C for Men ~ Clive Christian (Perfume Review)
Con l’arrivo dell’ora solare siamo ufficialmente entrati nel periodo freddo dell’anno. Da qui in avanti sarà un progressivo accorciarsi delle ore di luce e un continuo abbassamento delle temperature. Di pari passo cresce la voglia di ritirare fuori dall’armadio l’arsenale di fragranze adatte alla stagione autunno/inverno, ed è tutto un fiorire di ampolle e flaconi carichi di legni, ambre, incensi, cuoio e spezie, per lasciarci avvolgere dalle loro calde volute, come sciarpe invisibili e protettive per affrontare meglio le lunghe giornate uggiose che ci aspettano.
Abbiamo così l’occasione di indossare nuovamente alcuni dei più bei jus che la profumeria artistica abbia mai prodotto perché, non nascondiamocelo, è proprio tra le calde essenze della stagione invernale che si celano le creazioni più emozionanti e sofisticate.
Tra queste spicca certamente Clive Christian C for Men, primo jus della Private Collection, un sontuoso orientale legnoso creato nel 2010 da Christian Provenzano, professionista non notissimo ai non addetti ai lavori ma con più di 25 anni di esperienza nel settore con CPL Aromas, autore anche del secondo Private, la V nelle due varianti uomo e donna. Provenzano è un naso di casa nelle profumerie artistiche Inglesi, avendo realizzato anche numerose fragranze per Boadicea the Victorious e per la storica casa di Penhaligon’s, e ancora per Agent Provocateur, Jo Malone, Yardley e il recente brand Reiss. Come sempre, con le fragranze di Clive Christian la concentrazione è da record e così anche la durata, che in questo caso è ulteriormente irrobustita dalla presenza di molte note “strutturalmente” longeve all’interno di una piramide complessa e affollata.
Anche il packaging è quello consueto della maison, con il solito flacone in vetro pressato (di colore ambra scuro nella Private Collection) che ricorda le classiche bottiglie speziali della Crown Perfumery, dalla cui acquisizione nel 1999 è partita l’esperienza profumiera di Clive, sormontato dalla caratteristica e pesante Royal Crown.
La fragranza apre verde che più verde non si può grazie al binomio di erbe infusionali di mate e tè, rinforzato da timo bianco e note verdi molto galbaneggianti, sovrastando del tutto le componenti agrumate di limone e mandarino se non per una impressione quasi subliminale di freschezza, appena un sospetto che svanisce prontamente dopo i primi 10-15 minuti, tanto serve all’ultima nota di testa della piramide, la resina d’elemi, per venire fuori.
L’elemi è una oleoresina che quando viene bruciata emana sentori incensati arricchiti di profumo di bosco con effluvi di essenza di finocchio ed erba; la sua comparsa nella transizione tra l’apertura del jus e la lunga fase di cuore è il ponte perfetto tra l’esplosiva verdescenza della fase iniziale e il susseguente trionfo di spezie aromatiche e quasi gourmand celebrato da un quartetto di cardamomo, zafferano, chiodi di garofano e tanta tenace cannella che resiste imperterrita fino alla fine. Sulla carta un azzardo, una miscela che può sembrare eccessiva e forse lo sarebbe se l’arte sapiente di Provenzano non avesse inserito un cuore nel cuore, una piccola perla odorosa di gelsomino e (soprattutto) rosa, con sentori di lampone (frambinone) ad ingentilire e donare profondità al corpo centrale del jus nella sua fase più seducente. E’ quasi erotico questo cuore che profuma di buono, di intimo e privato, infonde il calore che si sprigiona tra due corpi nudi pelle contro pelle in un abbraccio sotto le coperte, ed è una sensualità virile, mascolina e avvolgente, matura e sicura di sé. Ancora una volta è una resina (e non sara l’ultima) a fare da trait d’union con la successiva chiusura nel fondo, grazie alla presenza del cisto che introduce gli elementi cuoiati e legnosi che caratterizzano la coda, e che in verità proprio per sua virtù iniziano a mostrarsi in crescendo dalla fase di cuore.
La coda è forse la componente più complessa e sofisticata del jus, a parere di chi scrive certamente la più bella e intrigante, con un elenco di note lungo e sofisticato che annovera oud (l’immancabile), olibano e storace, fava tonka e ambra, legno di cedro e guaiaco, muschio di quercia, assoluta di tabacco e vaniglia. Si capisce dalla “lista della spesa” che qui le cose si fanno ancora più dense e decise, ma non ci si aspetti una ipertrofica cacofonia di essenze perché davvero non è così. Tutt’altro, qui regna un equilibrio elegantissimo ancorchè di enorme forza e intensità su un accordo complessivo legnoso e cuoiato che suona come il gran finale di una big band molto affiatata guidata da un gran maestro della caratura di Duke Ellington nell’esecuzione del suo capolavoro, uno dei tanti, la Far East Suite del 1967, riuscitissimo tentativo di fondere istanze dell’estremo oriente con la cultura e gli elementi tipici del mondo occidentale.
Proprio come C for Men di Clive Christian.
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