Chypress (Floris) interpreta La diva Julia (William Somerset Maugham)
Tutto il mondo è teatro e uomini e donne solo commedianti.
La diva Julia, W.S.Maugham
Pochi autori hanno saputo lasciare un segno nella cultura letteraria del primo Novecento come William Somerset Maugham e ancor meno riuscire ad avere una vita imprevedibile, a tratti dura e complessa, spesso doppia e misteriosa.
Non senza rammarico per chi scrive, in pochi hanno goduto della sua scrittura asciutta, pungente, ironica al limite del sarcastico, ma esatta come un bisturi nel descrivere le passioni umane e l’immenso teatro della vita.
Di quest’autore vissuto a cavallo tra il 19° e il 20° secolo, nato in una famiglia di noti avvocati, poi cresciuto dalla rigida disciplina dello zio vicario, medico riluttante e scrittore prolifico, possiamo dipingere, con la stessa nitidezza di tratti, anche l’altro Maugham timido e balbuziente, omosessuale dichiarato, viaggiatore ricco e mai pago, più volte spia del futuro MI6, i servizi segreti inglesi. Proprio l’esperienza nei servizi segreti diverrà racconti con il personaggio di Ashenden, dal quale poi Ian Fleming trarrà ispirazione per creare il suo James Bond. Tutta la sua vita, come un copione ben scritto, finirà nei suoi romanzi e nelle commedie, facendo dell’autore uno dei più prolifici e influenti. “Nelle mie opere realtà e finzione sono così intrecciati che, guardando indietro, riesco a malapena a distinguere l’una dall’altra“.
Della sua memorabile produzione, vogliamo qui ricordare il libro che più di tutti ha saputo fondere letteratura e teatro, che sarebbe poi diventato un film di successo nel 2005 con Annette Bening protagonista e vincitrice de Golden Globe per la sua interpretazione. Ne La diva Julia, infatti, Maugham racconta la vita della “più grande attrice inglese” e del suo mondo in costante equilibrio tra realtà e finzione.
In La diva Julia Maugham con un’ironica prosa esaltante, delinea i contorni di una donna che non smette mai di recitare, conscia del proprio fascino, forse anche profondamente debole, ma così avvinghiata alla sua sovrumana malia da non riuscire mai ad avere momenti di autenticità. Naturalmente, tutto ciò non verrà mai percepito dal marito Michael, né dal giovane amante Tom, mentre il suo fare misurato e sempre perfetto irretirà i numerosi ammiratori creando attorno a lei una platea devota e costante. Una Duchessa di inarrivabile eleganza che sembra così piena di identità, da non averne alcuna, capace però di lasciare segni indelebili nelle vite che incontra, uscendone vittoriosa e irraggiungibile.
Tu non distingui tra verità e finzione. Non smetti mai di recitare, per te è una seconda natura. Reciti quando ci sono degli ospiti. Reciti con i domestici, reciti con papà, reciti con me. Con me reciti la parte della madre amorosa e indulgente, e celebre. Tu non esisti, sei solo le parti innumerevoli che hai interpretato. Mi sono chiesto spesso se esistesse un “tu” o se tu non fossi altro che un veicolo per tutte queste altre persone che fingevi di essere. Quando ti vedevo entrare in una stanza vuota, certe volte volevo aprire la porta d’improvviso, ma temevo di non trovarci nessuno.
Vedi, tu non capisci che recitare non c’entra con la natura; è arte, e l’arte è qualcosa che crei. Il dolore reale è brutto; compito dell’attore è rappresentarlo non solo con verità ma con bellezza.
C’è una profonda verità nell’idea di arte come potenza creativa capace di sublimare e trasformare le vite umane, e ciò è ancor più vero quando si parla di profumeria d’eccellenza con un passato ineguagliabile come Floris. Nella nuova fragranza proposta dalla Maison c’è tutta l’epoca frizzante di Julia e di lei ne sembra incarnare lo spirito ammaliatore.
Chypress, interessante neologismo che fonde chypre con duchess, è un’eau de toilette dal carattere spiccatamente femminile che nasconde molti tratti inaspettati, come un’attrice navigata nel pieno della propria fama. Questo profumo di Floris, che non solo nel nome rimanda al mitico Chypre di François Coty, si apre con roboanti luci che illuminano un palco festoso, dove la freschezza esperidata delle note di testa creano una piacevole confusione in quel tratto di pelle che finora era rimasto silente.
