Francesca Gotti. Ritratto di una visual designer prestata al mondo del profumo
Il mondo del profumo è un universo complesso di idee, conoscenza, studio, intuizioni e creatività. Non sempre questi elementi sono presenti nelle fragranze presenti sul mercato sia commerciale che di nicchia, ma quando li ritroviamo tutti insieme all’interno e all’esterno di un flacone, allora siamo di fronte a un prodotto ad alto tasso di interesse. Quando poi questo prodotto si inserisce nell’ambito di una linea composta da più fragranze che raccontano una storia articolata e coerente, ecco che possiamo parlare di un progetto o concept. Extrait ha avuto il piacere e l’opportunità di presentare in questi mesi uno dei concept più interessanti degli ultimi anni e che parla italiano: nu_be della Fluidounce di Parma. Nelle review abbiamo sempre parlato sì del contenuto, ma abbiamo anche accennato alla realizzazione del packaging, innovativo ed estremamente originale, imprescindibile simbionte della fragranza che inguaina. Perciò abbiamo voluto concludere questo viaggio nella galassia nu-be con un’intervista a colei che ne è artefice, musa e storyteller: Francesca Gotti, product e visual designer di nu_be.
Con in mano una Laurea in Storia e Filosofia ad indirizzo artistico, Francesca è entrata nel mondo della creatività con la massima libertà di chi non è legato a schemi accademici prevedibili e preconcetti. Con la curiosità di chi ama esplorare territori inesplorati, Francesca non si è lasciata sfuggire alcuna opportunità di sperimentazione, dalla fotografia alla produzione di borse-oggetto artigianali che portano il suo nome, dagli allestimenti artistici allo studio ed utilizzo di materiali nella continua ricerca di nuove forme e sensazioni tattili. Da qui all’incontro con Alberto Borri e Tommaso Granelli di Fluidounce il passo è stato breve e ciò che ne è scaturito è una vera e propria scent experience intessuta nel ricco ordito degli elementi di questa Tavola Periodica “per gli umani” intitolata nu_be. Ma lasciamo a questo punto spazio e voce a Francesca Gotti.
Photo credits: nu_be
Quando e perché hai deciso di diventare una designer?
Non ho scelto di lavorare come designer. E’ stata per me una necessità. Un percorso assolutamente autonomo che si connette al mio modo di vivere, al bisogno di indagare il senso del bello, il valore e l’uso degli oggetti, la materia di cui sono fatti, il rapporto che gli oggetti stessi hanno con la nostra vita. Mi piace il significato del termine inglese “improver”: apprendista, ma anche perfezionatore, “colui che migliora”. Sentirsi improver come approccio alla sperimentazione e condizione necessaria per la ricerca continua.
C’è un designer che consideri come una sorta di maestro?
Non penso a un designer in particolare: sono tante le personalità e gli ambiti di ricerca che mi stimolano e che mi suggeriscono nuove connessioni. Ultimamente ho riscoperto la lettura di John Berger, critico d’arte, poeta, giornalista, romanziere, sceneggiatore cinematografico, autore teatrale e disegnatore. Scrive di lui Maria Nadotti: “Tutto quel che la sua visione incontra diventa un invito a porre domande, a seguire il filo dei pensieri e delle associazioni ovunque possa condurre e, così facendo, a scoprire inediti percorsi di senso e un nuovo modo di ordinare il reale.”
Qual è il tuo rapporto con il profumo?
Mi affascina l’ambiguità insita nella materia profumo, il suo esserci come presenza sottile, effimera, oltre i generi. Il profumo che reagisce a contatto con la nostra pelle racconta il nostro corpo, il suo lato oscuro, misterioso, credo quello profondamente vero e umano.
Visual art e profumo, un amore possibile?
