Le Regine dei Profumi. Le donne che hanno fatto grande la profumeria
Una famiglia spiantata verso la metà del secolo scorso. Una giovane bionda, la figura asciutta e lo sguardo determinato, si avvia stilosissima alla scalata di un mondo tutto maschile grazie al suo genio. Letta così potrebbe sembrare la trama della serie mozzafiato “The queen’s gambit – La regina degli scacchi”.

Nel nostro caso invece, la protagonista non è l’orfana Beth Harmon ma l’intraprendente Germaine Cellier, diventata per l’industria una icona indiscussa dell’emancipazione e del genio al femminile. Ad accomunarle lo spirito anticonformista, un’intelligenza fuor del comune e l’ambizione di dimostrare che una donna possa avere successo al pari di un uomo. Naturalmente non mancano sostanze psicotrope di cui abusa, ma nei laboratori di Roure Bertrand Dupont (oggi Givaudan) oltre a fiutare l’alba di un’epoca d’oro per la profumeria, si respiravano le nuove molecole che avrebbero dato forma ai più grandi capolavori olfattivi del secondo dopoguerra: Bandit e Fracas di Robert Piguet, Vent Vert e Jolie Madame di Pierre Balmain e Coeur Joie di Nina Ricci, solo per citarne alcuni. Tutti a firma di Germaine Cellier, ça va sans dire.

Prima di lei, a parte la misteriosa Madame Zede a libro paga di Jeanne Lanvin e Jacqueline Fraysse (zia di Richard Fraysse, per molti anni il parfumeur-maison di Caron) che creò fragranze per i pellicciai Weil, non esiste traccia di donne affermate nella storia contemporanea. Cercherò di colmare un po’ questa assenza con un piccolo scoop tutto italiano… Non solo le generazioni successive devono ringraziare queste donne per aver tracciato un nuovo sentiero di affermazione femminile, ma dobbiamo ringraziarle tutti per aver messo a servizio della profumeria il proprio cervello ed un punto di vista rivoluzionario fra il laboratorio e l’atelier di moda.
Sorprendentemente, anche in Italia le donne si stavano facendo strada nella profumeria. Non solo la gloriosa Gi. Vi. Emme rinasceva dai cocci post-bellici sotto la direzione di Ida Pace Visconti e del marito Giuseppe Gastel (genitori del celebre fotografo Giovanni Gastel con cui ho avuto l’occasione di parlare molto a proposito del marchio), ma il parfumeur-maison era una laureata in chimica che da tecnico di laboratorio era divenuta profumiera, la Signora Vassalli. A questa donna finora sconosciuta dobbiamo il rilancio di glorie come Acqua di Selva, Contessa Azzurra e Tabacco d’Harar, ma anche creazioni sobriamente raffinate come Rose Melody e il romantico mughetto Augurio.

Fra gli ebrei in fuga dalla Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale c’è un certo Ernest Shiftan, berlinese approdato negli States e divenuto profumiere capo di International Fragrances & Flavors (IFF). Solo chi era stato discriminato poteva porre fine ad un’altra discriminazione: è lui infatti ad incoraggiare Josephine Catapano, un’italoamericana neolaureata in chimica all’Hunter College di New York che sognava di fare la profumiera. La prima grande sfida per Joe (così la chiamavano) fu soddisfare la bizzarra richiesta della proprietaria di una linea di creme di bellezza: Estée Lauder.
Mrs. Lauder voleva che il profumo diventasse un gesto quotidiano lecito per ogni donna americana (e non solo un regalo ricevuto dal proprio uomo da indossare nelle occasioni speciali). Genio del marketing formatosi vendendo porta a porta, Estée pensò di lanciare un olio da bagno dall’essenza così intensa da rimanere sulla pelle a lungo come un profumo. Josephine Catapano immerse un bouquet floreale radioso di aldeidi e piccante di garofano e cannella in un bagno così sfacciatamente carico di ambra e patchouli da conferire al liquido la dolcezza ed il colore della coca-cola. A volte immagino Estée che ripete insistentemente a Josephine “Più forte, più forte!” e sorrido pensando a queste rappresentanti del ‘sesso debole’ che si sarebbero bonariamente mangiate a colazione svariati colleghi. Oltre che per floreali verdi pieni di glamour e freschezza come Fidji di Guy Laroche e Norel, ricordiamo Joe Catapano come la prima Vice President donna in IFF. Ecco perché oggi non è difficile trovare donne come Calice Becker o Anne Flipo ai vertici delle più importanti case essenziere.

