Carnal Flower. Quella volta che Frederic Malle e Dominique Ropion domarono la “belva”
Quando spruzziamo un profumo che ci piace fin nel midollo siamo disposti a superare dei confini come non oseremmo mai fare. È un po’ come quando nel buio di una sala cinematografica ci immedesimiamo nei protagonisti: sperimentando le loro avventure spericolate o i loro folli amori ci permettiamo di portare allo scoperto i nervi guizzanti di emozioni solitamente sopite o represse.
Certo, il potere di scompaginare i sensi non è prerogativa di qualsiasi fragranza: molte sono quelle che ci dilettano, rare quelle che ci sconvolgono e che occuperanno per sempre un posto d’onore nelle nostre biblioteche olfattive. Una di queste è Carnal Flower di Editions de Parfums, creazione del 2005 che nasce da un’amicizia speciale, inscalfibile dal tempo e dalle mode, un sodalizio che perdura da ben ventuno anni: quella fra “l’editeur” Frederic Malle e “l’architetto” dei profumi Dominique Ropion.

Carnal Flower, trasposizione astratta della tuberosa, non poteva che fuoriuscire dal loro genio: perché quello del fiore narcotico è uno dei topos fra i più difficili della profumeria; chi lo padroneggia in genere è un Naso maturo, con molti anni anagrafici, oltre che di esperienza, sulle spalle. La Bianca Signora è una “belva”, un portento della natura che può essere domato solo con somme capacità tecniche supportate da un perfetto contesto creativo che lasci spazio alla libertà dell’artista: guarda caso proprio i punti di forza dell’inossidabile duo Malle-Ropion.
Albe e tramonti.
In eterna lotta con la rosa a contendersi i favori dei perfumisti, la Signora del crepuscolo da sempre sfodera il suo innato magnetismo come arma per stregare i nasi e le menti. Non stupisce che un popolo di superba cultura come quello azteco la adorasse a tal punto da utilizzarla in abbinamento al cacao per comporre deliziose bevande psicotrope. E che dire poi del suo ruolo da protagonista nei giardini lunari, veri e propri paradisi notturni, in cui la tremula seduzione dei suoi petali argentei metteva in risalto i serafici visi di maliziose damine vittoriane.
Tuttavia, come ogni vera star che si rispetti, anche la tuberosa nella sua carriera millenaria ha subito alti e bassi; se si scartabella negli archivi del Los Angeles Herald si può leggere un curioso articolo datato 4 agosto 1899: ”Decline of the tuberose”. Con sorpresa apprendiamo che per circa un ventennio, a cavallo fra il 1880 e il 1900, la polianthes vide appannarsi il suo millenario appeal; solo i venditori ambulanti sul Sunset Boulevard ne offrivano mazzetti in strada e presto smisero pure loro per lo scarso successo che ottenevano. Quel “Viale del Tramonto”, anziché esaltare il momento in cui la tuberosa si apre, pareva invece decretarne il definitivo collasso; per l’America puritana di allora il suo profumo era troppo dirompente, troppo sensuale, troppo ipnotico, troppo malizioso, insomma troppo… carnale. Negli anni a venire dovremo attendere il 1948 con Piguet e il suo Fracas per ritrovarla finalmente in auge nella profumeria; da qui in poi, la tuberosa si assesterà nell’immaginario collettivo come “il fiore del peccato”, simbolo di donne maliarde, mangiatrici di uomini assetate di potere, che amano lasciare il segno.
Ancora, per un cinquantennio, la potenza animalica della creatura della notte è al contempo pregio e limite: nell’era moderna i profumi costruiti intorno a questa nota godono di successo solo fra persone di un certo target anagrafico – e forti di cuore – lasciando interdetti i nasi giovani o delicati. Con l’avvento del nuovo millennio l’ombra del tramonto definitivo smeriglia le vellutate corolle, le ghermisce e inizia ad avvolgerle nel sudario del Medioevo olfattivo sino a che… L’estro di Malle e la maestria di Ropion sparigliano le carte del Destino e decretano, con la sublime brillantezza di Carnal Flower, il Rinascimento della tuberosa.
690 tentativi per una goccia.
