Ho un solo desiderio, posare il capo e il naso tra i petali della rosa. Meo Fusciuni
9 maggio 2014, El Kelaa M’Gouna
“Il nostro grido è come campanello di carovana,
come tuono quando se ne vanno le nubi,
O viandante! Non legare il cuore a nessuna dimora,
perché soffrirai quando te ne strapperanno via”
(Rumi, poesie mistiche)
Arriviamo a El Kelaa M’Gouna al tramonto, percorriamo lentamente la strada ma ancora senza vedere nessuna rosa, nulla, nessun campo verde, ancora deserto, solo bambini gioiosi che provano a vendere collane di petali lungo la strada, donne passeggiano; c’è uno strano silenzio in macchina, interrotto solo dal canto del muezzin; ci chiediamo come possa manifestarsi a noi la rosa in quest’aridità.
E la vita non smette mai di stupirti, la vita è sogno diceva Calderon… si apre la valle ai nostri occhi, apre M’Gouna il proprio cuore.
Sono stordito da questa visione, all’improvviso tutt’attorno campi rigogliosi e verdissimi, un odore infinito di natura e cerco lei, inizialmente non la vedo, ma pian piano appaiono i primi cespugli, i primi boccioli, poi sempre di più, fino a lunghissime filiere che abbracciano i campi. Ho aspettato tanti anni prima di arrivare qui e adesso rimango immobile.
Vorrei scendere e correre per sentirne il profumo, quasi a dirle piano che sono arrivato, il lungo viaggio è finito; ma devo attendere, adesso è tardi e dobbiamo trovare la kasbah dove alloggeremo nei prossimi giorni qui nel M’Goun.
La via principale è ricca di negozi e botteghe che vendono ogni tipo di prodotto alle rose, dal sapone alla lozione, dall’acqua a profumi solidi, ma qui la qualità è scarsa come mi diranno poi quelli del posto. La kasbah è lontana dal centro movimentato, quasi in una zona desertica, tra rovine di vecchie fortezze e posizionata su uno strapiombo con una vista incredibile sulla valle: fiumi, palme, melograni, fichi e rose, rose, rose, rose… È notte ormai, guardo la valle dall’alto della terrazza, nessuna luce, niente, non vedo niente, ma so che tutto brulica sotto il buio, è incredibile come il profumo della valle voli fino in alto. Il suo profumo è leggero oltre i cieli.
“Come grano è il cuore, e noi siamo la macina del mulino; che può sapere la macina di questo suo eterno girare?
(Rumi, poesie mistiche).
Alba a M’Gouna… gli occhi aperti.
In questi giorni ci alzeremo sempre molto presto, il lavoro nei campi di rose inizia con le prime luci dell’alba; fa molto caldo oggi, il nostro primo incontro sarà con la Cooperativa Femminile Taytmatine. Saliamo in macchina e ci dirigiamo fuori dal paese, adesso posso osservare bene come sono disposte nell’ambiente le rose, cespugli ovunque ma regolari, come a circondare un giardino.
Zahra, la direttrice della cooperativa è la tipica donna berbera, che dirige e comanda; saluti veloci e ci incamminiamo nel cuore della raccolta, quasi capisse la mia ansia di sentire da vicino tutto; incontriamo uomini e donne con grandi sacche colme di rose, che tornano verso la cooperativa, andranno a pesare il raccolto prima della distillazione.
È tutto soave in questo momento, Zahra prova a darmi tante nozioni del loro lavoro e provo ad ascoltare, so che ci sarà tempo per scrivermi tutto, adesso ho solo un desiderio, posare il capo e il naso tra i petali della rosa… e quel momento tanto atteso arriva.
“Emozioni, nei suoi petali chissà quali emozioni scorrono?
Nelle piccole molecole che passano, esiste uno spazio, costellato di qualcosa,
mi piace pensare di mille sguardi,
come quando immersi respiriamo, come a viverne.
Come fosse tutto qui, l’essenziale, in questo fiore.
Oggi le parole mi emozionano più di prima, più di quel tempo in cui le parole erano l’unica corda che univa;
oggi le parole sono linfa, essenza, che scorre, di estrema delicatezza.
Esiste un tempo in cui mi fermo, nel giorno, nella notte,
e ripenso all’avvenuto, alla ricerca di noi stessi.”
Mi risveglio dal primo sentire; rimaniamo nei campi a parlare, incontrare i raccoglitori e capire il loro lavoro; ci spiegano che qui non si usano protezioni particolari perché la rosa come il popolo berbero che la protegge, è resistente a tutti gli attacchi; il fiume M’Goun le disseta tutto l’anno, ma le annate mi racconta Zahra si fano sempre più secche e le rose sempre meno.
Le ore che seguono e che sembrano volare passano dai campi alla distillazione del raccolto di oggi, ci mettiamo a lavoro con loro fin dalla fase iniziale, dove tutte le rose vengono sparse larghe a terra, i boccioli ancora chiusi vengono separati e usati come decoro o per gli infusi nel tè, è uno spettacolo bellissimo.
Il laboratorio ha la tipica struttura della kasbah, seduti a terra lavoriamo senza sosta e l’odore narcotico del fiore in poco tempo ha ormai saturato le stanze, una sensazione olfattiva incredibile che voglio vivere ogni attimo. Prepariamo il distillatore, adesso colmo di rose e chiudiamo. Nel momento prima mi fermo, a pensare quanto la natura ha lavorato per creare questa ebbrezza…
Tutto qui profuma di rosa; il pane caldo arrivato dal forno, il tè, fatto con petali freschi di rosa, il cous cous di cui a fatica sentivo il profumo, la frutta e i dolci…
Passano le ore, troppo velocemente passa il mio primo giorno nella Valle delle Rose… il primo frutto del lavoro, poche gocce di acqua di rose, mi viene offerto, lo bevo. Shukran.
La nostra è una terra povera, la valle del M’Goun ci è stata donata da Allah, e con essa il suo frutto più prezioso, la rosa; e io fin da piccola compio la sua raccolta (Zarha).
Il profumo di questo fiore e le parole di questa donna berbera mi accompagnano nella notte, con il pensiero a domani, in un luogo speciale.
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Segui il tuo destino,
bagna le tue piante,
ama le tue rose.
Il resto è l’ombra di alberi estranei.
-Fernando Pessoa-
In questi giorni di quiete ascolto il mio destino,
ascolto la vegetazione che attorno cresce,
amo ogni passo di questo cammino.
Meo