Betelgeuse. In Astra crea un puro estratto di stella
Così per la lor via vanno le stelle,
Incomprese, immutabili!
Tu, mentre noi ci dibattiamo in vincoli,
Di luce in luce ascendi.
Tu, la cui vita è tutta di splendore!
E se dalle mie tenebre
Devo tendere a te braccia nostalgiche
Sorridi e non mi intendi.
Così vanno le stelle – Hermann Hesse
Vi è una costellazione in cielo, grande e luminosa. Essa domina il cielo invernale, ma per la sua posizione, nei pressi dell’equatore celeste, è mirabile da entrambe gli emisferi; simile a una figura umana, fin dall’antichità ha ispirato miti e leggende. Rappresenta il gigantesco cacciatore Orione, figlio di Poseidone e di Euriale, figlia del re Minosse. La sua mastodontica sagoma, raffigurata con la spada appesa alla cintura, brandisce la clava con la mano destra e uno scudo con la sinistra.
Ciò che rende immediatamente individuabile Orione è la sua “cintura”, formata da tre stelle allineate; la costellazione appare cosi come una sorta di clessidra. E, proprio sopra la cintura, troviamo un astro color arancione intenso: Betelgeuse. Questa è una supergigante rossa fra le più brillanti del nostro firmamento, si trova a 600 anni luce dalla Terra ed è dotata di colossali dimensioni: il suo raggio è pari a circa 800 volte quello solare.
Il suo nome deriva dall’arabo “Yad-Al-Jawzā”, ossia “la mano di Al Jawzā”, il Gigante; per un errore di traslitterazione medievale, fu corrotto poi in “Bad-Al-Jawzā”, assumendo così il significato di “spalla del gigante”.

Betelgeuse è già in fase avanzata della sua fase evolutiva: è infatti imminente – “imminente“ in termini astronomici – la sua esplosione in supernova. Pertanto essa si destreggia nell’aere preda di un’alta instabilità, nel preludio della propria estinzione.
Circondata da un’estesa nube di polveri e gas emessi dalla sua turbolenza, la spalla di Orione mantiene in suspence gli astrofisici che la tengono d’occhio. Tanto che, per alcuni mesi, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, le osservazioni astronomiche rilevarono un suo “affiocamento”, o “great dimming”, inducendo a pensare che il fatidico momento della sua “morte” fosse arrivato.

Invece Betelgeuse “sopravvive”, quasi ribelle alla propria natura eppur desiderosa di ascendere all’ultimo gradino di evoluzione. E così, eterna indecisa, continua a farci arrovellare con i suoi sfarfallii indefiniti e a ispirare un mondo che con le galassie condivide molti aspetti: quello dei profumi.
In particolare, è il marchio italiano di profumeria artistica In Astra ad essere stato folgorato dalla particolare vita turbolenta di Betelgeuse. Esordito nel 2020, il brand ha già avuto modo di distinguersi nella polimorfica galassia del mercato ricavandosi un posto splendente come l’universo siderale che omaggia.
Appoggiandosi equamente sia a suggestioni astrologiche che astronomiche, In Astra ha eletto la volta celeste a emblema della propria dissertazione olfattiva. Le sorelle Fabiola e Sofia Bardelli – rispettivamente cuore e naso del progetto – si servono di materie prime pregiate, ricche e inedite; dimostrano inoltre la rara capacità di abbinarle fra loro con grazia e leggerezza. Il risultato è un parterre di fragranze che esaltano sia per qualità che in empatia il tema prescelto.
Per magia, sugli scaffali delle profumerie troviamo una tracciatura siderea fragrante, una rotta inedita che unisce ambiti solo apparentemente distanti: gli astri e i profumi. L’ineffabilità dei due mondi diventa protagonista e tratto saliente della collezione: spazio e profumo, con i loro calcolabili eppur inspiegabili misteri molecolari diventano delizie liquide da capire a fior di pelle. Dall’accensione spaziale innescata dalla tuberosa pepata di Antares si passa alla verve metallica e aromantica di Mismar, per poi proiettarsi attorno alle asperità incandescenti di Tistar.
Ma non solo: In Astra si appassiona anche alla storia della riottosa spalla di Orione e ne codifica l’ammasso di polveri misteriose in un racconto di soavi aggregati molecolari. Nasce così una eau de parfum dalla scia di rara bellezza.

