La rosa è un dono di Allah. Meo Fusciuni
10 maggio 2014, El Kelaa M’Gouna
“Assafar, Assafar”
“Se provi a chiudere gli occhi, nella terrazza della kasbah e provi ad ascoltare la notte, non c’è nessuno oltre a te“.
È molto presto oggi quando ci mettiamo in cammino, il sole inizia a scaldare piano piano tutto, i volti, le mani che lavorano, le foglie, i ruscelli, le fronti sudate di uomini e donne.
Oggi sono un po’ silenzioso, ieri l’incontro nei campi con le donne di Zahra mi ha entusiasmato molto e temo di rimanere deluso se oggi non avrò le stesse emozioni. Usciamo da El Kelaa diretti in un piccolo paesino a dieci km di distanza nella valle del M’Goun; in queste valli è come scoprire ogni volta un nuovo mondo, incastonato come pietra preziosa; la valle si apre tra le gole di argilla e roccia, natura ed equilibrio ovunque, tutto è bellezza. Cominciamo a camminare e scendiamo, dove scorre il fiume, attraversiamo un ponticello improvvisato con un tronco e si comincia già a sentire il profumo della rosa.
La cosa che mi stupisce di più è che qui la coltivazione non è mai intensiva, non trovi campi infiniti di rose, ma le siepi sono state piantate come ad abbracciare ora campi di grano, ora erba medica e accompagnate qua e la da piante di fico, melograno, mandorli e noci, in un labirinto odoroso.
Nonostante questo, il profumo di questo fiore in questo periodo dell’anno sovrasta ogni altro odore, sono già più sereno, capisco che anche oggi potrò arricchirmi di grandi emozioni, camminiamo lentamente attraverso le siepi di rose in un dedalo di strettoie e le spine dei rami si impigliano ai nostri abiti quasi volendo fermare il nostro cammino.
Le immagini questa mattina sembrano quadri: corpi curvi di donne berbere nei campi, tra il grano e fiori di papavero, volti che nascondono una bellezza berbera. Respiro tutto, mi fermo spesso a guardare e fisso punti odorosi, tutto si mescola all’odore della rosa, terra, uomini, animali, tutto si fonde.
Il paesaggio è diverso da quello di ieri, siamo in una valle isolata dal traffico e dalla confusione, dove scorre un fiume che da freschezza e le rose sono di un colore rosa più intenso. Qui è impossibile non venire sovrastati da questo profumo, mentre ci inoltriamo nei campi incontriamo le prime donne che stanno già portano i loro sacchi colmi di rose alla pesa, mentre altre ancora sono al lavoro. La nostra camminata attraverso le coltivazioni è intervallata da piccoli villaggi berberi e gesuiti abbandonati, in un affascinante paesaggio che ricorda un presepe fuori dal tempo.
Rimango indietro per annusare e perdermi in questi giardini naturali ordinati, dove donne e uomini lavorano ogni giorno la terra, oggi raccolgono rose, domani sarà il tempo del grano, dei fichi, poi delle noci, seguendo il ritmo regolare della natura e accettando i doni che come dicono loro Allah gli ha mandato.
Il popolo berbero è fiero delle sue origini, più aperto di quello che si può pensare, essere venuto qui con Roberto che vive sul luogo ci permette di abbattere le bandiere del pregiudizio e non essere trattati da semplici turisti, ma da persone che vogliono sapere, che rispettano il lavoro e la fatica e ci dona il privilegio di entrare nelle loro case e godere dei loro sorrisi e della loro ospitalità, come quando passeggiando veniamo invitati da una famiglia berbera a condividere il cibo della loro pausa, pane, olio e tè alla menta.
Il sole è sempre più alto e il “profumo rosso” della terra bagnata dalle piccole cascate e dai piccoli canali si fonde alle note verdi scaldate, tutto assume un odore caldo di sud, legno di pioppo bianco, oleandro, timo selvatico e fiori di tamarix. Di questa lunga camminata, di questa mattina infinita ho un ricordo che mi porterò sempre con me…”osservo quell’uomo, passare nelle mani ruvide e vitali, come fosse un rosario sacro, il fiore appena strappato”.
Ancora tanto caldo, è pomeriggio ormai e dobbiamo inseguire tutti i nostri appuntamenti. Dopo le bellissime visioni panoramiche delle gole del M’Goun ci dirigiamo nella distilleria più grande e antica di El Kelaa, dove incontriamo il direttore e responsabile della produzione. Spesso dietro alla poesia e alle speranze di ogni viaggio e ricerca si svelano le realtà di un territorio, le problematiche di un’evoluzione che corre più veloce della tradizione.
Ci spiegano che quest’anno la produzione è molto più scarsa degli scorsi anni, a causa della siccità e dell’organizzazione della raccolta tra i piccoli coltivatori. Raramente qui viene svolta ancora una distillazione importante in corrente di vapore, per ottenere l’olio essenziale, ma si preferisce ottenere la concreta dall’estrazione chimica con solventi, che per l’80% va a Grasse in Francia.
I numeri del lavoro sulla rosa sono questi, anche se ognuno ci ha dato più o meno dei valori diversi: per produrre 1 litro di olio essenziale occorrono tra le 4 e le 5 tonnellate di fiori, invece per ottenere 3 kg di assoluta occorre 1 tonnellata di fiori. La produzione principale che ogni famiglia berbera fa qui ad El Kelaa è la produzione dell’acqua di rosa o portare il proprio raccolto alla distilleria del villaggio. Risaliamo in macchina, dopo aver concluso i nostri incontri, con lo sguardo fuori penso a tante cose, alle emozioni di stamattina e alle contraddizioni di un popolo, di un territorio che avevo dimenticato di conoscere.
Rientriamo nella kasbah per l’ultima notte qui, all’entrata chiedo ad Abdelaaziz il significato della parola Assafar e scopro che ha due significati: in marocchino viaggio e in berbero cura o rimedio ottenuto con piante medicinali; quindi “il viaggio come cura“, questa è la conferma che sono venuto nel posto giusto.
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