Dies Aurorae (Antonio Alessandria). Quando un profumo diventa una poesia di Natale
Eh, si fa presto a dire Natale: compleanno per antonomasia, crocevia fondamentale per molte confessioni religiose, l’alfa e l’omega mistico di antichi riti pagani. Ma, in realtà, è un bel problema dissertare su questa festa ai nostri tempi, anche perché siamo d’accordo: ora, non è più come una volta.
Adesso è Natale tutto l’anno (oddio, che frase fatta, ma è crudamente vera); ci si scambia regali qualsiasi giorno del calendario, si mangiano le leccornie più prelibate ad ogni ora e… niente: non si attende né tantomeno si desidera più nulla con l’impaziente e ingenua brama di quando si era bambini. Eppure ci manca quella sottile euforia che iniziava l’8 di dicembre quando per tradizione si addobbava l’albero, o quel brivido lungo la schiena quando, con i nasi incollati alle vetrine, guardavamo i giochi che il caro Babbo Natale avrebbe trasportato qui per noi dai gelidi confini del Polo Nord (e nella testa ci frullava quell’ingenuo dubbio fanciullesco sul perché un uomo anziano, che abita così lontano, debba sforzarsi tutto solo a portare dei regali quando sarebbero lì, nei negozi, comodi da comprare).
E poi i preparativi del menú del 25 Dicembre che le donne della famiglia progettavano con tre settimane d’anticipo. E le romanzine dei nonni con cui ci intimavano di comportarci bene o avremmo ricevuto solo un pugno di carbone… Uuhh, che paura!! E che nostalgia quei racconti sul presepe e le favole nordiche, ma più di tutto le poesie natalizie da imparare a memoria o anche solo da leggersi seduti, con il mento sul palmo della mano, vicino al camino. Qualcuno avrà forse avuto anche la fortuna di avere un nonno dalla voce arrochita, profonda e rassicurante, dalle cui labbra pendere come stelle di cartapesta, ascoltando i versi di Pascoli e di tanti altri grandi poeti italiani.
Sparito. Questo magico scenario un po’ vintage è stato strappato dall’era digitale e dall’e-commerce, dalle app e dalle serie televisive. Gli alberi di Natale sono ora in fibre ottiche e i regali sono consegnati dai corrieri; il menù si decide il giorno prima, tanto c’è un’infinità di gastronomia pronta; i nonni e i loro rimbrotti non incutono più timore e poi, chi si fermerebbe più, oggi, ad ascoltare una poesia di Natale?

Ma in campo olfattivo siamo fortunati. Dalla Sicilia è sorta una voce possente senza urlare, dotata di un timbro musicale soave, pacato ma magnetico; una voce capace di tradursi in parole profumate e di ricavare versi sublimi nella forma di jus ipnotici che riempiono bottiglie fiabesche: è la voce alchemica di Antonio Alessandria.
Il creatore catanese compone con la lentezza dei mostri sacri; ogni fragranza è un evento, un pezzo di cuore che egli si toglie per condividerlo con noi appassionati. Figura ermetica nella sua duplice connotazione rassicurante e misterica, quella di Antonio Alessandria si è introdotta con nonchalance nel mondo fatato della profumeria artistica e ora troneggia inscalfibile, supportata da un’inesauribile vis creativa. E allora, perché non accoccolarsi con lui e lasciarci trasportare nella magica atmosfera del Natale di un tempo sospeso nei ricordi e nella Storia grazie alla suggestiva carica emozionale di Dies Aurorae?
Il 25 Dicembre è l’alba di un nuovo giorno. Ma prima che il mattino si colori della benedizione della nascita vi è una lunga notte in cui le tenebre e il freddo ostacolano Maria e Giuseppe nel loro peregrinare in cerca di riparo. Fragranza lanciata nel 2019, Dies Aurorae risplende innanzitutto nello sfolgorante innalzarsi di un elemi purissimo e intenso che va a illuminare una notte infinita e ad accendere l’inizio di una sacra avventura millenaria.
Notte di Natale – Giovanni Pascoli
Si vegliava sui monti. Erano pochi
pastori che vegliavano sui monti
di Giuda. Quasi spenti erano i fuochi.
Ognuno guardava i cieli, come stanco
stanco nel cuore; ognuno avea vicino
il dolce uguale ruminar del branco.
E un canto invase allora i cieli: Pace
sopra la terra! E i fuochi quasi spenti
arsero, e desta scintillò la brace.
come per improvvisa ala di venti
silenziosi, e si sentì nei cieli
come il soffio di due grandi battenti.
