Do Son Diptyque vs Noix de Tubereuse Miller Harris. L’icona bifronte della tuberosa
L’odore ossessivo si sofferma a lungo nelle stanze, impregna le vesti disordinatamente abbandonate, si adagia sui pesanti tendaggi di velluto. Esala dai petali pieni del fiore di un candore virginale – stranamente contrastante con il profumo passionale – e attraversa la Storia spandendo dietro di sé una scia di voluttà.
Abbiamo immaginato questo nettare pericoloso mentre guada le vite e intride le storie di donne, che sicuramente l’avranno amato follemente o detestato con la medesima forza: figure femminili distanti tra loro nel tempo e nello spirito, come sa essere il profumo della tuberosa, primadonna della profumeria da sempre, che qui si concede quale messaggera di emozioni intense e a volte opposte.
In una cella ignobile, una donna di poco più di 40 anni si sta vestendo. Si guarda nello specchio sbreccato – praticamente un coccio – e sì, si piace ancora. La pelle diafana dalla grana compatta è luminosa. Gli occhi neri, anche se non più allungati dal trucco e cerchiati dalla mancanza di sonno, conservano la profondità di un abisso oceanico.
Ha scelto di vestirsi di bianco, quale ennesimo grido inascoltato di innocenza. Posa il cappellino di paglia di Firenze sull’acconciatura semplice ma accurata; la vediamo mentre passa una goccia del suo profumo prediletto sul collo.
È tuberosa, fatta arrivare dall’oriente solo per lei, da quell’oriente da cui Margaretha Geertruida Zelle ha sempre affermato di provenire, da quell’oriente fatto di languide movenze di cui ha anche rubato il nome. Nella luce livida di un’alba dell’ottobre 1917, si avvia, scortata, verso il bosco di Vincennes: rifiuta la benda, con un gesto determinato del capo: quattro spari impietosi e mortali pongono fine alla gloria di Mata Hari, l’Occhio dell’Alba.
La tuberosa è un fiore che quando si decompone, secondo Emile Zola, ha un odore umano.
La carnalità di questa essenza potente e per alcuni quasi intollerabile, ben si addice alla figura controversa ed enigmatica di Mata Hari. La immaginiamo vestita di poco, mentre esegue con calcolata lascivia le sue danze indonesiane e la sua pelle effonde il succo velenoso che intrappolerà molti suoi amanti.
Per la donna Mata Hari abbiamo scelto l’eau de parfum Do Son, creazione di Diptyque del 2005 ad opera del Naso Fabrice Pellegrin, creatore anche per Jo Malone, L’Artisan Parfumeur e By Kilian.
La fragranza prende vita dalle pagine che raccolgono i ricordi più cari di Yves Coueslant, uno dei fondatori della Maison, e precisamente di quando ancora bambino passava l’estate nella località vietnamita di Do Son. Inebriato, respirava il profumo intenso delle tuberose portato dal dolce soffiare della brezza serale, dove si insinuava anche un fine ma tenace apporto speziato.
Il profumo dalla natura dominatrice della polianthes tuberosa, in Do Son si esprime pienamente in un connubio sontuoso con il fiore d’arancio e il gelsomino.
Un nettare ad alta tensione erotica, quindi, che si pone come un accento sul mistero mai svelato della figura della spia olandese e del femminile in genere: i fiori bianchi che lo interpretano parlano di candore e innocenza, ma il loro profumo sconferma ciò che appare, narrando di amori proibiti, desideri inconfessabili e, nel caso di Mata Hari, di scandalose frequentazioni.
In Do Son le note floreali additive e magnetiche sono sigillate in un amplesso indissolubile dalla resina di benzoino, e il muschio animale è il magnifico responsabile del lungo protrarsi della fragranza sulla persona, nell’estasi perfetta, simulacro dell’amore che anche Margaretha, come tutte le donne, aveva invano cercato.