Anche un’altra leggendaria Vice President di IFF, Sophia Grojsman deve molto a Josephine Catapano: più volte ha detto di essere diventata profumiera prendendola come ispirazione. La sua storia sembra un film ambientato durante la guerra fredda. Di origini Bielorusse, nel 1960 la giovane Sophia si stabilisce con la famiglia in Polonia dove si laurea in Chimica. Fuggita poi negli USA, trova impiego in IFF come tecnico di laboratorio. Ernest Shiftan e Josephine Catapano si accorgono subito del suo talento e le fanno da mentori.
Sophia si impone subito grazie alle sue prime creazioni: White Linen di Estée Lauder nel 1977 e subito dopo Paris per Yves Saint Laurent. Basta sentirle per capire il suo stile inconfondibile: fragranze all’apparenza semplici, quasi ingenue ma molto diffusive e dall’impatto emozionale incredibile con un fil rouge che sarà un po’ la sua nota feticcio: la rosa.

Sophia Grojsman rivoluzionerà anche il modo di formulare un profumo con quella che è stata definita la “galètte Grojsman” presente in molte sue creazioni: una nuvola soffice e compatta da cui affiorano impressioni di violetta e frutti di bosco, un sentore così confortevole da essere ribattezzato accordo “abbracciami”. Chi ha indossato Trésor di Lancôme, altro intramontabile successo composto a quattro mani con una giovane Patricia de Nicolaï, conosce bene questo tenero abbraccio. I riconoscimenti dall’industria alla sua carriera sono stati da record, fra cui l’American Society of Perfumers Living Legend Award nel 1996, come mai ad una donna prima.

Sophia Grojsman è un emblema dell’integrazione e del girl power in profumeria, un riferimento per le ragazze ancora oggi. Non a caso, la talentuosa newyorkese Mackenzie Reilly che di recente ha firmato Ashore e Meander per Amouage, mi ha raccontato che pochi anni fa durante la sua formazione in IFF, Sophia passava ancora spesso in laboratorio per correggere le formule dei profumieri junior e, di tanto in tanto, estraeva dal decolleté un flaconcino (il calore corporeo favorisce la maturazione) sempre curiosa di raccogliere spunti dai giovani.

Il titolo di Chevalier des Arts et des Lettres è il massimo riconoscimento a chi ha reso onore alla Francia nell’arte e nella letteratura. Per la prima volta nel 2012 il titolo è stato conferito ad un profumiere, consacrando di fatto così la Profumeria come l’VIII arte. Fra i nuovi fragrantissimi Cavalieri, c’erano anche due donne: Françoise Caron e Daniela Andrier.
Classe 1949, Françoise Caron è nata Grasse dove la famiglia da generazioni commercia materie prime per la profumeria. Nonostante Germaine Cellier avesse fatto da apripista, nel 1970 non era così sdoganato che una ragazza entrasse alla scuola di profumeria di Roure. Forte del suo DNA e di una grande determinazione però, Françoise si trasferì a Parigi senza badare troppo all’accoglienza un po’ fredda dei colleghi.

Nella sua lunga carriera, Madame Caron ha avuto modo non solo di rompere il ghiaccio maschilista del settore, ma di inanellare numerosi successi come l’Eau d’Orange Verte per Hermès (1979), Ombre Rose di Jean-Charles Brosseau (1981) e il primo poetico ikebana floreale di Kenzo (1988). La solidità tecnica unita ad una scrittura luminosa e al gusto elegantissimo l’hanno resa maestra degli chypre, delle colonie e dei bouquet floreali. Una maestra che negli anni è stata mentore di diversi giovani fra cui Calice Becker (altro Chevalier des Art et des Lettres nel 2019) che porterà poi con lei nella società Quest a metà anni ’90, e più tardi di Françis Kurkdjan con cui firmerà svariate creazioni fra cui l’Iris Nobile di Acqua di Parma (2004), o ancora di Yann Vasnier con cui ha composto diverse fragranze per Comme des Garçons.

Dal 2014 Françoise Caron è a capo del team creativo di Takasago a cui dobbiamo, ad esempio, l’universo olfattivo di Astier de Villatte fatto di detergenti per i piatti profumati e raffinate colonie, senza scordare le suggestive fragranze d’ambiente che fanno vivere l’emozione di viaggiare da Parigi a Oulan Bator, da Algeri a Napoli.
La nascita della profumeria di nicchia infine, grazie ad una maggior libertà creativa ma anche di crescita fuori dai rigidi percorsi delle istituzioni e dell’industria, ha consentito alle donne pioniere di questo settore un’occasione di affermarsi come profumiere ed imprenditrici. Quattro Regine di questa nuova scacchiera sono sicuramente Annick Goutal, Patricia de Nicolaī, Mona di Orio e Vero Kern.

