Esprit du Tigre ~ Heeley (Perfume Review)
Oggi è giorno di mercato e il mercante di spezie e di unguenti cammina con la borsa in spalla lungo la via che porta al mercato della grande città. Non attraversa il solito percorso che fiancheggia il bosco ma taglia all’interno e cammina all’ombra degli alberi perché è caldo, molto caldo, la strada è lunga e la borsa con le merci pesa.
E’ assorto e ancora un po’ assonnato, così non coglie il luccichio che lo fissa da dietro un cespuglio fin quando le foglie si smuovono frusciando e lentamente esce fuori la tigre avanzando verso di lui.
Il sangue si ferma, il terrore lo gela e il mercante rimane pietrificato, un brivido corre fulmineo lungo la schiena mentre il caldo asfissiante svanisce di colpo. La borsa cade a terra rovesciando il suo contenuto e tutt’intorno si sparge una nuvola di odori sprigionati dal cardamomo e dal pepe, dalla cannella e dalla menta, dai chiodi di garofano e dal balsamo canforato. La tigre lo fissa e intanto si avvicina, lentamente, mentre il mercante aspetta immobile e ormai rassegnato l’attimo terribile dell’attacco da cui, si capisce, non c’è possibilità di scampo.
Ma la tigre oggi non morderà. Gli si ferma ad un passo e parla. “Non temere per la tua vita, mercante. Oggi l’avrai salva. Ma tu devi fare una cosa per me. C’è questa scheggia di legno che mi tormenta le carni e non so come fare per calmare il dolore” dice sollevando la terribile zampa. Le tue dita di umano sono più piccole e abili delle mie fauci, prova a liberarmi da questa sofferenza e io ti prometto che potrai tornare a casa e raccontare del nostro incontro ai tuoi figli”.
Lentamente il sangue riprende a circolare nelle membra pietrificate del mercante che si china e raccoglie un flacone di olio canforato, una delle sue merci più richieste, e ne versa un poco sulla zampa ferita della tigre. Attende paziente qualche minuto affinché l’analgesico naturale faccia effetto, poi con un gesto svelto e deciso tira via la scheggia. La tigre emette un rantolo basso e minaccioso ma resta ferma con gli occhi fissi sull’uomo che intanto tira fuori dalla borsa un altro flacone e versa dell’olio essenziale di vetiver sulla ferita del maestoso felino per rinfrescarla e lenire il bruciore. Poi lentamente si strappa un pezzo della tunica, ne fa una benda e fascia la zampa.
La tigre mantiene la sua promessa, si alza e se ne torna da dove è venuta. Prima di sparire nel bosco si volta e saluta l’uomo con un ruggito meraviglioso e tremendo che si stampa indelebile nella memoria del mercante. La sua vita, per uno strano capriccio degli dei, oggi è salva. L’uomo mescola in una bottiglia quel che resta dei suoi oli, raccoglie un po’ delle spezie sparpagliate in terra e ce le versa, poi ci mette dentro la scheggia di legno e chiude.
“Il ricordo di questo incontro incredibile adesso è chiuso qui dentro“, dice guardando la bottiglia. “Ne faro un’essenza e la indosserò ogni giorno, fino alla fine della mia vita, per ricordare che sarebbe potuta terminare oggi se lo Spirito della Tigre non avesse voluto diversamente“.
Poi lentamente raccoglie le sue cose e torna a casa, non ci sarà mercato per lui che oggi ha già guadagnato il più prezioso dei beni.
Con tutta probabilità l’esperienza che ha portato alla realizzazione di Esprit du Tigre di James Heeley non sarà stata così drammatica, ma il risultato è comunque un jus di grande carattere, bello e pregevole, racchiuso nel solito austero flacone che accomuna tutte le fragranze della collezione, cilindrico ed essenziale.
Come la tigre ben nascosta tra i cespugli, non è facile cogliere le volute odorose di questo profumo, se non da vicino perché l’eleganza impone un sillage discreto ma duraturo che esordisce con un accordo deciso di canfora e menta intrecciate a note verdi e asciutte, un’apertura sorprendente che ricorda molto da vicino il famoso unguento cinese cui dichiaratamente si ispira anche nel nome: il balsamo di tigre, un marchio registrato, nato nel 1870 in Birmania da un’idea dell’erborista Aw Chu Kin e perfezionato dai suoi eredi.
