano, mentre la sua navicella si muoveva veloce, infastidendo grossi banchi di pesci argentati.
Colta da improvvisa stanchezza R ripensò al suo letto, a casa, nella struttura Bolla-51.
Erano secoli che l’umanità si era dovuta trasferire sott’acqua, organizzando vita e attività in gigantesche strutture a tenuta stagna, le Bolle, dove l’ossigeno era la merce più preziosa. Erano sorte città e imperi sottomarini in cui la vita scorreva sicura e piacevole. Piacevole, ma un po’ noiosa… e senza profumo. Visto il ruolo critico legato alla tutela e alla ventilazione dell’atmosfera artificiale delle Bolle, infatti, da subito era stato bandito l’uso di tutte le sostanze che potessero “inquinare” l’atmosfera- tra cui i profumi. Filtri potentissimi aspiravano e “purificavano” l’aria senza sosta. Col tempo, le mutazioni genetiche applicate alle piante per rendere il loro sviluppo efficiente nell’ambiente artificiale delle Bolle aveva dato luogo a prodotti resistentissimi, ma completamente privi di odore. Tutta la conoscenza dell’arte antica di estrazione e composizione delle fragranze era andata perduta col passare delle generazioni. R, che lavorava nel ministero della preservazione culturale e aveva accesso alle copie digitali di testi desueti e proibiti, aveva indagato su quel lontano passato all’aria aperta ricco di aromi, profumato ma anche puzzolente, su quella civiltà pregressa capace di carpire gli odori della natura e imbottigliarli in preziose essenze, capace perfino di creare dal nulla odori nuovi, come un compositore crea dal nulla una musica nuova e sorprendente. Da quel momento, una curiosità divorante aveva spinto R a macchinare espedienti, rischiare lavoro e libertà per rubare codici di accesso, sfilare permessi e mappe per mettersi in viaggio verso il più grande archivio sotterraneo dei manufatti e dell’arte del mondo anteriore, noto anche come l’impero dei profumi, non solo perché conservava campioni di queste preziose essenze antiche, ma anche per via degli odori che, sottovoce, si narrava permeassero il luogo, come un’invisibile ma imprescindibile componente degli oggetti provenienti da un’epoca barbara forse, ma sicuramente fragrante.
E così R si avvicinava alla meta, con il vago timore di essere intercettata e smascherata a ogni rifornimento… era notte ormai, ma adesso era completamente sveglia: distese di plancton brillavano fluorescenti nell’acqua, come un centrifugato di stelle, illuminando l’interno azzurro della navicella. L’ombra di giganteschi cetacei oscurava a tratti il quadrante che indicava il prossimo arrivo.
[…]
R attraversava le sale dell’impero dei profumi con passo svelto. Era riuscita a passare i controlli, ma aveva l’impressione che gli impiegati stessero già verificando la veridicità della sua scusa. Presto l’avrebbero presa. Le meraviglie si susseguivano di sala in sala – stanze di libri (quelli cartacei! Dall’odore dolciastro e polveroso che le aveva provocato uno starnuto!), di dipinti che odoravano di grasso, pavimenti di legno profumati di miele… Ma bisognava essere rapidi. La stanza dei profumi era al centro della labirintica struttura. R sentiva il naso arricciarsi e annusare, stimolato dai nuovi odori che incontrava e che si facevano via via più insistenti.
Entrò quasi correndo nella sala dei profumi e lì si fermò. Così questo era il cuore fragrante dell’impero dei profumi. Custode della memoria di secoli in cui l’olfatto veniva riconosciuto e adulato tramite queste preziose pozioni. Dietro una distesa di teche di vetro scuro si intravedevano infinite sagome di anfore dalle molteplici fogge e dimensioni. Udì dei passi lontani. Bisognava fare in fretta. Le vetrinette erano chiuse ma riuscì a far saltare una serratura, usando la tessera della navicella.
Le mani le tremavano, ma sfiorò con le dita i diversi contenitori. Erano di cristallo, chiusi con tasselli di seta e piccoli sigilli di ceralacca. I passi all’esterno si avvicinavano. Scelse rapidamente un flacone: il tappo era color zaffiro e il liquido all’interno aveva il colore dell’oro. Sopra un piccolo piedistallo il contenitore si allargava, come ad emulare un abbraccio, o suggerire un invito. Bisognava fare in fretta. Prima di staccare il sigillo si concesse il lusso di rigirare la bottiglia tra le mani e lesse ad alta voce il nome del profumo, il primo che avrebbe mai annusato…
[…]
Il castello irlandese appariva a tratti, nascosto com’era dalla leggera nebbia che univa come una rete impalpabile il mare, la terra e il cielo.Il cavaliere si fermò, godendosi la pioggia sottile e nello stesso tempo determinata che scendeva sulla sua armatura, appicicando i capelli al viso stanco e provato da troppa strada percorsa alla ricerca del Profumo.Si diceva che nel Castello che si ergeva davanti a lui fosse conservata una preziosa e antichissima ampolla, dove i sacerdoti celti erano riusciti a racchiudere l’essenza profonda dell’Irlanda, distillando sotto forma di profumo la magia e il fascino dell’isola di smaraldo, Erin.Forse se fosse riuscito a impossessarsene la principessa GWyneth sarebbe finalmente stata sua, forse i regni cui ambiva sarebbero stati al suo comando, forse sarebbe diventato immortale, forse…..Forse.Tutto questo potere racchiuso in poche gocce??pensava il cavaliere avvicinandosi al maniero con passo stanco e animo curioso e pieno di speranza.L’erba soffice sotto i suoi piedi lasciò il, posto alla fredda pietra del castello.Entrò,e vide un altare con l’ampolla, null’altro.L’ampolla era vuota….la disperazione del cavaliere era smisurata, pari ai sogni e le speranze che si erano infrante con la minuscola bottiglietta di vetro che l’uomo aveva immediatamente scagliato per terra, distruggendola.Ma poi capì.Uscì, si fermò a precipizio sulla scogliera che si affacciava minacciosa sull’Atlantico in tempesta, il cielo sopra di lui, l’aria e l’erba, il mare, tutto intorno a lui PROFUMAVA.La magia era con lui, non in poche gocce,bastava inebriarsene e avere tutto il potere che aveva sempre cercato.
