Dojima e Suede de Suede ~ Maison Mona di Orio
Quasi sei anni sono passati da quando Mona di Orio ci ha lasciati attoniti e sconcertati nella consapevolezza che non solo non avremmo più potuto incontrare i suoi occhi vividi e profondi, ma nemmeno avremmo più potuto godere di ciò che il suo talento, affinato al fuoco degli insegnamenti di Roudnitska, avrebbe ancora potuto darci.
È pur vero che, come accade per una stella che muore in fondo all’universo, ci è arrivata ancora un po’ della sua luce attraverso le formule, che ignara, Mona aveva finito: Rose Étoile d’Hollande, Eau Absolue e Violette Fumée.
Ma poi? Perché Mona di Orio se ne è andata lasciando una preziosa eredità firmando i suoi lavori con una complessa ricerca di chiaroscuri olfattivi, leit-motiv della sua profumeria messo in gioco già con i nomi delle prime tre creazioni: Lux, Nuit Noire e Carnation (quale miglior suggestione della carnagione per parlare di chiaroscuro?) Per ottenere questi effetti di luci e ombre, però, Mona di Orio ricorreva ad una texture densa e ricca di note naturali, che faceva più di un occhiolino ad un gusto retro.
Un gusto d’antan che si poteva anche scontrare anziché incontrare con le preferenze di qualcuno. Erano tuttavia i tempi in cui la “nuova” profumeria cosiddetta “di nicchia” era capace di spostarti, di sradicarti dal solito abitudinario e di aprirti a nuovi scenari e diverse prospettive. Così che, non raramente, finivi per amare ciò contro cui prima ti eri scornato. E capivi che anche un profumo poteva aprirti la mente. E che il profumo non è una cosa banale. E che a questa scoperta contribuiva anche il lavoro di Mona, il cui retaggio resta sigillato nella fragranze che ci ha donato.
Ma laddove il filo di una vita si spezza, capita che si annodi quello di un’altra: la conferma che, d’ora in avanti, sarebbe stato Fredrik Dalman, che già aveva creato Bohea Bohéme per la collezione Monogram, a dare continuità al progetto di Mona e del suo socio Jeroen Oude Sogtoen, ha suscitato vivo interesse ed è stata salutata con l’uscita contestuale di due nuovi profumi che confermano l’importazione, da parte del giovane Naso svedese, di un nuovo stile nella Maison Mona di Orio. Questi due nuovi profumi si chiamano Dōjima e Suède de Suède.
Dōjima ha il nome di un quartiere di Osaka dove nel 1697 fu eretto il primo futures exchange di materie prime della storia. La commodity compravenduta era – serve dirlo? – il riso e quell’istituzione, riconosciuta e regolata nel 1730 sotto lo shogunato di Tokugawa e operativa fino al 1939, è passata alla storia con la locuzione inglese Dōjima Rice Exchange.
È il riso dunque il tema principale di questo nuovo profumo della collezione Monogram di Maison Mona di Orio. È il riso e il suo odore il compito affidato al nuovo Naso, una via già percorsa con altre creazioni. Tra tutti ricordiamo A Quiet Morning di Miller et Bertaux che cerca di restituire il fragrante odore del basmati in cottura; o Poudre de Riz della collezione Huitième Art Parfums dove il riso non è ripreso sotto il suo aspetto gourmand, ma sotto quello funzionale: la bianca polvere di riso copiata, come belletto, alle donne orientali, evocata da una fragranza molto talcata.
Relato più al primo che al secondo, in Dōjima sembra che Dalman abbia voluto amplificare l’austero odore di un chicco di riso, “romanzandolo” con l’arte del profumiere che, come un pittore con i colori, è dal vero ispirato nel rappresentare, ma non riprodurre, un odore o un profumo.
Fragranza davvero originale, Dōjima apre con una nota inchiostrata, una sensazione che sembra supportata dall’evaporazione dell’alcol. Subito dopo questa pungente impressione, la fragranza si rabbonisce in un tema olfattivo che del riso ha quel particolare odore dolce ma secco, con una sfumatura terrosa propria soprattutto del chicco integrale e che sa anche del polveroso asciutto tipico dell’amido. Ci fermassimo qui, chi avrebbe interesse ad indossarlo? Ecco allora che l’accordo di riso è arricchito da un contrappunto speziato (assoluta di noce moscata), con una venatura grigio azzurra di iris che compone l’aspetto polveroso insieme ai semi di ambretta e al labdano. Il tratto legnoso è nutrito dal sandalo. La piramide aggiunge salvia sclarea e gelsomino. Le note non si riconoscono distintamente ed è una cosa molto buona: vuol dire che il profumiere è riuscito a far prevalere l’idea complessiva sulla parvenza dei suoi componenti.
Suède de Suède è, per Fredrik Dalman, il profumo di casa. Costruito attorno ai due significati che riguardano la parola francese suède, che vuol dire Svezia, paese da cui Dalman proviene e al tempo stesso fa riferimento alla pelle scamosciata con cui erano fatti i gants de suède, da cui questo materiale prende il nome. Perno della fragranza è, infatti, un accordo che possiamo far rientrare nella famiglia dei cuoiati, ma che tende a riprodurre il tipico odore di quel tipo di pelle che, privata della sua parte più pregiata, il “fiore”, l’immaginario collettivo collega alla manifattura della moda hippie o degli indumenti degli indiani d’America.
La nota suède diventa quindi un elemento parlante, accompagnato, nel richiamare il suolo natio, dall’utilizzo di una nota piuttosto particolare – il camemoro – piccolo frutto simile a un lampone arancione e molto popolare in Scandinavia, che cresce solo in ambienti boreali ed è apprezzato dalle popolazioni locali prevalentemente in composte e succhi.
La nota di camemoro (da non confondersi col lampone artico) “aromatizza” l’accordo scamosciato di Dalman rendendolo ancora più carezzevole di quanto già non sia. Il fiore di osmanto, infine, conferisce a Suède de Suède il fruttato calore dell’epidermide, completando il disegno d’intimità domestica ricercato dal Naso svedese. Questo il cuore caldo del profumo sul quale si proiettano le ombre di un’apertura astringente e speziata. Ma non sono ombre minacciose, bensì echeggiano il legno di una casa del nord e gli odori scuri che si estraggono da ciò che ci offrono le sconfinate foreste scandinave. Completano la formula pepe di Sichuan, foglie di fragola, legno di cedro, patchouli, castoreum e muschi.
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