Chypre moderni: quando il classico diventa pop
“Diciamo che, in pratica, tutti mi dicono la stessa cosa: mi piace la tua voce ma non mi piace il tuo aspetto.”
Non avrà il magnetismo di Judy Garland o lo smalto vocale di Barbra Straisand, eppure Lady Gaga incarna a perfezione la pop star contemporanea che nasconde grande temperamento e una musicalità straordinaria dietro alle mise e ai motivetti tamarri degli esordi che hanno mandato in visibilio schiere di fan. La citazione da “A star is born” cade a pennello: il segreto per il remake di un classico come lo chypre oggi è di preservarne l’animo volitivo, dandogli però un aspetto accattivante.
Come mai da anni gli appassionati lamentano che non ci sono più i grandi chypre di una volta? La risposta è affascinante e non dipende banalmente solo dall’evoluzione del gusto o dal taglio dei budget a disposizione dei profumieri.
La prima ragione è strettamente tecnica, ma proveremo a spiegarla in parole semplici. Dagli anni ’90 l’associazione internazionale dei produttori di fragranze (IFRA) si è imposta vincoli via via più stringenti sulle materie prime contenenti potenziali allergeni. Scopo dichiarato è la sicurezza del consumatore, che però rappresenta anche un paracadute per le aziende contro eventuali contenziosi.
Purtroppo, continuare a produrre fragranze storiche senza cambiarne la composizione era impossibile. Nello specifico degli chypre, il sospetto incriminato è l’assoluta di muschio di quercia che contiene atranoli. Oggi infatti è possibile usare la materia prima solo dopo averla epurata dall’allergene, “candeggio” che però affievolisce anche il suo irresistibile sentore inchiostrato.
Così scardinato, l’accordo chypre ha esplorato di volta in volta strade diverse alla ricerca di una nuova identità: ora più legnoso, ora più ambrato, ora più muschiato, al punto che classificarle non è facile, nemmeno per gli esperti. Ecco perché Michael Edwards oggi preferisce parlare di “mossy woods”, legni muscosi mentre Bertrand Duchaufour in varie occasioni mi ha fatto notare che “lo chypre moderno gira tutto intorno al patchouli”.
Annusando le sue creazioni come il rabarbaro croccante e terroso di Aedes De Venustas Signature o ancora il ribes succoso nella Enchanted Forest di The Vagabond Prince è facile capire cosa si intenda: frutti agri e turgidi rollati in una terra setosa ed asciutta rappresentano a pieno la sua idea.
Nonostante il palato moderno sia tarato su preparazioni sempre più semplici al limite del banale, lo chypre rimane l’architettura olfattiva più astratta e complessa della profumeria e liquidarlo con una sola materia (come va tristemente di moda) sarebbe riduttivo. Non a caso François Demachy sostiene che “per capire cos’è uno chypre moderno, si può paragonarlo a una struttura musicale. È un accordo, un’armonia più che una melodia. Può anche evocare la proporzione ideale della sezione aurea”.
Molti profumieri concordano che questa armonia, dopotutto, oggi suoni con il retrogusto sapido e asciutto dell’accordo originale. Un po’ come avviene nel Kintsugi, dalla fine dagli anni ’90 i profumieri profondono l’oro della conoscenza delle materie prime e della creatività per saldarne le crepe di una forma nata perfetta.

Capolavoro incompreso in questo senso resta Coriolan (1998) dove Jean-Paul Guerlain infonde in una struttura chypre eterea l’assoluta di elicriso con la suggestione speziata, erbacea e sapida di un antico papiro. Ancor più stilizzata nel contrasto fra un’overdose di elicriso e un gelsomino ipermielato, Corps et Ames (2006) è un vero e proprio coup de théatre di Pierre Guillaume. Menzione d’onore parlando di elicriso è 1740 Marquise de Sade di Histoires de Parfums, dove l’assoluta si sposa con l’ebbra davana in accenti cuoiati trasgressivi.
Altra materia apparsa di recente nelle piramidi olfattive a ricreare la magia viscosa e sapida del muschio quercino è l’assoluta di alga rossa. Oltre al naturale raccolto principalmente lungo le coste normanne, negli anni si sono aggiunte anche vari sintetici che esaltano questa salinità. Proprio su questa scia iodata il corso Marc Antoine Corticchiato ha costruito Azemours Les Orangers (2011), un jus luminosissimo di arancia, pompelmo, mandarino e spezie su un fondo erbaceo che odora di vento fra le dune dell’Atlantico.
Nella deriva glicemica del gusto, chypre fruttati e floreali hanno avuto la meglio scoprendo nuove nuances con bacche come il cassis e il litchee, o fiori come magnolia e osmanthus. Secondo Christopher Sheldrake “ci sarà sempre posto per le note chypré, più elitarie e meno commerciali di quelle orientali. Ma è possibile renderle anche più facili da capire grazie alle note fruttate come abbiamo fatto per Coco Mademoiselle”.