La sua immaginazione si nutriva di buoni odori,di essenze,profumi e li sentiva addosso alla gente per strada.Non ne aveva mai potuto comprare nemmeno uno,tanto era la povertà che invadeva le stanze della sua casa.
Un giorno di un cupo inverno,indossò i vestiti regalatole da parenti e si inoltrò nell’andare a fare un po di spesa con i pochissimi soldi rimasti.Passando dalle vetrine si fermava a specchiarsi di una luce che sovrastava il sole.Ad un tratto il suo olfatto sentì un sollievo,un aroma che la inebriò,lei si girò,cercò quel qualcuno che le dicesse cosa fosse,ma nulla.Allora iniziò a seguire la scia profumata ,prima ad occhi aperti poi ad occhi chiusi…..tanto c’era qualcosa…qualcuno che la guidava.Poco dopo aprì gli occhi e..con grande meraviglia si ritrovò in un fantastico posto profumato,qualcosa più grande di lei .Iniziò a correre in lungo e in largo,indossando gocce di tutti i profumi ,cantò,saltò,pianse e si addormentò.Al risveglio si accorse che era stato tutto un sogno,un sogno che l’aveva portata indietro nel tempo… vissuto tanti anni prima nella realtà.
The Scent of Queen
The Young commoner Guermelino the 18s was responsible for the entire supplement your home, since his father had died that year. In order to sustain two younger sisters and his mother, he worked day-to-day to receive a meager salary.
One day, his boss decided to lay off some employees and Guermelino was included on that list.
Aimlessly and desolate, Guermelino did not know what to do to get groceries for his family.
At the same time the Queen Paola de Guzzbörg, was angry because he wanted an exclusive Perfume, to be more noticeable in a gathering of Empires. Hired many alchemists, to bring their creations, but to no avail. Thus, the Queen ordered her servants, would put ads in all the kingdom, offering a huge amount of money for those who create a unique perfume for his Queen.
It was then reading the announcement that Guermelino remembered that his mother had a garden at home she ran with all my affection. Guermelino carefully cut some flowers Jasmine, Violet, Black Peony rare that his mother loved, dew Sunflower. Asked his mother to make a Candy that she did so well, a Sweet Hot Broth made with Sugar, Cocoa and Milk. And to top all that mix, he extracted the oil from Cedar Wood. All these ingredients he managed to make a perfume, but did not have a sophisticated bottle to present to the Queen. Poured the perfume in a single container and headed towards the Queen’s Castle.
Arriving there, showed that simple container for Queen, but she rejected because it was not up to the royalty. Guermelino frustrated and crying, left the kingdom running and just pouring a few drops of your perfume on the floor of the Castle. Exhaling that divine scent Queen, had no doubt that this was the perfect scent for her. Immediately ordered his guards will go search young commoner.
Once Guermelino returned to the castle of the Queen, he was greatly courted by all the royalty and the Queen granted the exclusive perfumer her position and prize money for it.
The Queen was praised by everyone using that perfume in large gathering of empires, that’s how she got the idea of baptizing her scent by: Paola de Guzzbörg per Guermelino.
And they all lived happily ever after!
End!
L’ impero del profumo e’ la vita , la natura i colori i sapori il mare la montagna una nuova vita e la morte il dolore e ila felicità il racconto della nostra vita ha come sottofondo il profumo e ognuno e imperatore della propria vita ogni i ricordo ha un profumo e io adoro i profumi perché mi fanno ricordare momenti della mia vita quando li sento
La brezza mattutina mi accarezza la pelle nell’aria un profumo intenso che inebria i miei sensi note fiorite danzano leggiadre un ritorno con il pensiero al passato vividi i ricordi un’infanzia felice un matrimonio perfetto e adesso sono qui il profumo sempre più persistente mi riporta al presente alla vita oggi l’impero del profumo è nell’aria ricco di intensità ed emozioni.