Certo. Purché sia sempre giocato sul filo della sinestesia: creare una sensazione attraverso una percezione di natura diversa. Il coinvolgimento emotivo è alla base della comunicazione di un profumo, ma a cambiare devono essere le modalità con cui si rende partecipe il pubblico. Occorre cioè porsi su di un livello più viscerale: non solo semplice advertising ma una nuova forma di comunicazione. L’ambizione di nu_be è quella di concepire le fragranze stesse come un’esperienza sensoriale che coinvolga tutti i sensi. nu_be è stata la mia prima collaborazione nel mondo della profumeria.
Raccontaci del tuo incontro con Fluidounce e il concept nu_be.
La creatività vuole coraggio… è questo lo spirito della scelta imprenditoriale di Alberto Borri quando ha accettato di collaborare con me e di sviluppare il concept nu_be. Mi piace pensare che i buoni progetti nascano dall’alchimia degli incontri.
Photo credits: nu_be
Da cosa nasce l’idea del packaging nu_be?
Dal concept stesso di nu_be e dall’esigenza di tradurlo in “oggetto sensibile”, capace di raccontare una storia e di far vivere un’esperienza, com’è appunto quella della rottura. Anche l’uso dissacrante del polistirolo, con la sua forma monolitica rigorosa, ci parla di nu_be come di una strana creatura da laboratorio e rilancia il fascino di una bellezza insolita, contemporanea, metropolitana, nascosta nell’oggetto industriale.
Cosa ti ha ispirato e stimolato?
L’idea della “scoperta”, intesa come ritrovamento e come metafora della ricerca delle nostre origini. nu_be è “fossile contemporaneo”. Da qui l’esigenza di rompere il guscio, la crosta protettiva per accedere ad una essenza pura e incontaminata che potesse raccogliere le vibrazioni di un mondo olfattivo primitivo, ancestrale in armonia con l’universo ed in profonda sintonia con gli umani.
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato durante la progettazione e la realizzazione del progetto nu_be?
L’ingegnerizzazione del pack, con la giusta combinazione tra la densità del materiale e la rottura agevolata della confezione, ha sicuramente comportato diversi mesi di studio e di prove tecniche. Insieme alla stampa serigrafica a colori sul polistirolo, materiale decisamente inusuale. Si è trattato di un progetto sperimentale vero e proprio. Il primo test di rottura… letteralmente una sorpresa anche per noi.
Progetti futuri legati al fashion design e alla profumeria artistica?
Sperimentare nuovi percorsi artistici e collaborazioni “diagonali” che possano interpretare il gioco visionario del mondo nu_be, insieme all’amore per la bellezza, come antidoto ad un modello di consumo massificato.
Come designer avresti voluto mettere la firma su…
Sui “Libri Illeggibili” di Munari, da cui si ricava il concetto del fare.
I Libri Illeggibili, prodotti nei laboratori per l’infanzia, sono stimoli all’azione, ad agire, a sperimentare tutte le forme combinatorie dell’arte come tale.
A ragione, Charles Eames ci invidiava: “Voi avete Munari…”. E Marco Ferreri scrive di lui: “Munari, designer di cose senza tempo, negli ultimi anni si è dedicato quasi esclusivamente al progetto per l’infanzia, ha abbandonato il progetto delle cose per passare al progetto delle persone. I bambini sono il futuro.”
Lascia il tuo commento…
La Gotti è un personaggio poliedrico quanto affascinante. Consiglio a tutti di seguirla anche su facebook, il suo diario è un percorso ricco di riflessioni sulla bellezza.
Piccola grande donna, occhi di ghiaccio su un sorriso da bambina, capace di inventarsi rotazioni copernicane attorno ad un flacone di profumo, che abolisce carta e scatola e nobilita il polistirolo. In una sola parola: geniale!
Un personaggio d’eccezione, ricca di doti e talentuosa nell’esecuzione di idee. Strano non si citi che oltre che il fantastico mondo di Nu_Be, ella è creatrice anche del sensazionale packaging Rubini grazie all’utilizzo della Glebanite. Onore e gloria!