Iris Pourpre e Iris d’Argent. Keiko Mecheri coglie l’essenza di un fiore nobile
L’apparenza inganna e incanta quando si parla dell’iris, un fiore in equilibrio tra terra e cielo che cresce spontaneo lungo i filari di campagna ma nel borsino del mercato essenziero raggiunge quotazioni stellari. Ha uno stelo dritto e fiero che punta come una freccia verso l’azzurro e petali vellutati, detti lacinie, di tale bellezza che è facile credere che possano custodire “l’oro viola”, come lo chiamano i Nasi. E invece, a differenza di tutti i fiori prestati alla profumeria, nasconde il suo profumo dove nessuno se l’aspetta, tra le zolle della terra, dentro rizomi che una volta dissotterrati hanno l’aspetto di grosse cipolle barbute.
Bello da guardare, complicato da lavorare, l’iris è un fiore “difficile” e lo dimostra il lungo e laborioso processo di lavorazione attraverso il quale diventa uno degli elementi più importanti della palette del Naso. Una volta raccolti, i rizomi vengono fatti maturare al buio dentro grandi silos per un minimo di tre anni, un’attesa necessaria perché si sviluppi l’alfa-irone, la molecola responsabile dell’aroma, prima di essere triturati e distillati a vapore. Anche la sua essenza ha una natura complessa e ambivalente. E’ soffice e delicata con sfaccettature talcate e fiorite, ma anche terrosa, legnosa, quasi maschile. Nonostante sulla pelle sia capace di mimare l’impalpabile consistenza di un piumino di cipria, è così tenace da scivolare spesso nel fondo dei profumi per essere impiegata come nota fissativa.
Un fiore così particolare può essere raccontato con un solo profumo? Secondo Keiko Mecheri la risposta è no e infatti quando decide di presentarlo nella sua collezione lo fa con Iris Pourpre e Iris d’Argent, due creazioni lanciate in contemporanea nel 2009 che passano per una versione femminile e maschile del tema iris e invece rappresentano uno studio approfondito, affascinante e unico nel suo genere, declinato in due tempi, che cattura il visibile e l’invisibile, l’apparenza e l’essenza, la sua natura duale cui la creatrice giapponese da risalto, conscia che questo è l’unico modo per celebrare l’iris.
Iris Pourpre ha una piramide che contempla la grazia e l’eleganza dell’iris. Prende ispirazione da un panello laccato del periodo Edo raffigurante alcuni nobili giapponesi intenti ad ammirare un giardino di bulbi iridacei color indaco e oro, la visione estatica di occhi mortali posati su fiori talmente belli da sembrare divini. Una scena così intensa da spingere Keiko Mecheri a riportala in un profumo femminile che si accorda al concetto giapponese di Iki.
Il termine in giapponese moderno viene tradotto come “raffinato” o “elegante”, indicando al tempo stesso qualcosa di molto sensuale. All’inizio dell’Ottocento designava il fascino silenzioso delle geishe, una sintesi di spontaneità e di artificio che il filosofo e scrittore Kuki Shuzo ha raccontato nel saggio “La struttura dell’Iki“. Anticamente, il concetto di Iki veniva rappresentato come l’immagine di una donna dal corpo snello, il viso affilato, le movenze eleganti, vestita con motivi semplici e colori sommessi come il blu, il grigio, il verde o il marrone scuro, i colori dell’iris. La fragranza mostra all’inizio una fioritura multipla di note rosate illuminate da un tocco di bergamotto. E’ un’apertura che seduce ma con grazia, perché Iki è anche il modo in cui le geishe, con un movimento impercettibile del capo, mostrano l’attaccatura dei capelli, un gesto che se studiato ed eseguito con naturalezza può diventare estremamente erotico.
Etereo e soave, scivola poco dopo dentro un accordo di iris nero e bianco che fa ammutolire con la sua bellezza le note circostanti, così assoluto e ampio da far sembrare questa fragranza un soliflore, ma la scelta di questa struttura così lineare da parte di Keiko Mecheri non è casuale: l’iris non è come la rosa, rifiuta la dozzina e i bouquet affollati e scenografici, scegliendo di presentarsi in solitaria per farsi ammirare in tutta la sua bellezza. La creazione ha un epilogo chypre con un fondo che arrotonda il carattere spigoloso dell’iris e gli dà più consistenza e profondità.
Iris d’Argent invece è una fragranza che scende in profondità e tocca prima il cuore e poi l’anima dell’iris. Per questo all’inizio percorre i contorni frastagliati e le nuance argentee di un fiore altero e ieratico, obbligando i sensi a una pausa forzata ma piacevole in superficie, scandita da note luminose, agrumate, verdi e floreali, nette e voluminose, messe in un equilibrio così perfetto da evocare il moto verticale dei petali e l’architettura perfetta della corolla. Poi attraverso una lenta discesa lungo il gambo, Iris d’Argent porta l’olfatto a cogliere la sua verità, quella parte invisibile agli altri sensi, e lo fa con un accordo talcato e terroso ottenuto con burro e polvere di iris, lo stesso che aveva affascinato Caterina de’ Medici e le corti europee del Rinascimento, quel cuore potente e nobile che tanti profumieri hanno tentato di liquefare nei loro profumi, spesso con scarso successo. Un’impresa invece che riesce a Keiko Mecheri grazie alla sua capacità di cogliere le sfumature più segrete di una materia prima (un esempio è Bois Satin), oltre ad uno sguardo che non si ferma all’apparenza.
Visti i suoi studi di Belle Arti a Los Angeles e la passione per la pittura, in questa fragranza è immediato ed evidente il riferimento alle iris ritratte dalla pittrice statunitense Georgia O’Keeffe, a prima vista glaciali ma dotate di una sensualità ipnotica, capace di risucchiare lo spettatore verso uno sconosciuto centro della terra, dimensione verso cui si dirige Iris d’Argent nella fase di coda, con un accordo chypre che dà l’illusione di una piramide dalle radici affondate nell’humus. Un finale che ci ricorda l’origine terrestre dell’iris e dove è nascosto il suo tesoro, oltre a porre la fragranza lontano dall’immagine celestiale con cui l’iconografia olfattiva è solita rappresentarlo.
A detta di Friedrich Schiller, “Tutti giudicano secondo l’apparenza, nessuno secondo la sostanza“.
Tutti, ad eccezione di Keiko Mecheri.
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Preferisco la viola all’argentata, che mi ricorda troppo l’iris di Dior… e poi la trovo più aderente all’immagine che ho dell’iris e di Keiko.