C’era una volta un castello”Impero del Profumo” si trovava sospeso su una nuvola dove viveva una bellissima principessa si chiamava Rose.Questo castello era circondato da piante profumate anice,lavanda,liquirizia,lampone,rose fruttate, rose speziate,vaniglia,iris,gelsomino…Rose aveva una forma rara di malattia poteva vivere soltanto in mezzo ai fiori..Un brutto giorno una strega cattiva invidiosa della sua bellezza fece un incantesimo fece sparire piante e fiori in tutto il mondo tranne un fiore che si trovava in un deserto lontano..La principessa Rose stava sempre piu’ male passavano mesi anni stava malissimo erano andati migliori medici ma nulla si poteva fare..Un giorno bussarono alla porta,aprirono ma fuori c era solo un pacchettino con una lettera lo portarono alla principessa lei apri’ il pacco c’era una rosa blu profumatissima..l’incantesimo si ruppe e la principessa torno’a stare bene il suo castello fu di nuovo circondato da piante profumatissime…
Lidia entro nella stanza. Aveva seguito per tutta la casa un odore forte e persistente che l’aveva condotta su per le scale. Sua nonna da anni preparava su nella mansarda i profumi per la casa e per i suoi abitanti. Anni anni di generazioni che si avvicendavano e si trasmettevano i segreti dei profumi fatti in casa. Ora toccava a lei; e questo era il suo primo esperimento..non voleva fallire voleva far contenta anche sua nonna che da mesi la preparava con rigore e fermezza nella preparazione delle essenze con cui creare i profumi. Aveva paura di non farcela. Il mondo dei profumi l’aveva accompagnata per anni. Ricordava ancora gli odori di casa quando era piccola la stanza dei segreti in cui si avvicendavano le donne della casa; ricorda l’assegnazione ad ogni membro della famiglia di una fragranza che lo avrebbe distinto e lo avrebbe accompagnato in ogni singolo evento della propria famiglia. Segreti profumi odori essenze questo oggi era il suo mondo e stava per essere preparata per questo: sarebbe riuscita ad entrare in questo mondo? Avrebbe deluso i suoi familiari? Intere generazioni? Ma soprattutto avrebbe deluso se stessa? Sua nonna riteneva che lei avesse quella speciale combinazione di percezioni create dal suo olfatto fine e dalla sua fervida immaginazione che le consentiva subito di individuare la combinazione perfetta tra odore e fragranza. Si era fiera di entrare in questo mondo e c’è l’avrebbe messa tutta avevano iniziato a percepire l’essenza di bergamotto una punta di zenzero e …le mancava il terzo..beh le scale ancora non erano finite..prima di giungere alla mansarda..aveva tempo.
Marianna 07
Una mattina d’estate, in prossimità del suo ventitreesimo compleanno, la figlia dell’Imperatore si svegliò in preda ad un incubo agghiacciante: alcuni predatori venuti da una terra lontana erano riusciti a salpare sull’isola, di notte. Dopo aver incendiato i graziosi villaggi sul mare, e distrutto i giardini lussureggianti che erano l’orgoglio del suo pur piccolo regno, si erano diretti verso la fortezza reale con l’intento di rapirla per poi chiederne il riscatto al padre: per tornare a vedere la sua amata figlia l’Imperatore avrebbe dovuto rinunciare per sempre al suo Impero, abbandonandolo per non farvi più ritorno.
Mentre la conducevano lontano dalla sua patria all’interno di una rozza imbarcazione, le venne spiegato che un potentissimo uomo misterioso voleva impossessarsi dell’isola e delle migliaia di tesori fragranti che essa custodiva da secoli: voleva regnare sull’Impero dei Profumi, farne dapprima un enorme magazzino dal quale le sublimi fragranze, create da maestri profumieri nati e cresciuti nell’isola, sarebbero state frazionate, spedite in tutto il mondo e vendute ai potenti della Terra a prezzi inimmaginabili. Gli abitanti dell’isola, da sempre devoti alle proprie occupazioni di coltivatori, giardinieri, distillatori, artigiani del vetro e della ceramica al servizio dell’Impero e del suo fiorente commercio di fragranze, sarebbero stati impiegati nell’impacchettamento seriale delle preziose essenze fino alla fine dei loro giorni e, una volta che le scorte avessero iniziato ad esaurirsi (perché nulla è eterno), avrebbero lavorato in enormi stabilimenti dove le stesse fragranze sarebbero state ricreate del tutto artificialmente.
La figlia dell’Imperatore, che tanto amava trascorrere le proprie serate estive passeggiando per i sentieri del giardino imperiale – sicuramente il più maestoso tra quelli, pur stupendi, esistenti nell’isola – pensò con terrore alla sorte che sarebbe toccata a lei ed alla sua terra, alla ricca vegetazione che in ogni stagione offriva le materie prime per gli oli essenziali più puri e sublimi, e che era destinata a non esistere più in un giorno ormai prossimo.
Pensò soprattutto alle infiorescenze di peschi e albicocchi, dalle delicate sfumature pastello, che sprigionavano il più dolce e carezzevole dei nettari nella tiepida brezza primaverile, e al quasi narcotico effluvio dei gelsomini – una miriade di candide stelle nel cielo verde scuro del fogliame – che riusciva ad affascinare anche il passante più distratto. Nulla era più triste per lei del pensiero di migliaia di specie di fiori, erbe e resine che sarebbero andate perse per sempre, insieme all’anima aromatica che ognuno di essi custodiva da tempo immemorabile: molto presto vi sarebbero state sostanze in grado di riprodurre quelle stesse essenze, che sarebbero risultate in tutto e per tutto identiche alle originali in qualità e persistenza se non per un dettaglio: non avrebbero suscitato alcun tipo di sentimento in chi avesse indossato i profumi creati con esse. Perché non avevano anima.
