Café Chantant ~ Nobile 1942
“… siamo scarti. Pagnotte uscite male, avete presente?
Quelle che i forni buttano via o danno a chi non può pagare.
La gente come noi si incontra e si fa un po’ di compagnia…”
(da “Serenata senza nome” di Maurizio De Giovanni, 2016)
Buongiorno, mi chiamo Antonietta Palomba, ma per tutti sono Chou Lanuit, per via dei miei capelli ricci, che non ci stanno in nessun modo, e dopo un po’ che li ho acconciati saltano fuori dal pettine che sembro un cavolfiore.
É una delle mie bellezze: i capelli neri come la notte, gli occhi liquidi che quando ti guardano ti sciolgono, la pelle bianca come il latte. Non mi serve neanche la cipria. Io sono bella al naturale, solo metto un po’ di bistro sugli occhi, perché il padrone del locale mi dice che così sembro più vecchia dei miei diciassette anni e gli uomini si fanno meno problemi.
Il locale… già… E’ stato un bel colpo di fortuna che il padrone mi vedesse uscire a fare quel poco di spesa al mercato che ci potevamo permettere, e mi chiedesse se so cantare.
“Certo! – gli ho risposto – qui a Napoli quando si ha tanta fame, piuttosto che “cchiagne” è meglio cantare!”
Se non l’aveste capito, sono una sciantosa, una bella donnina che intrattiene ricchi signori e consorti che passano la serata ad ascoltare canzoni e a fumare in uno di quei nuovi locali, Café Chantant, li chiamano.
Sono nata in un “basso” napoletano, uno di quei tuguri sotto il livello della strada, dove intere famiglie si spartiscono una stanza e dove qualche mano si allunga fin dove non dovrebbe, anche se sei poco più di una bambina. Ho rischiato di morire di malattie, di stenti, ma il mio fisico è fortissimo e sono venuta su bella alta, flessuosa e con una bella voce: nel vicolo mi chiamano “l’usignolo”.
Con questa voce ho fatto il mio destino: nel locale dove lavoro tutte le sere, guadagno così tanto che riesco a mantenere tutta la mia famiglia. É una moda arrivata da Parigi. C’è una specie di orchestrina, belle ragazze che ballano e cantano e tanti signori ricchi che pagano per sentirle cantare e vederle ballare.
A me mi pagano bene anche perché sono molto più bella delle altre, e il padrone mi ha detto che se faccio la carina mi lascia qualcosa di più su quello che gli faccio guadagnare. I signori mi chiamano, mi dicono che ho una bocca che sembra un’amarena, che la mia pelle lattea profuma come un babà, mi fanno carezze e mi fanno anche dei regali.
Sono ricchi, ma sono anime perse, vengono da me perché sanno che io li capisco, e così ci facciamo compagnia, perchè, nonostante tutti i loro soldi, sono come le pagnotte venute male, come me….
I regali, quelli, quasi sempre li vendo, per guadagnare qualcosa in più per i miei fratelli e il babbo, ma quello che mi ha regalato Gennaro no, non lo venderò mai! Mi ha fatto portare da Parigi una boccettina di profumo. Dio, com’è buono!
Gennaro dice che dentro è come se ci fosse la mia bocca, perché sa di ciliegie.
Io invece sento tanta dolcezza, come è dolce la sua mano che mi accarezza la guancia quando canto vicino a lui.
Ci sento il profumo dello zucchero fino con cui a Via Chiaia spolverano le sfogliatelle, che non ho mai mangiato, e dell’alloro che la povera mamma metteva in cucina, e quel fiore… come si chiama? Ah si! L’Iris, quello dei giardini delle ville del Vomero, blu-viola…
“Antonié vestiti che fra poco tocca a te!”
Devo finirla di fantasticare, di là mi stanno aspettando.
Canterò anche stasera, come tutte le sere, perché il café chantant è l’invenzione di questo secolo pieno di novità, mette gioia di vivere, e non importa se poi torni a dormire con altre sette persone in un “basso” o torni a dormire tutto solo in un palazzo, ora è il momento di divertirsi, perchè questa è l’ultima occasione per vivere un po’ di allegrezza. Dicono tutti che non durerà, che i giornali parlano di guerra, ma io non li leggo i giornali, perchè non so leggere, e anche perchè ho voglia di divertirmi, di non pensare alle cose brutte e di far divertire chi viene ad ascoltarmi.