Erano in alto nubi, pari a steli
di giglio, sopra Betlehem: già pronti
erano, in piedi, attoniti ed aneli,
i pastori.
E un angelo era, con le braccia stese,
tra loro, come un’alta esile croce,
bianca; e diceva – Gioia con voi! Scese
Dio sulla terra. Ed a ciascuno il cuore
sobbalzò verso il bianco angelo, e prese
via per vedere il Grande che non muore.
Mossero, e Betlehemm, sotto l’osanna
de’ cieli ed il fiorir dell’infinito
dormiva. E videro, ecco, una capanna.
Ed ai pastori l’accennò col dito
un angelo: una stalla umida e nera,
donde gemeva un filo di vagito.
Dunque, come in quella “stalla umida e nera”, l’angelo trova il bambinello, così il bel fiammeggiare d’incenso si posa su un intarsio d’ombra disegnato dal muschio. Il legno di cedro accoglie le divine grazie e prepara l’arrivo dei pastori e di doni portati da illustri ospiti.
I Re Magi – Gabriele D’Annunzio
Una luce vermiglia
Risplende nella pia
Notte e si spande via
Per miglia e miglia.
O nova meraviglia!
O fiore di Maria!
Passa la melodia
E la terra s’ingiglia.
Cantano tra il fischiare
Del vento per le forre,
I biondi angeli in coro;
Ed ecco Baldassarre
Gasparre e Melchiorre,
Con mirra, incenso ed oro.
L’atmosfera si riscalda; l’austera aura religiosa si va stemperando in una vena festosa, in un’allegria tanto semplice quanto primigenia. L’eau de parfum di Antonio Alessandria adesso esibisce tutta la sua vena descrittiva gourmand: ecco uno sciorinare di nocciole caramellate, di gustosi e croccanti pistacchi che decorano paste di mandorle zuccherose. E d’improvviso ci ritroviamo fanciulli, con le gote rosse per il troppo correre nella neve, con occhi sognanti, come nel racconto Il pianeta degli alberi di Natale di Gianni Rodari.

Non illudiamoci però che il cuore palpitante di golose tentazioni superi la linea sottile fra la suggestione edonistica e la faciloneria dell’edibile: Dies Aurorae si ammanta di una giovialità filosofica, di arcana seduzione e sobrio diletto dei sensi. Questo è invero preludio di un importante momento di riflessione sulla pace e il silenzio del presepe di contro al mondo di contraddizione e violenza degli uomini. Patchouli e sandalo stringono un patto saldo, attutendo gli smerigli vanigliati e richiamandoci all’intima introspezione sul delicato rapporto fra noi stessi e il Divino.
Natale – Salvatore Quasimodo
Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?
E grazie a questa “tirata d’orecchi” bonaria, Alessandria ci consente di meglio goderci appieno il messaggio universale che soggiace al Dies Aurorae: le parole cariche di suggestione di Umberto Saba sono qui rappresentate dal cuore di miele e cera d’api, simboli di bontà genuina e di quella dolcezza che Gesù infonde nell’animo di noi tutti.
A Gesú Bambino – Umberto Saba
La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te,
Santo Bambino!
Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.
Sui polsi, il viaggio della notte di Natale scritto nei versi profumati di Dies Aurorae è lungo e ricco di spunti, e i nostri polsi alla fine ne risultano come pergamene vergate d’oro. L’elemi prezioso torna in coda a suggellare il racconto e la tonante voce di Antonio Alessandria, così declamatoria e solenne nell’incipit, s’attutisce pian piano in un sommesso mormorio che, pur non abbandonando la presa del nostro naso per molte ore, si illanguidisce, come il crepitio della fiamma nel caminetto accanto alla tavola imbandita.
Accoccolati vicino alla sedia del profumiere siciliano e cullati dalle note natalizie di carole lontane nella neve, chiudiamo gli occhi e nel riverbero sacro di Dies Aurorae sogniamo di un Natale… Di un Natale che segni la nascita più importante: dell’uomo rinnovato che è in noi.
Un sereno Natale a tutti voi!
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Comunque questo articolo è scritto dalla mano di Melissa! Si riconosce ad narici chiuse opss occhi!
Ciao Cristina, grazie per averci segnalato la svista! Purtroppo la firma generica “redazione” è di default, se non la cambiamo manualmente esce in automatico e ieri nella fretta di pubblicare c’è scappata sotto il naso… Abbiamo corretto l’errore.
A presto,
Simona