Ma questo non importava all’uomo misterioso e ai suoi devoti servitori, perché col tempo le persone avrebbero imparato a fare a meno di queste sciocchezze romantiche: il naso percepirà sempre un buon profumo come tale, che lo si voglia rivestire di emozioni autentiche o no. Considerando le infinite possibilità di guadagno che sarebbero derivate da un tale piano criminoso, chi avrebbe potuto dar torto a quell’uomo malvagio?
Infine la ragazza pensò alla Sua fragranza, quella che un giorno ella stessa avrebbe voluto creare, e non potè fare a meno di scoppiare in un pianto disperato che sconvolse persino i predatori i quali, d’istinto, allentarono le funi con cui l’avevano legata al bordo dell’imbarcazione. Fu solo un attimo: con le ultime forze che le rimanevano fece un balzo all’indietro e si tuffò nelle scure e profonde acque del mare…
Si svegliò così, pensando che la sua fine fosse ormai vicina. Capì allora che non poteva più rimandare: fece subito mandare a chiamare i maestri creatori di fragranze e iniziò con loro a progettare il profumo che l’avrebbe resa immortale, almeno nella memoria delle future generazioni. Volle per prima cosa tornare nei suoi giardini, accompagnata dai profumieri, ai quali decise di raccontare il sogno mentre passeggiavano per i viali pervasi dall’aroma impossibilmente sontuoso delle gardenie e da quello delicato ma penetrante delle rose selvatiche. Essi si guardarono istintivamente tra loro prima di rassicurare la ragazza che le sue visioni notturne nulla avevano a che vedere con la realtà, che nulla del genere sarebbe mai accaduto. Ebbero un brivido, perché sapevano che lontano dalla loro terra incontaminata, dal loro amato Impero in cui regnava giustizia e armonia, l’umanità stava diventando sempre più avida. Rassicurando la figlia dell’Imperatore avevano in qualche modo confortato anche sé stessi, e proseguirono il cammino nella calda luce del tramonto estivo.
Allo stridìo dei freni, si unì un coro di carrozzerie in collisione ed il tragico assolo di un clacson.
Schegge di vetro piovvero ovunque, scintillando rubizze sotto lo sguardo terrorizzato di un semaforo rosso.
Poi seguì il buio. La totale assenza di luce e di suoni. Una notte senza contorni né forma.
Un sonno vischioso afferrò Agata per le caviglie e per i polsi.
Rimase immobile in quel letto d’ospedale per un lasso di tempo molle e muto, in continua espansione.
La sua vita era stata messa in pausa. Il suo corpo continuava ad esistere, senza che potesse averne coscienza.
Per tutti noi, Agata era sospesa nello spazio, in attesa di qualcosa che non aveva nome.
Stava sdraiata in quel rettangolo bianco che la faceva sembrare piccola e fragile. Le braccia pallide da sirena di cera, seguivano il corpo protetto dalle lenzuola.
Sottili tubi di gomma avevano preso il posto della moltitudine di bracciali che era solita indossare. Dalla battigia di quella marea lattea, si affacciavano le spalle, il collo elegante ed il viso.
Una galassia di lentiggini impreziosiva il monte del naso e le colline delle guance. La fronte ampia si corrugava di rado e sotto le palpebre, gli occhi verdi di Agata, compivano rapidi movimenti quasi impercettibili.
Sebbene il suo incarnato avesse assunto una lieve ombra azzurra, i suoi capelli rossi erano quelli di sempre. Accomodati in una treccia perfetta come fiori in un vaso.
Ogni giorno qualcuno di noi andava a farle visita. “Parlatele”, dicevano i dottori. Il primo anno Agata fu la spettatrice ideale di ogni monologhista. Ascoltava pazientemente le cronache di casa.
I rapporti sugli acciacchi dei nonni. Le avventure amorose delle amiche. Le mie canzoni e le filastrocche della piccola Elsa.
Le notti si alternavano ai giorni senza che il nostro parlare potesse destarla. La mia speranza franò addosso a quella degli altri come tessere del domino.
Nonostante tutto, la stanza di Agata era sempre piena di gente. Gravitavamo tutti attorno al suo letto con la leggerezza di chi sta nell’orbita del un tavolino di un bar.
Non potevamo saperlo. Lei ci sentiva tutti, ci ascoltava tutti. Noi siamo sempre stati convinti che fosse immersa in una sorta di succo scuro.
Lei, dal suo impero, si prendeva gioco dei suoi ospiti, lasciandocelo credere.
Un martedì di Novembre, nonna Ada entrò nella stanza e le baciò una guancia. Una rosa tea sbocciò all’improvviso. Il profumo della sua crema, l’odore della pelliccia, naftalina, lavanda e polvere. Correva per i corridoi di quella grande casa. L’odore del legno dei mobili. Della cera dei pavimenti. Quello del pane tostato e del burro. Le ginocchia sbucciate ed il mercurio cromo.