E poi ho il profumo di Gennaro che mi scalda il cuore e mi tiene compagnia fino a quando lui non ritorna da me.
“Signore e Signori, prego! Lo spettacolo sta per cominciare! Ecco a voi Chou Lanuit!”
Café Chantant di Nobile 1942 potrebbe essere il profumo che Gennaro ha fatto arrivare proprio da Parigi per la sua Chou.
Non è una fragranza low profile, come quelle che andavano in voga tra le signore perbene al tempo dei café chantant, tutte a base di fiori tenui, come la violetta, il lillà, la rosa appena accennata. Creata dal Naso Mathieu Nardin, Café Chantant è come una bella sciantosa, una fragranza insolita e originale che vuole rievocare la joie de vivre di un’epoca tutta protesa verso il futuro, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. La Belle Èpoque è alle porte, il nuovo secolo si profila felice e pieno di spinta creativa. L’oriente è idealizzato e dalle città più alla moda dell’occidente arrivano continue novità: la creazione di Nobile 1942 vuole ricreare questa atmosfera di attesa, scintillante, sfrenata e allegra.
Café Chantant è come Chou Lanuit: è per chi vuole un palco, vuole vivere e sedurre, intende approffittare del tempo che vola e divertirsi in compagnia il più possibile, ama i regali e la vita con forza e testardaggine, nonostante tutto.
La creazione di Nobile 1942 è al contempo raffinatissima e un po’ birichina nella composizione e suscita, già nei primi istanti della sua evoluzione, la voglia di fare qualcosa di insolito, di “pazziare”, di godersi un po’ di più la vita come si morde la rossa polpa delle ciliegie, una dopo l’altra.
La fragranza debutta sulle tavole di un immaginario palcoscenico con la nota acidula e impudente dell’amarena, ma poi diventa soffice come il boa di piume del costume della sciantosa, maliziosa come il sorriso delle sue labbra color ciliegia che attira gli sguardi maschili, ma anche dolce e ingenua come la sua giovane età, che le fa sperare, mentre intrattiene il pubblico che la divora con gli occhi, che il periodo di gaiezza duri all’infinito.
É una composizione dove le note fruttate non sovraccaricano la piramide olfattiva, perchè sono perfettamente in equilibrio con la dolcezza del baccello di vaniglia, dell’eliotropio e della resina di benzoino. La fragranza è briosa, effervescente, indossandola si accende un sorriso. É un fiorito muschiato fruttato che si fa subito amare per la sua grazia.
Domina su tutto l’amarena, nota insolita, poco usata anche nelle composizioni fruttate, seguita dall’alloro e da un accenno di anice stellato che ne smorzano l’asprezza, regalando un fondo di freschezza. In accordo con il brief che ha dato vita al profumo, il cuore contiene note poudrée di eliotropio e iris, che ricordano l’odore leggermente stantio dei rossetti e delle ciprie da scena. La vaniglia arrontonda il melange, seduce e si contende il ruolo di sciantosa con l’amarena nella piramide: avvolge e ammalia senza pudore.
Chiudono con una bella “mossa” il benzoino, il patchouli e il muschio animale che fissano la fragranza sulla pelle indelebilmente, come un bacio dato con il rossetto da Chou Lanuit.
Forza, Signori, che aspettate, entrate nel mondo magico di Chou Lanuit e indossate il suo profumo, “Café Chantant”!
Café Chantant fa parte della collezione “Fragranze Supreme”. Il flacone squadrato si arricchisce di un tappo dorato che fa pendant con l’etichetta in metallo anticato sulla quale è inciso il nome della fragranza con la grafica in uso per le locandine teatrali alla fine dell’800.
Piramide olfattiva Café Chantant – Nobile 1942
Note di testa: amarena, alloro, anice stellato
Note di cuore: eliotropio, iris
Note di fondo: vaniglia, patchouli, benzoino, muschio animale
Concentrazione e formato Café Chantant – Nobile 1942
Eau de Parfum, 75 ml
Lascia il tuo commento…