L’effluvio sublime emanato dal rigonfio bocciolo percorre solamente qualche anno in avanti, e si sofferma in un delizioso giardino ad Auteuil, Parigi, dove sosta un’artista quanto mai dicusssa e interpretata dai contemporanei, mentre gode pensierosa del sole primaverile.
Sidonie-Gabrielle Colette, Colette ormai per tutti, classe 1873, sta studiando la flora del suo giardino, mentre pondera quale ritratto olfattivo-botanico farà del prossimo mazzo di fiori che il suo editore le invierà per la stesura del suo erbario (Per un erbario, Colette – 1947).
La tuberosa manca, e la cosa non le dispiace.
Non sopporta l’odore quasi cancrenoso che assume non appena l’acqua del vaso si intorbidisce, e l’impulso – lei che di impulsi vive – di gettare via tutto è fortissimo. Colette non ama ciò che la domina, anche se le sue scelte non sempre sono state dettate dalla sua indole libera e ribelle: la tuberosa, con il suo aroma così troppo invadente, la disturba.
Per Colette abbiamo scelto una tuberosa maliziosa, più che fatale, fresca e irriverente.
Miller Harris, con Noix de Tubereuse, ha creato nel 2003 una sovrapposizione di note trasparenti e vivaci che tolgono il pesante trucco di scena a questo fiore che vede la sua condanna nell’essere spesso destinato a composizioni ridondanti, quasi grevi.
Lyn Harris ha colto la natura poliedrica della tuberosa, come è stata la natura della scrittrice francese, seconda donna a far parte dell’Academie Goncourt, libera nell’ostentazione dell’ambiguità sessuale, flessuosa danzatrice dalle movenze di mimo e dalla “grazia di folletto”, creatrice di cosmetici e di trattamenti, oltre che trendsetter, con i suoi capelli corti lasciati crespi e la sua bocca color carminio.
In Noix de Tubereuse il fiore si fa scanzonato, quasi disimpegnato: il mandarino nel suo aspetto più acerbo e il trifoglio nelle note di testa tratteggiano una tonalità verde e fresca assieme alle foglie di violetta egiziana: Colette non avrebbe sicuramente indossato una tuberosa drammatica.
“Verde, verde” sembra il motivetto fischiettato dal jus di Miller Harris che fa entrare la tuberosa e il gelsomino solo dopo aver lasciato il passo a una mimosa dalle sfumature erbacee.
La temperatura sale, e dà l’impressione di ritornare nel territorio conosciuto e consueto dell’essenza torbida e crudele, quando riemerge la natura anarchica di questa tuberosa strana, anzi, di questa “noce” di tuberosa. La fragranza si fa cremosa in un miraggio di note di cocco, latteo e sfumato in un orizzonte marino. Noix de Tubereuse ci porta sulle coste della Bretagna, dove esplodono spruzzi salini bagnando un immaginario campo coltivato a tuberose.
Chiudono la piramide le note-feticcio che donano longevità e fascino ad ogni creazione di classe: vaniglia leggera, fava tonka indulgente e ambra raggiante: sì, Colette potrebbe scrivere con entusiasmo e leggerezza questo magnifico romanzo.
Piramide olfattiva Do Son – Diptyque
Note di Testa: fiore d’arancio africano, rosa, iris
Note di Cuore: tuberosa, pepe rosa
Note di Fondo: benzoino, muschio animale
Piramide olfattiva Noix de Tubereuse – Miller Harris
Note di Testa: mandarino verde, trifoglio, foglie di violetta
Note di Cuore: assoluta di tuberosa, gelsomino sambac, assoluta di mimosa francese
Note di Fondo: fava tonka, vaniglia bourbon, ambra
Concentrazione e formato Do Son – Diptyque
Eau de Parfum – 50 ml e 100 ml
Concentrazione e formato Noix de Tubereuse – Miller Harris
Eau de Parfum – 50 ml e 100 ml
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