Quel pomeriggio di Marzo fece un giro a Napoli sulle spalle di suo padre. Il profumo del caffè e della pastiera riempiva la stanza. Le voci nei vicoli e il vento che fa viaggiare il profumo dei panni stesi ad asciugare. Le prime sigarette, il limoncello.
Quindici Giugno. Quindici anni. Smalto verde e acetone. Eva ha litigato con Chiara. Di nuovo. La fragola violenta del lucidalabbra. Shampoo alle more. I capelli intrisi dell’odore delle frittelle delle giostre. Le risate soffocate laggiù all’ultimo banco. La voce di Nico nelle cuffie e lo sguardo fisso dietro al finestrino di quell’autobus ricamato di pioggia. “Here she comes / You better watch your step / She’s going to break your heart in two”.
Luglio gocciola d’afa e scotta come la sabbia. Il sudore pungente e le mie caramelle alla menta. Taglio una fetta d’anguria ed è subito fresco. Il cocco dell’abbronzante e l’odore dell’Egeo che scintilla. Quel gruppo di ragazzi inglesi e le camicie madide di birra. L’ombra dei pini marittimi e quella tempesta di aghi secchi.
E’ Settembre ed Elsa va in prima elementare. Agata la vede perfettamente. Il viso tondo, la riga precisa divide a metà quei capelli troppo biondi, quasi bianchi. Il grembiule che sa d’appretto. Le matite nuove strette tra le dita sporche di marmellata di fichi. Una nuvola di borotalco e un foglio pieno di piccole maiuscole storte.
Ottobre scricchiola come un cartoccio di caldarroste. Suo fratello è seduto davanti a lei e non la guarda mentre legge. Cattedrale gotica che sprigiona incenso. Sbuccia distrattamente un’arancia formando riccioli da lasciare seccare sul termosifone. Perfino da quel luogo sperduto, Agata è infastidita da quella puzza. Lo faceva sempre come dispetto e proprio ora che lei abita in quella dimensione dove solo l’olfatto regna, questo gesto è un insulto. Abbandona la lettura mentre si fa rosso in viso. Si affretta a sbarazzarsi delle bucce e spalanca la finestra. Il vento d’autunno porta con sé l’aroma dell’asfalto bagnato, la fragranza del pane appena sfornato e gli schiamazzi dei bambini che entrano a scuola. Uno sguardo veloce all’orologio e chiude la finestra. Si china su di lei e le chiede scusa con un bacio sulla fronte. La sua sciarpa sa di lavanda, come sempre.
Per cena servono il minestrone. Non ci si abitua mai al cibo dell’ospedale. Ogni angolo del palazzo ne è intriso e Agata fa una smorfia. La stanza è illuminata solo dai lampioni del cortile ed il silenzio è interrotto dal bip di qualche macchinario. Voci confuse provengono dal corridoio. Sempre più forti scandiscono qualcosa che non riesce a capire. Nell’aria immobile della stanza chiusa, regna prepotente un mazzo di orchidee. L’ingresso di casa sua. Il tappeto persiano, il divano bianco e una stampa di Hopper. Sul tavolino, accanto alla porta, le chiavi di casa e un mazzo di orchidee. Si avvicina ai petali screziati per aspirare a fondo e mentre l’orologio suona la mezzanotte, apre la porta di casa.
La stanza dell’ospedale si accende di rosso, di blu, di giallo. Il cielo del nuovo anno è graffiato dai fuochi d’artificio. Da sola, al buio, salutata dal boato dei giochi pirotecnici, Agata apre gli occhi e dice addio a quell’impero dei profumi del quale era sovrana fino a tre, due, un secondo prima. Mentre i tappi delle bottiglie di spumante di tutta la città volano via, lei sorride. Riesce perfino a sentire l’odore della polvere da sparo.
Ci si riconosceva ad occhi chiusi in quel paese, Mizzi pelle di luna odorava di frangipane.Era nata così ,candida come l’alabastro e con quel profumo. E dire che la madre , Armida color dell’ebano si imponeva agli altri con effluvi di ambra,nessuno la sovrastava e il suo temperamento caldo e prepotente veniva domato solo a tratti dal carattere puntuto di suo marito ,Ossian,incenso allo stato puro tanto tenace quanto riflessivo. Ogni famiglia dava vita ad un profumo,più erano numerose più complessa si faceva la situazione. Ogni nascita portava un cambiamento come ogni dipartita. “Ti ricordi nonno Olmo- ripeteva spesso Armida- con quei suoi accenti erbosi,sempre pronto a spegnere gli animi infuocati da qualche discussione”.Erano nati lì certi modi di dire, avere naso per gli affari, non voglio metterci il naso… per le strade tutti camminavano con il naso all’insù proteso a riconoscere i propri amici o alla ricerca di novità. Però non era così per tutti, esisteva una colonia di fanciulle senza odore che viveva ai margini di questo piccolo regno. Di costituzione sottile, fragili all’apparenza e candide come la neve ma completamente prive di quella nota che lì ognuno possedeva già alla nascita. Venivano chiamate Mouillettes ed erano nate per servire gli altri , nel contatto con i profumi che le sfioravano prendevano vita e odoravano ,ma solo per un po’ . Di quella gente non c’è più traccia ma la storia è vera e continuiamo a profumarci. Per parte mia conservo tutte le mie piccole mouillettes, un sottile profumo ancora affiora.