“La natura e le sue meraviglie mi guidano… Le mie emozioni diventano sentori, ho chiamato profumo il sogno che mi guida” – Annick Goutal
Annick Goutal apre il suo primo negozio parigino in Rue de Bellechasse nel 1980, ma la sua storia ha inizio molti anni prima ad Aix-en-Provence. Figlia di un pasticcere, il suo talento per il pianoforte la porta a viaggiare giovanissima per concerti e concorsi. Bellezza statuaria, la Ville Lumière le offre presto opportunità nella moda, sfilando come modella per griffe del calibro di Christian Dior. Per mantenersi inizia a vendere prodotti di bellezza con un’amica e viene colpita dall’odore allora non particolarmente gradevole dei trattamenti di bellezza.
Durante un viaggio a Grasse incontra Henri Sorsana, allora profumiere per Robertet che accetta di farle da maestro dell’arte profumatoria. L’amore per i bouquet floreali (in particolare per le rose) e la ricerca di materie insolite daranno vita alla sua linea di fragranze dense di particolari emozionali e botanici, dal piccolo giardino domestico di Folavril alle assolate colline italiane di Eau d’Hadrien, fino alle spiagge incontaminate di Sables che comporrà per il marito violoncellista sulla nota di elicriso, memore di una vacanza romantica in Corsica.

Patricia de Nicolaī nasce cullata dal profumo. Infatti è parte dalla famiglia Guerlain da parte di madre e fin da piccola respira capolavori come Shalimar, L’Heure Bleue e Après l’ondée che le saranno poi di grande ispirazione. Il diritto di nascita non è sempre un vantaggio però: diplomatasi brillantemente all’ISIPCA (la più prestigiosa scuola di profumeria in Francia), le viene negato di lavorare chez Guerlain che per tradizione passa titolo di parfumeur fra i maschi di casa. Tuttavia lo zio Jean-Paul Guerlain le trova un impiego in Florasynth e a soli 31 anni vince con la bellissima tuberosa Number One il Prix International du Jeune Parfumeur. Oltre alla consacrazione, arriva la consapevolezza di volere di più. Così nel 1998 decide col marito di aprire una propria linea di profumeria indipendente, Parfums de Nicolaï.
Dopo vent’anni costellati di successi inebrianti come l’orientale Sacrebleu, o ancora il finissimo agrumato New York, Patricia de Nicolaï può vantare il titolo di Chevalier de la Légion d’Honneur e l’affetto di tanti appassionati in tutto il mondo. Inoltre, dopo il fondatore Jean Kerléo, è stata per un decennio la prima donna a presiedere l’Osmothèque di Versailles (l’unico museo al mondo dov’è possibile sentire le fragranze storiche nella loro formulazione originale) dove ancora oggi tiene conferenze. La grande stima ed i riconoscimenti le hanno meritato l’affettuoso appellativo di First Lady della Profumeria.

Ultima menzione, ma non meno importante, va a due outsider della profumeria: Mona di Orio e Vero Kern. Mona è stata allieva del grande Edmond Roudnitska, da lui ha imparato a studiare le essenze in tutte le loro sfaccettature e a comporre mettendole in risalto al meglio. Dalla sua formazione artistica ha preso l’amore per i contrasti e il chiaroscuro che caratterizzano le sue creazioni, dal floreale oscuro e narcotico Nuit Noire fino alla luminosa tenerezza del suo Musc, passando per l’incantevole Vanille. Dal 2004 fino alla sua prematura scomparsa nel 2011, Mona ci ha lasciato con il suo marchio un testamento appassionante di bellezza senza compromessi e creatività coraggiosa che sicuramente hanno incoraggiato molte creatrici indipendenti.

Lo stesso fuoco sacro arde in tutta la storia di Vero Kern: dopo una carriera in tutt’altro settore decise, quasi sessantenne, di studiare profumeria presso Cinquieme Sens sotto la direzione di Monique Schlienger (altra grande donna della profumeria allieva di Jean Carles, naso di Parfums Funel e fondatrice della prima scuola di profumeria indipendente).
Anima beat, cosmopolita e coltissima amante dell’arte in tutte le sue espressioni, con il suo marchio Vero Profumo la divina Kern ha saputo riscrivere il concetto di modernità in profumeria, reinventando temi classici con uno sguardo contemporaneo oltre le convenzioni. Creazioni come lo chypre verde Mito, o il suo vetiver Onda, oltre ad aver preso parte ad esposizioni multisensoriali di arte contemporanea come “Nirvana – Le strane forme del piacere” presso il Mudac di Losanna, resteranno ai posteri come capolavori assoluti dell’ottava arte.
Se oggi sempre più ragazze intraprendono lo studio della chimica e della profumeria, lo fanno sulle spalle delle donne coraggiose che voglio celebrare oggi e che ho nominato solo in parte perché fortunatamente sono sempre di più. È importante festeggiare tutti, perché hanno reso la profumeria un luogo più aperto, libero e creativo.
Grazie infinite a tutte loro.
Lascia il tuo commento…
Bellissimo articolo, molto istruttivo e completo. Complimenti vivissimi all’autore, al quale riconosco competenza e passione.
Carissimo Gianfranco,
sono contento ti sia piaciuto e ti ringrazio per le belle parole di stima 🙏🏻❤️