E’ proprio l’uso della canfora a rendere insolita Esprit du Tigre. Si tratta di una sostanza presente in diverse specie vegetali (ne contengono anche il basilico, la salvia e il rosmarino) ma viene prevalentemente ottenuta per distillazione del legno e delle radici di Cinnamomum Camphora, un albero sempreverde alto fino a 40 metri e tipico delle coste del sud-est asiatico, da piante che hanno più di 50 anni, e dalla Dryobalanops aromatica, la Canfora del Borneo, con un procedimento noto nel mondo arabo già dal IX secolo. Ha proprietà antimicrobiche ed è un efficace sedativo, soprattutto contro la tosse, e un buon analgesico locale con qualità antinfiammatorie. Sebbene comunemente utilizzata in ambito medicinale e lenitivo, come nel balsamo sopra citato, il suo impiego in profumeria è alquanto limitato, spesso al fine di mitigare la dolcezza molto carica di certi fiori, grazie al suo odore penetrante. Un caso esemplare in tal senso è il suo uso nella Tubereuse Criminelle di Lutens.
Come le sue note fanno ben presagire, l’accordo iniziale del jus ha un forte effetto rinfrescante, anche sull’epidermide, come sovente accade con le fragranze che contengono menta, tanto da far pensare ad una perfetta eau de parfum per l’estate. Ma le cose non sono così semplici, poiché l’attacco forte e canforato della fragranza sfuma rapidamente per lasciare il posto a una lunga fase di cuore in cui cominciano a emergere varie spezie che rappresentano la vera bellezza di questa eau de parfum: si parte con un trittico di pepe, chiodi di garofano e cardamomo (quest’ultimo ribadisce seppur mitigata la freschezza pungente e un po’ medicinale dell’apertura), un accordo aromatico e seducente, che manda a farsi benedire ogni tentativo di relegare il jus ad un uso solamente stagionale. Infatti questa presenza abbondante di note speziate, che prosegue con una bellissima cannella sul fondo, presagisce una più lunga e articolata interazione col calore e con la chimica dell’epidermide per regalare sensazioni differenti in diversi periodi di utilizzo.
La cannella che entra in scena nella fase di coda lo fa in maniera elegantissima e magistrale intrecciandosi in accordo con sua maestà il vetiver che la adorna di terra e soprattutto di fumo. Un finale che ci è piaciuto proprio tanto, coerente fino all’ultimo istante di (lunga) vita del jus ad un ideale estetico lontano dalle morbidezze e rotondità dei soliti legni di cedro e sandalo.
E non si creda che la virile presenza del vetiver, unita alla totale mancanza di note fiorite in piramide olfattiva, dia vita ad un profumo only for men, poiché l’effetto di questo jus se indossato da una donna è quello di evocare una femminilità magari un po’ androgina ma irresistibile, alla maniera della divina Annie Lennox degli Eurythmics quando cantava “Sweet Dreams”, mascolina nell’outfit ma sensualissima, da togliere il sonno di molti adolescenti e giovanotti del tempo (incluso il sottoscritto), fatalmente rapiti dalla bellezza raggelante del suo sguardo di tigre e da una splendida voce suadente, balsamica ma pervasa di una maestosa potenza sempre pronta ad esplodere.
Lascia il tuo commento…
mmhhh adoro la tigre di Heeley!! difficile da addomesticare ma è la sua incapacità di piacere a tutti che me la fa amare ancora di più… la sua decantazione a passo felpato è strana: prima graffia, poi si arruffa e alla fine fa le fusa. Bella sempre ma d’estate ancora di più!
Su di me invece parte male, è proprio la nota canforata che non sopporto ma una volta che va via diventa molto piacevole, peccato…
Mi piacciono i profumi ostici, scontrosi, enigmatici, quelli che devi studiarli a lungo e attentamente perché non si fanno capire subito, quelli che sono un rebus da decifrare e solo se ti ci metti sopra con tanta pazienza alla fine ti rivelano la loro verità sul profumo. La tigresse di James è uno di questi, insieme ai primi profumi di Odriù e di Vero Kern, Musc Koublai Khan di Lutens e Hamdani di Marly…
Ciao Illiac :-) è vero, esistono delle fragranze fascinose perché difficili da decodificare…Cioè, la prima sensazione è di piacere poi però è necessario un approfondimento, un pensiero in più, una ricerca del perché… soprattutto quando ti presentano un profumo a te sconosciutissimo che però ti emoziona nei primi secondi di sniffo…Recentemente mi è capitato con un Byredo che non conoscevo affatto, dal nome stravagante, 1996 Inez & Vinoodh…Scuro, ambra, cuoio e patchouli ma ingentilito da iris e violetta, generalmente note che rifuggo…Ma il risultato è un’armonia originale e moderna, direi un profumo di un’eleganza “contemporanea”. Bellissimo. Un altro nella mia wishlist…