Nel bel mezzo delle dune di un deserto senza tempo, indorato costantemente dai raggi del sole e cullato dal dolce giovane scirocco, sorgeva un sontuoso palazzo adornato di palme e colonne imponenti. L’acqua delle fontane sgorgava rigogliosamente e le smeraldine fogle di alberi secolari frusciavano con leggiadria tra i rami incantati.
Nessun sospiro, nessuna lacrima, nessun gemito si udiva fuoriuscire da quelle mura regali. Silenzio. Nessun impennata lirica, nessun sibilo, nessun palpito umano, l’unica voce che risuonava tra quelle pareti nobiliari era quella del vento. Una voce soave e melodiosa, che si tingeva di fragranze orientali e sogni esotici traghettando profumi e aromi intrisi di candide carezze. Nelle mattine d’estate si poteva sentire l’avvolgente odore di hibiscus e loto, fiori di arancio imbevuti di miele caramellato, orchidee e ninfee dispiegate nella brezza dell’alba e quando il sole ancora non aveva sfiorato le cime delle montagne, dalla trasparenza dei filamenti di sete e fiori si potevano scorgere le fate del profumo che danzavano intorno al proprio falò di rose e yucca.
Quando l’amaranto del tramonto faceva calare il dolce velo della sera, le fate abbandonavano il loro giaciglio per sparire nella notte emanando un’intensa fragranza di vaniglia e cannella.
E così le stelle del deserto si accendevano di nuovi sapori illuminando quella fortezza incantata, un’alone magico discendeva sul castello ed i suoi arazzi ed il profumo delle fate d’oriente iniziava a tessere la sua meravigliosa atmosfera.
Odore di mirra e dattero, sandalo e sambuco dipinti tra le trame della notte. Era così che il castello del profumo intonava il suo canto e faceva parlare di se viandanti ed avventori.
Nessuno mai riuscì a penetare tra le sue stanze e mai conoscerà il mistero che aleggia tra i suoi camini, conosciamo solo il profumo imeriale, ebbro di cordamomo e ginger, anice e curcuma, e acquarellato di fiori paradisiaci che rubano l’aroma al cocco e alla mandorla.
– Profumo d’Amore –
Già da qualche settimana si respirava aria di fermento al Castello delle Fragranze, poiché quella sera si sarebbe celebrato il sedicesimo compleanno della dolce Principessa Isabella, erede al trono del regno di Profumo. La tradizione voleva che la primogenita femmina del Re fosse l’erede al trono, poiché ella avrebbe scelto il suo Principe e futuro Re attraverso il suo senso migliore: l’olfatto.
Era un dono di famiglia, tramandato di generazione in generazione, e prevedeva che la principessa scegliesse il suo futuro compagno sulla base delle fragranze che i Principi, provenienti da svariati Regni, avrebbero creato appositamente per stupire ed incantare l’olfatto della futura Regina del Regno di Profumo.
La cerimonia del sedicesimo compleanno della Principessa avrebbe dato luogo all’evento più atteso da regnanti e popolo, ed i preparativi per la sera erano ormai ultimati.
I Principi che quella sera varcarono le soglie del Castello avevano impiegato anni di ricerca e passione per creare la “fragranza perfetta”, cercando personalmente le materie prime e seguendo il loro istinto e la loro personalità. La Principessa era emozionata e curiosa di sentire i prodotti delle loro creazioni, e fu velocissima a farsi bendare con un velo di seta gli occhi e a prendere posto in mezzo alla sala grande del Castello, in trepida attesa.
Il primo a farsi avanti fu un Principe dall’aspetto orientale, con passo svelto e sicuro si inchinò davanti ai regnanti in segno di rispetto, e poggiò le sue ginocchia dinanzi alla giovane Principessa, seduta sull’altare posizionato al centro della sala. Con delicatezza il giovane estrasse una boccettina lucente dalla tasca, la aprì, e ne fece scivolare qualche goccia sul dorso della sua mano, e allungò la boccetta e la mano stessa vicino a quelle di Isabella.
Ella annusò con delicatezza ed intensità, prima avvicinando il naso al collo della boccetta, poi odorando il dorso della mano del principe, per percepirne la fragranza su di lui: percepì un odore delicato di fiori e tè, unito alla freschezza del muschio. La ragazza ringraziò, e si procedette.
Ella doveva sentirli tutti prima di esprimere il suo giudizio.
Il secondo giovane si fece avanti, dai lineamenti più chiari e marcati, ed un deciso tono più opulento nel vestire e nei decori ch’egli aveva scelto per sé stesso. Ripeté l’operazione del primo, e si accostò alla Principessa allungando la sua creazione: ella percepì subito un odore inebriante e intenso, che la pervase come se avesse bevuto qualcosa di forte e allo stesso tempo si ritrovasse in una terra lontana, sotto la luce della luna e l’influsso di una magia antica.