Note ruvide di bergamotto e limone alleggeriscono con una ventata frizzante quelle più nascoste di arancia dolce e neroli, che nell’apertura interpretano la parte minore e lasciano agli agrumi più vivaci il compito di inaugurare la pièce dando un carattere quasi sbarazzino di giovane donna dal sorriso candido e disarmante.
La sensualità più calda è lontana a venire e noi ci gustiamo questo atto che trasporta in una campagna fiorita di sole immersi in un agrumeto nel pieno della sua fioritura. È una Duchessa ingenua, ancora inconsapevole della propria carica sensuale quella che si presenta nei primi minuti di Chypress ed evolve lenta, facendoci scoprire il primo coup de théâtre di questa creazione, ossia la sua capacità di resa nonostante la concentrazione in eau de toilette.
Con lentezza misurata Chypress cambia espressione e la cifra stilistica si fa appena più cupa, più adulta. Attraverso impercettibili mutamenti la scena si fa meno luminosa, ma non per questo oscura, né inquietante, solo più sensuale, meno innocente e un tratto di animalità guizza in fondo scena, quasi ci sembra di averlo sognato, eppure il segno lo sentiamo vivo sulla pelle. Note sature di gelsomino, danno l’impronta di un animale di bianco vestito dall’eleganza altera piuttosto letale. È un gelsomino decisamente inglese che sa interpretare la sensualità della propria natura senza mai scivolare nell’eccesso, mantenendo un aplomb impeccabile e altrettanto irresistibile. Sostengono quest’ode alla femminilità dosi generose di rosa, che ingentiliscono la fragranza dandole solo un fuggevole tocco di tradizione, subito smorzato dalle note succose dell’osmanto e dell’ylang ylang, entrambi molto presenti.
E proprio i sentori di albicocca dell’osmanto e i monologhi altezzosi dell’ylang ylang completano il quadro olfattivo che è la vera identità della fragranza. Composito, estremamente sfaccettato il cuore di Chypress rimanda ad una femminilità impossibile da definire, mutevole e capricciosa, ma altrettanto irresistibile, moderna. Una première dame che non da spazio alla concorrenza, capace di dettare le regole dei giochi con la stessa facilità con la quale si sfila un guanto.
Il suo sguardo, come quello di Julia, si fa poi inaspettatamente più intimo e qui tutto accade all’improvviso.
L’altezzosa bellezza delle note di cuore sembrano quasi vacillare, ma forse anche questo è un altro gioco d’attrice e ci è impossibile capire se sia realtà o finzione. Le note di cuore scolorano nei sentori avvolgenti del fondo, la scena muta e si fa più intimista. Forse Julia ci ha portati nel suo camerino personale, l’unico luogo dove si sente realmente libera, perché sola e senza pubblico da ammaliare. Qui ritroviamo dimensioni olfattive meno sensuali, quasi più tenere fatte di vaniglia appena sporcata da una lacrima di patchouli e tanta ambra che si fonde con note di musk.
Il fondo segna i tratti di una Julia che mollemente s’abbandona in una poltrona accogliente, appagata dei suoi successi e sempre sicura che continuerà ad averne. Oltre la porta, il viavai rumoroso degli ammiratori la attende per continuare ad osannarla, mentre lei si gode l’abbraccio avvolgente nel silenzio della sua stanza, della morbidezza odorosa di Chypress che lentamente, ma inesorabilmente, si allontana con un inchino teatrale nelle luci della ribalta che vanno spegnendosi.
La gente credeva che lei recitasse soltanto nelle due o tre ore che era in scena; non sapevano che il personaggio che interpretava la abitava di continuo: quando sembrava conversare animatamente con qualcuno o in qualunque occupazione fosse impegnata. Spesso le pareva di essere due persone: l’attrice, la beniamina del pubblico, la donna più elegante di Londra, e questa era l’ombra; e la donna che interpretava la sera, e questa era la sostanza.
Sarebbe tornata indietro, potendo? No. Proprio no. Importante, per lei, non era la popolarità, la celebrità, non la sua presa sul pubblico, l’amore che il pubblico le portava, meno che mai il denaro che tutto ciò le aveva procurato. A farla fremere di emozione era la forza che sentiva in sé stessa, la padronanza dei propri mezzi.
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