Copal Azur (Aedes de Venustas) incontra Il gabbiano Jonathan Livingston (Richard Bach)
“L’aria è ancora fredda, quasi tagliente, ma è così bello lasciarsi scivolare addosso tutta questa meraviglia! Dall’alto il mare assume tutti i colori del cielo e della terra, il blu e l’indaco si fondono con i guizzi dorati e rossastri del sole nascente, con il viola profondo e con tracce di verde smeraldo. Qua e là si intravede il fondo, ma più spesso quello sotto di me è un mare immenso e mobile che sembra non conoscere fine. Ho volato in molti luoghi, sono caduto in altrettanti, schiantandomi quasi a morirne su questo mare del quale non potrei fare a meno. Ho imparato tanto, così tanto da arrivare fin qui, in questi luoghi che sembrano ritagliati dal paradiso.
E così, ogni giorno amo lasciarmi portare dal vento e perdere lo sguardo verso le coste frastagliate, giocare a quanti cenotes riesco a trovare, avvicinarmi così tanto al verde rigoglioso delle scogliere da sentirne l’odore pungente e il solletico sulle piume.
E’ una terra sacra, come ogni terra in realtà, ma questa, oh questa!, mi ha fatto innamorare. Forse il paradiso è questo: un luogo incontaminato e lussureggiante, dove ogni elemento è in equilibrio con gli altri e dove l’uomo ritrova il proprio spirito sacro e ne fa tesoro, dove la saggezza dell’antichità non è persa e dove la vita si dipana leggera e calma.
Quando volo così, solo ma mai solo, mi viene da sorridere e il mio animo s’illumina di tutti questi colori: del blu di questo mare, del verde della vegetazione e del bianco delle spiagge e dei riti antichi che gli uomini consumano da sempre qui.
Vorrei potervi far sentire il profumo di questo luogo. Vorrei tanto che qualche saggio umano lo potesse creare per chi ancora non è arrivato qui. E’ il profumo della pace, delle distanze meravigliose cariche di ossigeno, delle foglie umide di rugiada e del copale che dona a questo luogo l’odore della spiritualità profonda. E poi in lontananza, l’odore della terra della giungla misteriosa, il regno degli dei ai quali si rende omaggio.
Esiste la felicità? Si, esiste. Per me è questo luogo così vicino al paradiso. Ci incontreremo qui, forse, o nella scia del suo profumo. Perché il vostro corpo, dalla punta del becco alla coda, dall’una all’altra punta delle ali, non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il vostro pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.
Ci incontreremo presto.”
(Lettera di Jonathan Livingston ai follower di Extrait)
Il gabbiano Jonathan Livingston non ha certo bisogno di presentazioni. Da quando le sue ali si spiegarono attraverso le pagine di Richard Bach nel 1970, non ha mai più smesso di volare da un lettore all’altro, da un cuore all’altro. Eppure, se prendessimo uno specchio per osservarci, vedremmo l’immagine stessa di Jonathan, perché Jonathan è ognuno di noi.
“Diceva che è giusto che un gabbiano voli, essendo nato per la libertà, e che è suo dovere lasciar perdere e scavalcare tutto ciò che intralcia, che si oppone alla sua libertà, vuoi superstizioni, vuoi antiche abitudini, vuoi qualsiasi altra forma di schiavitù.”
Troppo spesso questa schiavitù ci lega, impedendo di raggiungere la grazia dell’esistenza su questa terra, facendoci perdere tempo prezioso e felicità. Ma il coraggio e l’intuizione per lasciare queste catene sono dentro di noi, dimorano accanto al carceriere che ci imprigiona: a noi decidere. Jonathan scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da esse, lui, per lui, visse contento, e visse molto a lungo.
Non tutti, forse, riusciranno a raggiungere Jonathan che ora vola nella riserva naturale di Sian Ka’an, nella penisola dello Yucatàn, ma un uomo illuminato è stato colpito dalla bellezza di quei luoghi e ha deciso che doveva custodirne l’odore per donarlo a tutti noi. Quando il naso di Karl Bradl, co-fondatore insieme a Robert Gerstner della maison Aedes de Venustas, fu attirato dai sentori di copale di cui era intrisa l’aria di Sian Ka’an, la scintilla che avrebbe fatto nascere Copal Azur era già dentro di lui e stava germogliando veloce.
Per ricreare il profumo del paradiso ci voleva l’aiuto di un Naso importante, capace di percorrere le strade della creatività olfattiva senza timore di raggiungere sinergie inaspettate. La strada portava dunque a Bertrand Duchaufour, già autore per la maison di Aedes de Venustas Signature. In effetti solo Duchaufour avrebbe potuto cogliere la sfida non semplice di riportare nell’eau de parfum il profumo della resina di copale, non utilizzabile in profumeria. E così la strada si è aperta, partendo da un’intuizione di Bradl e attingendo alla creatività di Duchaufour, ed è grazie alla maison che oggi possiamo indossare il profumo del paradiso.
“Nel buio! La voce cavernosa suonò chioccia di paura. Ma i gabbiani non volano al buio! Mai!”
Come il gabbiano Jonathan Livingston, anche qui l’animo non ha potuto fermarsi né scoraggiarsi arrivando a un utilizzo ardito di tre differenti estrazioni dall’incenso, che costituisce il trenta per cento della formula e percorre il profumo dalla testa al fondo, come una spina dorsale attraverso la quale tutte le altre note olfattive possono svilupparsi e regalarci la loro immagine. Perché è un profumo che richiama i colori e le immagini di una terra meravigliosa.