Fu la volta del terzo, un giovane alto e moro, la pelle color dell’avorio. Egli propose alla Principessa una fragranza molto particolare, che la trasportò per un attimo in un meraviglioso bosco, ricoperto di alberi ad alto fusto corredati da piccole piantine profumate di fiori e pioggia, che lasciava quasi un sapore di fresco sulle labbra di chi lo odorava.
Al quarto Principe, la sensazione fu ben diversa: un odore di rosa e lampone, unito alla dolcezza della vaniglia.
Al quinto, il robusto e possente principe dai tratti ombrosi, richiamò alla Principessa l’odore della bottega del fabbro di corte, seguito da aromi concentrati ed intensamente avvolgenti.
Al sesto, l’olfatto cominciava ad essere inebriato da queste fragranze ed incuriosito sempre più da quelle ancora da scoprire: questa era la volta di leggere note agrumate, rinfrescate come da una brezza di muschio.
Il settimo Principe, il più giovane forse, il viso contornato da folti ricci color cioccolato, propose al delicato olfatto della Principessa una fragranza legnosa che riportava alla mente giardini sconfinati, ornati di fiori colorati.
L’ottavo Principe fu forse quello che più colpì l’olfatto della Principessa, poiché l’odore che emanava era ricco di frutti e spezie esotiche, intenso come non mai.
Poi fu la volta di un profumo ricco di fiori e dolcezza, che ricordava ad Isabella quei romanzi che amava leggere la sera, prima di addormentarsi.
Il decimo Principe, biondo e dalla pelle leggermente ambrata, si propose con una fragranza che rievocava ad Isabella le lunghe chiacchierate con il padre, forse una qualche nota di tabacco che lui amava fumare ogni tanto, unita però alla dolcezza della vaniglia.
Si fece avanti, poi, un giovane dai lineamenti delicati e dalla statura minuta; per chi lo vedeva, pareva quasi un bambino cresciuto troppo in fretta. Egli portò all’attenzione di Isabella un odore delicato e fresco, come una pioggia o l’acqua di un ruscello, di una cascata. Paradisiaco.
E arrivò anche per l’ultimo principe, scuro di pelle e dal volto più vissuto e scavato, la volta di esibire la sua personale creazione: un qualcosa di difficilmente descrivibile, che ad Isabella parve come la visione di un quadro profumato che spaziava verso l’infinito.
I dodici Principi avevano presentano le loro fragranze alla Principessa, che ora doveva scegliere quella che più aveva colpito il suo cuore.
Ma ecco che, in una sua esitazione, si presentò un ultimo giovane. Nessuno sapeva chi fosse, ma egli, come gli altri, si accostò alla Principessa ed estrasse una boccetta di vetro scuro dal taschino della camicia. Tutti notarono subito l’estraneità del giovane ed del suo abbigliamento semplice, ben lontano dagli adorni abiti dei Principi che finora avevano varcato la soglia del Castello.
Egli, invero, conosceva bene quel posto, e conosceva bene Isabella: era cresciuto con lei, lavorando al Castello, e l’aveva sempre seguita, ovunque, per prendersene cura e starle vicino, da amico, anche se per tutti gli altri lui era solo un servo.
Egli l’amava, da tanto, da sempre.. Non sapeva nemmeno quando aveva cominciato a guardarla con quegli occhi, a sognare di lei. E lei, d’altra parte, non aveva saputo che farsi amare da lui, fin da quando lo aveva aiutato in svariate occasioni, ad insaputa di tutti, e lui, dal canto suo, le aveva tenuto la mano quando lei piangeva, e l’aveva tenuta stretta a sé quando si era sentita sola e smarrita. Sedici anni son lunghi, ma lui ricordava esattamente ogni istante che aveva potuto passare con lei, ogni sguardo, ogni profumo.
Sperava che lo stesso valesse per lei, la dolce Isabella, che fino a qualche anno prima, ignara delle regole di successione, gli aveva promesso che loro sarebbero stati sempre insieme, e che il suo ricordo sarebbe stato per sempre legato al suo cuore.
Si adagiò dinanzi a lei, un po’ tremante, ed aprì la boccetta, accostandosi al viso della Principessa. Si avvicinò ancora un po’ portando lentamente la boccetta sotto al naso di Isabella, fino quasi a sfiorare le delicate labbra di lei con il suo viso.
Ella per un attimo rimase in attesa di quella fragranza, mentre pensava a chi potesse essere questo giovane così temerario da avvicinarsi in tale maniera a lei; pareva quasi timorosa, ma tutte le sue perplessità ed i suoi pensieri furono annebbiati in un momento, quando la vicinanza del giovane fece scaturire in lei sensazioni che non aveva provato prima d’ora: non percepiva straordinarie fragranze o visioni lontane, ma le sembrava di viaggiare tra le mura del suo stesso Castello, di sentire suoni e rumori conosciuti, di percepire il calore di un abbraccio, di un focolare acceso che scaldava il cuore.
Era quello, il profumo perfetto. Il profumo di casa, di famiglia, di amore.
Senza esitare la giovane proferì: «È lui…»
Tutti applaudirono e festeggiarono con gioia le parole della Principessa, mentre ella toglieva la benda di seta e individuava l’unico viso che in cuor suo avrebbe voluto vedere:
«Non posso crederci! Ma come…» quasi incredula gli disse;
«È stato il tuo cuore a scegliere, Isabella» e con un sorriso mostrò solo a lei la boccetta di vetro scuro che teneva ancora in mano.