Astronomia olfattiva ed estratto di stella.
L’astronomia osservativa è una divisione della scienza astronomica che riguarda l’acquisizione di dati dello spazio cosmico. Come scienza è alquanto ostacolata dal fatto che è impossibile condurre esperimenti diretti sulle proprietà dell’universo lontano. Ma il gap è compensato ai giorni nostri da strumenti straordinariamente grandi e avanzati: i telescopi spaziali. Grazie a congegni ultra sofisticati come l’iconico Hubble o il recente James Webb, ora siamo in grado di raccogliere informazioni inimmaginabili fino a inizio secolo.
Ciò che rende indispensabili i telescopi è la possibilità di collocarli al di fuori dell’atmosfera terrestre che altrimenti distorcerebbe la ricezione elettromagnetica dei sistemi orbitanti. In questo modo, oltre che i dati relativi allo spettro della luce, possiamo ottenere preziosi parametri del vicino ultravioletto e dell’infrarosso. Combinando i vari input ottenuti, lo spazio si disvela in tutta la sua trasparenza anche qui, sulla Terra.
Nel trasporre in input olfattivo Betelgeuse, In Astra adotta il medesimo approccio: attrezzando il nostro naso degli strumenti necessari, ci proietta fuori dall’orbita travisante del mero giudizio razionale. Solo così possiamo fruire del nebuloso liquido cosmico e goderne esattamente per quello che è: un puro estratto di stella.
L’envol del jus è un’iniezione ipercinetica di atomi speziati. La vivace punta piccante del coriandolo svetta intensa e corposa; ma è solo con la sua ampia gamma di nuance – anche citriche – che la spezia si esprime al suo meglio, fino a disgregarsi in un curioso effetto aldeidato. Frammentario e rarefatto, l’accordo iniziale si adatta alla diversa atmosfera galattica: abbandonati gli agganci terrestri, si adombra in una sfumatura poudrè che ci giunge dagli anfratti primordiali di tempo e spazio.
A questa prima fase segue un great dimming della fragranza, che, anziché rivelarsi, s’affioca immergendosi nel blu profondo del silenzio intergalattico. Betelgeuse si scherma, pulsando nella diretta radiazione di un iris essenziale, seppur in netta espansione verso sfaccettature ben più cromatiche.
L’osservazione olfattiva a questo punto diventa perigliosa: la densità della polvere stellare assorbe molta della luce speziata; per forza di cose bisogna avvalersi dell’ infrarosso fruttato dell’osmanto. Il fiore è qui interpretato secondo la mitologia cinese, che lo colloca nel paradiso lunare: infatti fornisce al jus in egual misura i delicati toni dolci d’albicocca che ombreggiature più ruvide e legnose.
La nostra stella liquida pare macchiata, contratta. Sull’arancione accecante delle note di testa sono sempre più evidenti mutamenti d’accento; seguitando a gravitare attorno alla “mano del gigante”, la temperatura si adatta alla collisione di stadi emozionali contrastanti: effervescenti, poi polverosi e infine freddi. Un inaspettato aggregarsi di particelle aromatiche si concretizza nell’elisir vellutato dell’assoluta di caffè: accordo questo bilanciato, con un corpo leggero che si sfuma amabilmente in note fiorite e fruttate di grande omogeneità.

Lo spettro della fragranza si apre all’ultravioletto… della viola: forse solo un’eco percepita dai sensi destabilizzati, forse una realtà. L’astro recalcitra, insofferente a rivelare ogni segreto. Infine, il cuore di Betelgeuse si immerge nel buio. L’immensità delle imperscrutabili lande spaziali la ricopre con le sue sterminate ali dimensionali: tutti i nostri calcoli, i nostri sofisticati orpelli mentali precipitano nell’inutilità.
La forza di gravità dei materiali che decadono durante la contrazione dimensionale di Betelgeuse è ben rappresentata dalla terrosità del muschio di quercia che ingloba durante il passaggio di fondo le altre molecole ridefinendole sotto un’altra angolatura. Il jus deflette in un’attitudine più contemplativa, quasi ascetica, inducendoci a credere di essere giunti alla fine del nostro viaggio astrale.
Ma per Betelgeuse, in verità, non è ancora il momento di evolvere nel suo drydown di supernova: esattamente come l’astro che ci allarmò un paio di anni fa, dopo il suo ciclo di schermatura la fragranza torna a risplendere. La creazione di In Astra, dismessa la turbolenza, brilla nel finale, forse ancor più compatta che all’avvio. Volendoci elargire un ultimo regalo, ci accompagna mentre ritorniamo sulla Terra con la lunga persistenza di una nuova gamma di sensazioni olfattive. Pennacchi di materia si ergono fluttuanti sulla sommità delle celle convettive atmosferiche: e noi, torniamo silenziosamente a casa. Forse a malincuore, ma certi che lassù abbiamo una spalla su cui appoggiare i nostri sogni di eternità.
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