Harmatan Noir ~ Parfumerie Generale (Perfume Review)
Oggi si è alzato il vento qui nel deserto.
E’ l’Harmattan. Viene da lontano, dicono dal Sahara, soffia forte e riempie il cielo di una polvere finissima e abrasiva. Tutto diventa nero, come di nebbia pesante, che nemmeno gli aerei possono alzarsi in volo. Ti sorprende, un po’ ti spaventa, ricordi di aver sentito dire che irrita animali e persone, li rende pericolosi. Ma la gente del posto ti guarda divertita e un po’ ride di te. Loro lo sanno. Non è un vento cattivo, non lo temono, anzi lo aspettano, lo chiamano “il dottore” perché cura dal caldo opprimente, porta refrigerio e spazza via l’umidità. Ed è anche profumato, intrigante e ricco degli odori che raccoglie sul suo cammino, in un viaggio che può arrivare fino in Sud America.
A tutto questo si è ispirato nel 2006 Pierre Guillaume, chimico, profumiere e fondatore di Parfumerie Generale, per la creazione della sua fragranza numero 11, l’Harmatan Noir.
Il jus è offerto in eau de toilette nel solito packaging austero, il “diolene”, essenziale ed elegantissimo, caratteristico di quasi tutta la collezione PG, una bottiglia quadrangolare di vetro spesso con la consueta etichetta tonda e nera dove non compare il nome della fragranza, solo il suo numero identificativo, così da non influenzarne il giudizio olfattivo.
Il profumo apre con una verde nota di menta, che prosegue fino al cuore della composizione senza mai diventare invadente. E’ una menta asciutta e rinfrescante, lontana da dolcezze di sciroppi e caramelle, perché si intreccia a una nota fumosa di tè appena fermentato e sale, che la rendono austera. E proprio la nota di tè leggermente fermentato prende via via più corpo e introduce la seconda fase, un cuore ornato e impreziosito da un accordo di cedro e gelsomino. Il drydown si fa più caldo man mano che ci si avvicina alla base, dove diventano predominanti note legnose e di fiori essiccati. La tempesta è finita e rimangono nell’aria tenui tracce del suo passaggio.
Una fragranza complessa e sofisticata questa Harmatan Noir, mutevole nella sua evoluzione, con i suoi contrasti non immediata da decifrare, come spesso accade alle vere opere d’arte, che si svelano a poco a poco e offrono diverse chiavi di lettura ad ogni nuovo approccio. Un jus che non alza la voce, un profumo asciutto ma capace di recare sollievo nelle lunghe giornate d’estate, il periodo più adatto a godere di questa creazione.
Alla fine, questo strano vento del deserto non spaventa più e quando si calma e scompare ci si ritrova a pensare come sarebbe bello se soffiasse più a lungo, magari per tutto il giorno.
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Questa è una bellissima descrizione del mio profumo preferito. Grazie!
Grazie a te per l’apprezzamento, Luca!
;@)
I profumi di PG sono bellissimi, peccato che non tengano un bel niente, svaniscono dopo mezz’ora, non hanno persistenza. Eppure le piramidi sono ben costruite, è un gran peccato visto quello che costano le fragranze. Mi ricordo che quando fu lanciata la linea dicevano che Guillaume creava volutamente profumi senza scia che si staccavano dalla pelle solo 7cm perché secondo lui profumarsi era un piacere intimo da condividere solo con le persone più vicine, ma secondo me era solo una trovata di marketing per coprire un difetto della linea. Tu cosa ne pensi?
Ciao Roberta.
Condivido la tua analisi sulla bellezza e l’originalità delle creazioni di PG, e anche il tuo giudizio sulla loro non eccelsa persistenza e credo che questo si capisca anche dalla chiusura del pezzo.
Io ho risolto portandomi dietro un travel atomizer, o una fialetta di un sample “riciclata” a costo zero, e rinnovando l’applicazione alla bisogna.
In attesa che PG magari decida di lanciare anche una versione EDP delle sue fragranze!
Ma è cosa risaputa che i Diptyque, gli Artisan, i PG, i Kurkdjian e centinaia di altri marchi non hanno tenacità…GLI UNICI SONO I MONTALE!!