Era vuota.
Ella aveva sentito l’odore dalla sua pelle, e nient’altro. Ma era stato sufficiente per scegliere, perché quell’odore era per lei il profumo perfetto: il suo Profumo d’Amore.
Non ricordava nemmeno più com’era successo che una mattina il sole smise di illuminare le strade. Seidou si era svegliato come ogni giorno alla solita ora per andare al lavoro, ma le strade non si vedevano più, né la luce elettrica sapeva sostituire il giorno. Era come se tutto si fosse spento, così, senza alcun preavviso: una mattina che non concede più agli umani di vivere come d’abitudine. Nemmeno le torce sapevano aprirsi un varco in quel nero profondo. Seidou sorrise al ricordo della moglie che sbatteva contro i mobili urlandogli addosso che se solo si fosse deciso prima a sistemare lo sgabuzzino, adesso lei avrebbe potuto trovare quelle benedette candele che aveva preso con i saldi. Quanto tempo era passato? Un’eternità. C’erano stati grossi problemi, grandi discussioni mondiali che parevano boati inutili nel buio costante che, a poco a poco, diventava normalità. Alcuni pensavano ad un cataclisma, altri a strani fenomeni geofisici. Molte teorie, molti tentativi di riportare la luce. Finché un giorno le persone capirono che semplicemente il mondo aveva deciso per loro e, poiché nessuno s’era accorto di quanto l’umanità fosse diventata pericolosa, il giorno aveva deciso di non tornare, lasciando al suo posto l’oscurità più nera che potesse esistere. Il tempo lenisce anche le più grandi paure ed ora Seidou rideva con la moglie delle loro prime reazioni a quello che, sembrava, il più grande disastro possibile! Quando capirono che il buio era calato su una realtà, per permettere di illuminarne un’altra, il terrore, si trasformò in scoperta.
Era accaduto per caso. Un giorno Seidou sentiva il cuore pesante e le lacrime sconsolate della moglie lo atterrivano, si sentiva impotente di fronte a tanto dolore e così non trovò altro che abbracciarla come se tutto l’amore potesse fluire dalle sue braccia fino al cuore triste della moglie.
Chiusero gli occhi, in un riflesso inconscio e altrettanto ridicolo in tutta quell’oscurità, e qualcosa successe. D’un tratto un sottile profumo di mughetti intenerì le loro narici, mentre piccole gocce di rugiada s’insinuavano tra le dita dei loro piedi, sentirono odori di terra umida e una brezza leggera riportava loro memorie di odori lontani. Un sogno? Aprirono gli occhi e quasi rimasero accecati. La luce cristallina illuminava una piccola radura, le gocce scintillanti penzolavano come acrobati da foglie verdissime, mentre frutti maturi altalenavano dai rami mandando effluvi golosi. Odore di pini e resine che colavano dai tronchi umidi e rumore d’acqua tra i sassi lucidi di un piccolo fiume. Non erano più nella loro casa, rintanati chissà da quanto tempo. La città, o quello che doveva essere rimasto di essa, sparita. Ricorda ancora la pace che sentì nel suo cuore stanco, Seidou, che per primo mise piede in quel mondo nuovo, bellissimo, sereno e luminoso. Seidou e la moglie furono i primi, poi, poco per volta, altri arrivarono, tutti nello stesso strano modo: tutti si sentirono impotenti, tutti strinsero tra le braccia una persona amata. Forse la chiave era proprio lì. Forse il mondo si era spento perché gli uomini potessero scoprire la luce del cuore e rinascere in quel mondo bellissimo, fatto di odori incantevoli, che sapevano suscitare nelle persone ogni tipo di emozione ed ogni ricordo. Furono proprio gli odori a risvegliare le persone dal loro torpore e dalla loro cecità. Furono gli odori a riportarli ai loro ricordi più lontani, quando ancora erano nel mondo delle possibilità e il futuro appariva un tesoro da custodire e non una risorsa da sfruttare. E furono gli odori a riportare gli uomini verso la saggezza. Scoprirono che il mondo non si era affatto spento, ma che andava riscoperto lasciandosi condurre dall’olfatto e dal cuore. Gli odori divennero linguaggio, i messaggi divennero note olfattive che potevano essere mescolate, come le lettere di una parola. L’impero degli odori era sempre stato lì, ma gli uomini, questo Seidou lo capì molto bene, erano stati troppo impegnati per poterlo sentire.
Il verdetto? Siamo curiosi..
Ma i vincitori?!? Le selezioni dovevano concludersi il 3 luglio e siamo al 14 senza alcun aggiornamento. Se questa si chiama serietà !?
Grazie per il tuo gentile commento, abbiamo pubblicato i vincitori una settimana fa ;)
https://www.extrait.it/limpero-del-profumo-giveaway-ecco-i-nomi-dei-15-vincitori/
Stamane ho avuto il piacere di provare Cuir Ottoman. Che bella sorpresa! Iris, cuoio, vaniglia, fava tonka per un profumo intenso e persistente ma non stucchevole. Lo sento buono da donna, per le donne che non amano i fioriti, ed anche da uomo.