Dietro Carnal Flower ci sono due anni di instancabile lavoro e 690 prove prima di giungere alla fatidica goccia perfetta, pura poesia scritta con il linguaggio degli elementi. La posta in gioco d’altronde era alta: rendere giustizia alla natura aggressiva e “bestiale” del fiore senza stravolgerlo, ma superando le interpretazioni del passato che ne avevano esasperato i connotati minandone la popolarità. A detta di Malle stesso, l’impresa si presentava come la scalata dell’Annapurna, ma anche, aggiungeremmo noi, come ridare lustro a una dimenticata star del muto, da tempo sul “Sunset Boulevard” della carriera e appannata nello splendore.
Nei lavori preliminari, in realtà, Frederic Malle e Dominique Ropion si trovano faccia a faccia con un fiore che ha ancora molto da donare, un diamante grezzo con linee inedite e preziose, tutte da estrarre e rivelare. Ma da dove cominciare a pulire, togliere, limare, lucidare? E, più arduo ancora, dove e che cosa “aggiungere“ ad un tema già di per sé così ingombrante?
L’idea che sta alla base di Carnal Flower è quella di ritrarre la tuberosa saltando a piè pari la descrizione figurativa – ormai obsoleta – ma escogitando una “rappresentazione astratta”. “Un libro trasparente che attraverso una metamorfosi assume il lato narcotico del fiore”: questo l’ambizioso risultato cui mira Malle nel 2005 mentre studia il profumo che sta nascendo. Certo, più facile a dirsi che a farsi per un naso alle prime armi, ma non per Monsieur Ropion. Il Maestro, rinomato per le sue costruzioni olfattive simili a vertiginose installazioni architettoniche, innanzitutto medita su quale “tirante” invisibile approntare per infondere nell’incipit un’aura leggera e fresca che inneggi al lato più verde e botanico del fiore e che dia l’effetto di trasparenza auspicato. Richiamandosi a una delle sfaccettature peculiari della tuberosa – quella canforata – ecco che Carnal dunque esordisce con il guizzo balsamico, umido e morbidamente mentolato dell’eucalipto; una sferzata corroborante e inattesa, aerea e cristallina, ma anche di un vegetale lussureggiante. A contrappeso però subito si espande il lattonico “beachy vibe” del cocco, perfetto per amplificare il ridente lato dolce del fiore. Il contrasto che si sprigiona fra eucalipto e cocco genera scintille, accattivandosi spavaldamente i favori delle narici con un’onda oceanica che occhieggia sia al verde amaro del gambo che all’afflato zuccherino delle corolle, effetto raggiunto anche grazie al difficile fruttato/acidulo della nota di melone in accordo con uno sferzante bergamotto.
Introdotta nuda e priva dei vecchi cliché, questa tuberosa giovane e fresca viene sottoposta a un’opera di restyling; un cuore strutturato di solidali fiori bianchi – gelsomino e fiori d’arancio – la riveste di una nuova voluttà, maliziosa ma elegante, matura, insomma “self-confident”. Ma ovviamente, pur in una visione del tutto astratta e ripensata, Ropion sa che non può glissare sul temibile lato animale: la tuberosa sboccia al crepuscolo e nell’oscurità ci svela i suoi segreti. Ed allora l’evoluzione si riconnette ai fasti del passato, affidandosi per una compassata riverenza al caldo inchino dell’ylang ylang che stende un tappeto alla bomba carnale che sta (ri)prendendo vita. Un alone legnoso disegna nel finale la fisionomia un po’ naive, sexy e corrotta di un fiore che è e resterà sempre dannatamente carnale ma disposto a piegarsi al piacere di chi lo indossa fondendosi con la sua pelle.
Carnal Flower è una fragranza “cinematografica”, puro divismo liquido, di un’opulenza modernamente minimal ma univoca. Con consumata grazia, si atteggia a Gloria Swanson ma sorride giocosa come una star dei giorni nostri; di scia spettacolare e riconoscibile, pervade con tutte le sfaccettature di cui è capace la nostra pelle con magnifica pervicacia. Un volto sonoro della profumeria, una bellezza che non ha bisogno di parlare, che cammina, bianca e conturbante sul Sunset Boulevard.
(Photo Credit: Wirestock/Adobe Stock)
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Che testo meraviglioso e centrato.
Carnal Flower è un’opera d’arte.
E’ un profumo semplicemente fantastico, dopo lunga ricerca sono approdata a questo profumo. ci vorrebbe anche la crema corpo.
Semplicemente meraviglioso, unico.
Amore mio meraviglioso.
Profumo buonissimo, peccato per le prestazioni: durata e sillage praticamente inesistenti