In Marocco quando piove gli odori resuscitano. Meo Fusciuni
8 maggio 2014, Marrakech, Piazza Jemaa el Fna
“A Sud… InchAllah”
(sarà come Dio vorrà)
La notte è passata con un forte temporale, ma questa mattina non sembra più fresca delle altre. E’ presto, l’odore intenso della notte precedente svela i segreti della piazza, del teatro odoroso che ogni giorno fino a tarda sera va in scena.
Osservavo nel caldo pomeriggio di ieri donne e uomini a coprirsi il naso, come a non voler sentire l’eccessivo profumo, odore di questa città; invece ne rimango affascinato, ogni volta, pur non riconoscendo tutti gli odori. In piedi, guardando il Cafè de France attendiamo il mezzo con cui percorreremo oggi una lunga strada che ci porterà da Marrakech fino a El Kelaa, nella valle delle rose, attraversando il passo del Tizin’Tichka, fermandoci a Imouzzer e Ouarzazate.
Siamo io, Federica e Roberto. Davanti a questo caffè mi torna alla mente il periodo in cui vivevo il Marocco di Shukran, è incredibile poter vivere uno stesso luogo con sensazioni completamente differenti, mi fa capire la bellezza della ricerca; chissà quali flussi agiscono sulla metamorfosi di ognuno di noi. Mi do una risposta chiara e decisa a questo quesito, InchAllah.
Lo sguardo fuori dai finestrini aperti lascia il caotico fulcro di Marrakech, ma sembra non volersi staccare; la poetica visione svanisce in un istante, facciamo rifornimento e il tanfo di benzina mi avvolge. In pochi chilometri la visione della città cambia completamente, dagli ombrosi vicoli della medina si passa ai giardini di ulivi e palmeti, pascolo popolare, come viene chiamato qui, distese reali e campi di golf, addirittura nove, un’eredità di Hassan II mi ricorda Roberto.
La storia politico-sociale del Marocco negli ultimi cinquanta anni è una storia ricca di tanti retroscena, soprattutto legati alla vita della famiglia reale; solo vivendo qui e senza i filtri della comunicazione occidentale si riesce a capire anche solo in parte il movimento umano e sociale che vive questo paese.
Il caldo è molto intenso oggi, l’odore dell’asfalto caldo domina su ogni cosa, la via degli eucalipti dona ombra a tratti; attorno terreni aridi, pecore, pastori e pochissime case. La foschia non permette di vedere lo spettacolare panorama dell’Alto Atlas. Lasciamo Marrakech in direzione sud-est, attraversiamo tanti villaggi e in prossimità di ognuno di loro sporgo la testa, quasi a catturare, sentire; è quasi ora di pranzo, l’odore delle tajine sui bordi delle strade mi regala una pausa dall’ossessivo asfalto, ci fermiamo, scopro che il nus nus, latte e caffè caldissimo e dolcissimo, è identico a quello che mia nonna Vincenza mi faceva, memoria olfattiva e origini berbere.
Viaggiare con Federica e Roberto mi permette di godere di pause anche lunghissime, lascio gli occhi cadere, solo il gusto del latte e caffè, la tajine, l’asfalto e il rumore di qualche macchina. Andiamo. Sulle ripide pareti delle montagne crescono ginepri rossi, pini di Aleppo e i lecci. L’Alto Atlas è un vero confine climatico, una vera barriera; protegge la zona centrale del Marocco, la meseta, dai venti caldi sahariani del chergui, facendo sì che le masse d’aria umida dell’Atlantico si trasformino in pioggia.
Qui le precipitazioni annuali sono molto scarse, ma la neve e le frequenti piogge dell’Alto Atlas aiutano anche le terre del sud, lungo le oasi, vene importantissime per il territorio e le culture botaniche che ci vivono. Nel nostro cammino prima di raggiungere la prima meta incontriamo due temporali di grandine, Roberto mi guarda con lo sguardo di chi vuol dire…”a maggio non è mai successo”, ma io godo di queste pause di pioggia, gli odori resuscitano: il verde dei pini, dei lecci, l’odore della terra rossa, il legno dei banchetti ai margini e la brace bagnata delle tajine.
Altre pause, altro nus nus, occhi chiusi, mia nonna e… andiamo. Dopo due ore di viaggio arriviamo a Tadder, tra alti alberi di noce e grandi querce, poco prima del Tizi-n-Tichka (2260m). Semplici caffè e piccole drogherie; percorriamo una piccola stradina sterrata che ci porta a Imozzeur; siamo ospiti di Mohamed Kachtoun e la sua famiglia.
Imouzzer è un piccolo villaggio nell’Alto Atlas, vi abitano circa 700 persone. L’economia locale è basata principalmente sull’agricoltura, in particolare sulla coltivazione di meli. Qui si vedono i villaggi tipici berberi. L’accoglienza di Mohamed è quella tipica di queste zone e siamo da subito avvolti dalla bellezza della sua persona, Mohamed non è solo un amico ma anche il presidente dell’Associazione Wifaq; che rivedo ogni qual volta un viaggio o una mia ricerca passa da qui, questo è uno degli scopi del nostro viaggio responsabile, viaggiare sostenendo i progetti locali negli anni. L’associazione ha realizzato molti progetti in campo educativo, imprenditoriale ed agricolo, dighe e canali di irrigazione.
Una piccola passeggiata con Mohamed tra gli esemplari di Juglas regia di 400 anni, che si ergono dal suolo e si manifestano nel loro splendore. Pochi chilometri più in alto del villaggio da una cascata sorge l’Oued Glaoua, un torrente che alimenta il villaggio, (Imouzzer significa cascata). Ringraziamo Mohamed per l’ospitalità, per l’incredibile pranzo e il tempo passato con noi passeggiando tra noci secolari e cascate, riprendiamo il nostro cammino verso Ouarzazate, ancora grandine… a sud, InchAllah.
Percorriamo chilometri in un territorio lunare e di rado incrociamo altri viaggiatori, tutto è quasi deserto e dentro me mi chiedo come possa fare ad un tratto a spuntare un cespuglio che porta in grembo una rosa. Entriamo finalmente a Ouarzazate, ci fermiamo nella Kasbah di Taourirt, uno dei tanti insediamenti del pascià di Marrakech; la via che da qui ci porterà a El Kelaa è chiamata la via delle mille kasbah.
Altre ore di strada, come un visionario ormai mistico non intravedo niente oltre alle stupende zone desertiche; finalmente verde, attraversiamo la pianura e la palmerie di Skoura. Tutto si ferma, parole, pensieri, sensazioni. Non so a cosa porterà questo mio viaggio, ma sicuramente lo sto vivendo in maniera viva, sapendo che qualcuno lo sta leggendo; forse amici, conoscenti, persone che non conosco e tante altre che forse conoscerò dopo.
Vi racconto questa cosa per chiudere questa pagina del mio diario: da piccolo quando arrivavo in Sicilia, attendevo con ansia di vedere un cartello che indicasse Mazara del Vallo, e quando spuntava il primo chiudevo gli occhi e sentivo il profumo della mia terra… sulla lunga via il primo cartello El Kelaa appare, e chiudo gli occhi.
“Per quanto lontano si possa retrocedere nella storia, gli uomini hanno sempre utilizzato le piante, dapprima per nutrirsi, poi per curarsi ed infine per sognare ed unirsi al Grande Tutto nel corso di un viaggio sacro.”
(Claudine Brelet-Rueff, Le arti mediche sacre dall’antichità ad oggi)
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