Come ci scrive Jonathan, il blu del mare, il verde della vegetazione e il bianco delle spiagge e del copale si ritrovano in Copal Azur per infonderci un senso di profonda libertà, come quando ci troviamo avvolti da un paesaggio lussureggiante e ozonico. L’apertura riporta alla potenza del mare, attraverso l’olfatto riusciamo a vedere le onde maestose che si infrangono e l’acqua che turbina lanciando sentori marini molto netti.
Subito dopo, è un mare più calmo, ma pur sempre profondo, quello che ci accoglie con note ozoniche molto aperte e luminose: è il volo radente sulla cresta dell’acqua, il turbinio di tutte le note del blu che satura gli occhi e il naso quando voliamo alti nel cielo. L’impiego del calone qui è importante e il sentore spiccatamente marino sottolinea la sua presenza molto a lungo nella piramide. L’incenso è freddo, luminoso, quasi ghiacciato, ancora distante dalla ritualità. Siamo nel pieno vigore della natura dove le note marine giocano con quelle dell’incenso, senza nessuna voglia di cedere il passo. Qui Copal Azur intende risvegliarci, scuoterci dal torpore per farci spalancare gli occhi e riprendere energia. Vuole da noi attività e decisioni, scelte a volte controcorrente e ce lo dimostra con i contrasti della piramide che creano una sinergia di odori inaspettata eppure decisamente convincente.
Il volo continua a gran velocità e la piramide già cambia per mostraci il paesaggio marino da una nuova angolazione, quasi ci dicesse che a volte nella vita è necessario cambiare punto d’osservazione. Le note marine e ozoniche sono ancora ben presenti, ma il naso comincia ad avvertire qualcosa di verde e, più distante, anche un sentore più morbido e cremoso, ma quest’ultimo è ancora così lontano che, forse, potremmo esserci sbagliati. Le note verdi, invece, rosicchiano i bordi delle note acquatiche, per reclamare il loro posto. Il volo ha cambiato direzione: non più sulle acque infinite, ma radente le scogliere che piombano serrate col loro muro di roccia e vegetazione. La luminosità è sfumata dal vapor acqueo e le note di un cardamomo verdissimo cominciano a pungerci il naso.
Il cuore di Copal Azur è ricco di piante lussureggianti tanto che ne veniamo piacevolmente inondati. Il cardamomo è smussato da un patchouli, molto discreto, ma che conferisce un lontanissimo odore di terra umida, così lontano perché la vegetazione è talmente fitta che nemmeno in volo radente riusciamo a scorgere pezzi di terra libera. Siamo passati dal blu al verde più intenso e le note di incenso si fanno più presenti, il mare solo un poco più in là. Ora siamo trascinati verso nuove direzioni: è tempo di scendere dentro di noi e nell’antichità del rito. Le note cremose che credevamo fossero illusorie, in realtà ci attendono nel fondo di questa creazione che sa unire modernità e antichità, che sa fare della convivenza dei contrasti un’espressione altissima di arte.
A poco a poco il verde perde di intensità, diventa trasparente e poi scolora nel bianco. Siamo immersi nel fumo, ma non è per niente spiacevole. E’ come volare dentro una nuvola, come se le ali lambissero l’essenza stessa dell’amore. Tutto è silenzio, senza tempo e senza spazio, siamo qui e ovunque, eterni, pacificati.
Sono le note di fondo che, dopo tanto viaggiare, ci accolgono con un lato morbido che confonde le note verdi e quelle marine, le rende meno rumorose, le placa per darci modo di sentirci arrivati proprio dove dovevamo essere. E di fronte a noi si apre l’incenso dei riti millenari, quell’odore di copale che finora ci aveva accompagnati con lo sguardo da lontano e che qui si rivela adagiato su un letto reso morbido dalle note sapientemente dosate di ambra, mirra e mandorla. Le note medicinali della mirra non sono mai troppo presenti a favore della dolcezza appena caramellata dell’ambroxan che viene smussata dalle note più amare della mandorla e da quelle lattee della fava tonka che qui compare come un legante delle note di fondo. Siamo atterrati nella terra degli dei, un po’ storditi dall’inaspettata scoperta di esser giunti in tempo per la celebrazione delle divinità. L’incenso è qui presente in tutta la sua capacità evocativa, le sue note secche salgono dalla terra verso l’alto, il per fumum degli antichi che si rinnova e rinasce da noi. Assistiamo silenziosi ad una cerimonia che percepiamo nostra eppure misteriosa. Siamo noi i celebranti, siamo noi quel fumo bianco che pervade il cuore di pace. Ecco cosa voleva dirci il gabbiano Jonathan Livingston: noi conteniamo la perfezione del creato, ne siamo parte e figli, per questo non può esistere paura, né rimorso.
Sperava, Jonathan, di poterci mostrare ciò che lui dall’alto del suo volo aveva visto in queste terre straordinarie e cosa aveva imparato. Aedes de Venustas lo ha tradotto per noi, sapendo cogliere l’ispirazione di un viaggio in Yucatan.
Ricordati, Jonathan, il paradiso non si trova né nello spazio né nel tempo, poiché lo spazio e il tempo sono privi di senso e di valore. Il paradiso è…
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È bellissimo e mi viene voglia di acquistare questo profumo. Anna sei speciale leggerti è sempre emozionante
Leggere queste righe ,mi ha reso felice , spero pur non partecipando al Pitti Fragranze quest’anno per la prima volta ,esclusivamente da appassionata ,perche’ altro e’ il mio lavoro, di poter respirare tutto quello che Anna ha raccontato.Grazie anche attraverso la sola lettura ,di mantenermi cosi’ vicina al mondo di una profumeria ,che sempre piu’ spesso e’ arte pura.