La maison Chanel che ha sempre fiutato le tendenze nel 2001 lancia questa creazione inconfondibile per la freschezza succosa del litchee che accenna ad un cuore rosato. Assente qui il muschio di quercia, le cui geometrie sono riscritte da un patchouli frazionato, più pulito e setoso, assieme alla secchezza minerale del vetiver. Non potendo propriamente chiamarlo chypre, molti parleranno di fruitchouli: frutta + patchouli. A chiudere l’equazione del successo manca la variabile golosa che da Angel in poi insinua rassicuranti sfaccettature gourmand ubiquamente nello spettro olfattivo. Un primo assaggio arriva nel 2005: coppa alle fragole, popcorn caramellato e una spolverata di patchouli cucinata da Christine Nagel in Miss Dior Chérie.
Dovremo attendere sette anni e un tris d’assi della profumeria, Dominique Ropion, Anne Flipo e Olivier Polge a fare il picco glicemico (e di vendite) con La vie est belle di Lancome. Il fruitchouli pera e frutti rossi è glassato da una pralinatura ruffiana quanto il bel flacone rosa infiocchettato e spolverato d’iris per quel pizzico d’eleganza in più.

Prezioso anello di congiunzione fra la tradizione e questi nuovi accordi resta l’ultimo capolavoro regalatoci postumo dal Maestro Edmond Roudnitska. Nome in codice “la prune”, Le Parfum de Thérèse modernizza la prugna polposa che ha reso celebre Femme alla luce di uno chypre solare come la brezza costale che bacia i clivi di Grasse. Un frutto che si sposa a meraviglia con la rosa e con gli umori del sottobosco è il ribes nero. Non solo è un classico della cucina francese, ma fin dagli anni ’70 dai suoi germogli si estrae un’assoluta di straordinaria ricchezza olfattiva.
Verde, fruttata, aromatica, agra e lievemente urinosa come certi Sauternes, Céline Ellena ne farà la chiave del suo capolavoro assoluto: Sublime Balkiss (2008) di The Different Company. Questo chypre acidulo e fruttato abbina la rosa a due diverse frazioni di patchouli per esaltare la sua somiglianza con la polvere di cacao.

Pur abbigliata in morbidi veli di vaniglia, riusciamo comunque a scorgere echi del suo carattere deciso in Sì di Giorgio Armani perfettamente incarnato dal volto unico di Cate Blanchett. “Può darsi che siano le composizioni che includono le note floreali, la rosa in primis, ed i legni, principalmente del patchouli”, annuisce Michel Almairac su ciò che accomuna oggi gli chypre moderni. Per rendersene conto basta uno spruzzo di Bottega Veneta, fragranza compatta di patchouli rosato dagli accenti violacei e scamosciati che in pochi anni è già un classico contemporaneo.
Anche la femminilità più canonica si è evoluta e se rosa e gelsomino sono intramontabili, fioriture inusuali firmate da perfumeuses hanno riacceso il desiderio di chypre floreale. Le sfaccettature più pneumatiche e poudré della tuberosa si fondono con l’effetto cachemire del muschio, sottolineate giusto dal un eco boschivo in Narciso Rodriguez for her, creato da Christine Nagel (con Francis Kurkdjian nel 2003) e subito diventato un best seller.

Nuove estrazioni dalla magnolia invece ci hanno regalato due chypre memorabili come Mito di Vero Kern e Magnolia Sandrine di Grandiflora. Frizzante di citronella e croccante di pesca e galbano, la prima ci offre una rilettura avanguardista degli anni ’40 a cui Frau Kern ci ha ben abituati. Corroborante di agrumi amari, rabarbaro e boccioli selvaggi, la seconda è l’ultima creazione nata nel 2014 dalla creatività impetuosa di Sandrine Videault.
Il verde mordace della gardenia in boccio è infuso da Mathilde Laurent in un accordo chypre muschiatissimo e ipnotico come un fungo per omaggiare La Panthère, nomignolo con cui era soprannominata Jeanne Toussaint che fu direttrice creativa della maison Cartier negli anni ’30. L’apparenza eterea del narciso cela lati oscuri di fieno e cuoio. Quello che fiorisce spontaneo nei piani dell’Aubrac è il più prezioso in profumeria suggerisce e già da solo gli echi terrosi e felini del muschio di quercia, ma in Fate Woman di Amouage Dorotée Piot lo inonda di cannella, peperoncino e resine per sottolineare ancor più questa zampata volitiva.

Fortunatamente il fascino intramontabile degli chypre ispira ancora oggi le stelle nascenti della profumeria come Quentin Bisch che dice del muschio di quercia: “una delle materie che preferisco. Amo l’ambiguità delle sue sfaccettature: fumose, fenoliche, legnose ma anche pulite, minerali e fresche”. Nasce così Nomade (2018) di Chloe che regge la freschezza metallica e appena saponosa della fresia sul tappeto trasparente, minerale e boschivo su cui viaggia la fantasia di una nomade contemporanea.
Un amante degli chypre come il sottoscritto ha lo sguardo sempre al cielo, in attesa della prossima stella.
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Meravigliosa, pubblicazione ,piena di fascino e mistero, come la fragranze chypre che AMO