Ho imparato ad ascoltare prima di parlare. Meo Fusciuni
5 maggio 2014
Studio Salsomaggiore Terme, Italia
(tardo pomeriggio)
“La via Spirituale e la via Pratica”
Dopo una notte insonne e una mattinata passata al telefono con il nostro contatto in Marocco, a causa di una mail allarmante su un probabile spostamento di tutto il viaggio arrivata la sera precedente, la mente adesso inizia a distendersi. Queste ore prima della partenza preferisco passarle su vecchi libri e passati ricordi.
Osservo la cartina e il tragitto, annoto ogni cosa mi venga in mente di chiedere, ad occhi aperti provo ad immaginarmi i volti di donne e uomini che incontrerò, provo a ricordare tutti i volti delle persone che già conosco, provo a ricordare vicoli e stradine della medina una volta atterrati a Marrakech.
La memoria rimane un mio chiodo fisso, fin dall’università, quando scelsi di fare la tesi di laurea sull’Alzheimer e gli utilizzi sperimentali soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone del Ginkgo biloba, l’albero fossile dalla foglia bilobata. Continuo prima di affrontare un viaggio a ripetermi “ricorda, ricorda, ricorda…” quasi come un memento, ed è per questo che continuo a scrivere tutto ciò che vedo, di continuo, come una macchina fotografica che inceppata scatta fotografie con l’autoscatto.
Ritornando alla mail allarmante, il Marocco è anche questo, imprevedibilità, incertezza fino alla fine, con eventi e incontri che rischiano di saltare o di slittare di qualche settimana; accadimenti questi, che nella vita di un isolano arrugginito, assicurano una destabilità psichica. Ma ormai conosco tutto ciò, ricordo tutto ciò, ed è come aver acquisito uno stato di quiete, e con cadenza quasi costante mi ripeto, Inch’Allah.
Certo, questo non sarà un diario solo mio, ma che condividerò con altri e quindi spero, che tutte le persone che dovrò incontrare con appuntamenti fissati si trovino lì, nel giorno stabilito, altrimenti vorrà dire che parlerò di incontri con persone che si trovavano lì per caso.
Viviamo il parziale.
L’assoluto sappiamo che c’è ma non sappiamo che cosa è.
Ogni campana possiede un suono, ma non suona sempre.
(mistico afgano)
Ho trovato questa frase su uno dei libri che ho scelto di leggere prima di partire, e mi vedo, ne osservo la dimensione umana, ne ascolto il suono del significato.
Il Marocco, questo luogo incastonato tra alte catene montuose, deserti, mari e culture è per me l’assoluto che appare e scompare, che so esistente ma che ogni volta sfiori o lasci cadere dallo sguardo, è la campana della mia vita che suona solo per celebrare un rito. Lì, le cose iniziano ad essere chiare. Questa è una mia via spirituale di vivere il viaggio, ma che non voglio nascondere, voglio solo che possa camminare accanto alla via pratica, fatta di passi, parole, fatiche, odori, suoni e incontri. Non sarà un viaggio dell’eremita, ma una contaminazione continua.
Rumi parlava dell’ascolto come un messaggio primordiale, nascosto nelle profondità del cuore; penso si riferisse al divino, io lo faccio con l’altro, che incontro, che penso di vivere come fonte essenziale di me stesso. Ho imparato ad ascoltare prima di parlare.
Meo
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